Dal CNF le buone prassi per la sicurezza dei dati
Nella giornata di ieri, 22 maggio, il Consiglio Nazionale Forense ha diffuso delle nuove linee guida in materia di protezione dei dati personali, le quali, pure essendo specificatamente rivolte agli avvocati, possono fornire utilissimi spunti di riflessione a tutti i professionisti, soprattutto in considerazione del clima di incertezza che regna a pochi giorni dalla piena applicazione del Regolamento UE 679/2016.
Tra l’altro, in allegato alle linee guida è fornito un modello di informativa ai sensi dell’articolo 13 Regolamento UE 679/2016, il quale potrà rappresentare un importante punto di riferimento in considerazione dei nuovi obblighi di informativa ai clienti che scatteranno dal prossimo 25 maggio, che, come noto, imporranno non solo di adottare i nuovi modelli a fronte dei nuovi incarichi conferiti, ma anche di adeguare l’informativa già fornita.
Tutto ciò premesso concentriamoci soprattutto sulla seconda parte del modello, liberamente consultabile sul sito del Consiglio Nazionale Forense, la quale altro non è se non una raccolta di schede pratiche.
Innanzitutto viene chiarita la distinzione tra titolare del trattamento e contitolari del trattamento, fornendo un esempio: la differenza non è di poco conto in quanto, nel caso in cui vi sia contitolarità del trattamento si renderà necessario un esplicito accordo interno con il quale dovranno essere definiti le responsabilità e gli obblighi dei singoli contitolari.
Sul punto viene quindi chiarito che, nel caso in cui, ad esempio, due avvocati abbiano ricevuto distinti mandati dallo stesso cliente per prestazioni diverse, seppur connesse, non si realizza un’ipotesi di contitolarità: è il classico caso del cliente che affida la difesa in sede civile ad un avvocato e la difesa penale ad un altro avvocato.
Se, invece, lo stesso mandato è conferito a più colleghi si ritiene che in questo caso scatti l’obbligo di formulazione di uno specifico accordo interno, ravvisandosi contitolarità del trattamento.
Tutto quanto premesso, nel documento si sofferma poi l’attenzione su uno dei nuovi adempimenti introdotti dalla disciplina, ovvero l’obbligo di tenuta del registro dei trattamenti.
Sul punto si reputa utile ricordare che il suddetto registro si rende obbligatorio non solo in tutto i casi in cui l’organizzazione presenti più di 250 dipendenti, ma anche quando il trattamento “possa presentare un rischio per i diritti e le libertà dell’interessato, il trattamento non sia occasionale o includa il trattamento di categorie particolari di dati di cui all’articolo 9, paragrafo 1, o i dati personali relativi a condanne penali e a reati di cui all’articolo 10”.
Le linee guida ritengono pertanto che il registro dei trattamenti sia obbligatorio anche per gli avvocati, sebbene presentino un numero di dipendenti decisamente inferiore alla prevista soglia, se il trattamento si riferisce a particolari fatti relativi a condanne o sanzioni: sarà quindi obbligatorio il registro del trattamento per gli avvocati che si occupano di diritto penale o di diritto di famiglia e minori, ma sarà parimenti necessaria l’istituzione del registro se l’avvocato si occupa di diritto della previdenza sociale o di vertenze in materia di risarcimento danni da lesioni personali.
In considerazione dell’ampio numero delle fattispecie richiamate pare quindi evidente che, come anche sottolineato nelle linee guida, la possibilità che un avvocato tratti solo dati comuni e non sia quindi obbligato alla tenuta del registro è un’ipotesi quasi di scuola.
Questa interpretazione si scontra, in parte, con quella fornita dal CNDCEC e dalla Fondazione Nazionale dei Commercialisti con il documento dello scorso 27 aprile (si rinvia, a tal proposito, all’articolo “Consulenza in materia di privacy anche per gli iscritti all’Albo”).
In quest’ultimo documento, infatti, la tenuta del registro non è stata ritenuta obbligatoria, sebbene fortemente consigliata (“nonostante il registro dei trattamenti previsto dal GDPR non sia obbligatorio per gli studi professionali, se ne consiglia l’adozione”).
Dubbi potrebbero quindi sorgere se si considera che anche i professionisti dell’area fiscale trattano spesso dati relativi alla salute dei propri clienti al fine di consentirne la detrazione delle spese, sicché l’adozione del registro del trattamento potrebbe ritenersi non solo fortemente consigliata, ma addirittura obbligatoria.
Tornando però a concentrare l’attenzione sul documento, non può sfuggire un’interessante sezione, dedicata a “L’adozione di buone prassi per la sicurezza dei dati”.
Le linee guida distinguono quindi due fattispecie:
- la conservazione cartacea dei documenti,
- la conservazione informatica.
Nel primo caso dovremo “mettere in atto misure di sicurezza fisica nello studio”, come, ad esempio:
- limitare l’accesso agli uffici,
- non archiviare i documenti in locali accessibili a tutti,
- installare allarmi.
Nel secondo caso, invece, le misure da porre in essere sono ovviamente diverse, e il documento suggerisce le seguenti:
- autenticare gli utenti e impostare una password personale che presenti almeno 8 caratteri con lettere minuscole, maiuscole, numeri e caratteri speciali. La password non potrà essere scritta su un foglio accessibile a tutti, non potrà essere condivisa e dovrà essere modificata regolarmente;
- individuare le persone che possono accedere ai dati personali e rimuovere le autorizzazioni di accesso obsolete,
- scrivere un regolamento sull’utilizzo del computer da inserire nel regolamento interno dello studio (se adottato),
- fornire mezzi di crittografia per i computer portatili e per i dispositivi di archiviazione removibili, come ad esempio le chiavette USB,
- evitare di memorizzare i dati sensibili dei clienti,
- eseguire il backup regolarmente e conservare i supporti di backup in un luogo sicuro.
Da ultimo merita una riflessione anche la sezione del documento dedicata all’individuazione del responsabile del trattamento.
Troviamo infatti scritto che “i soggetti a cui lo studio comunica i dati personali trattati sono considerati responsabili del trattamento (es. commercialista, consulente del lavoro, consulente, fornitori di servizi digitali, conservatori di documenti informatici, ecc.)”.
Ricordiamo quindi, a tal proposito, che l’articolo 28 Regolamento UE 679/2016:
- impone al titolare del trattamento di ricorrere unicamente a responsabili del trattamento (e quindi anche a consulenti fiscali e del lavoro) che presentino garanzie sufficienti per mettere in atto misure tecniche e organizzative adeguate in modo tale che il trattamento soddisfi i requisiti della disciplina privacy;
- sancisce l’obbligo di stipulare un contratto tra titolare e responsabile del trattamento, dettagliandone il contenuto.
Articolo tratto da “Euroconferencenews“
L'articolo Dal CNF le buone prassi per la sicurezza dei dati sembra essere il primo su Euroconference Legal.
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