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Come noto, le Sezioni Unite hanno stabilito, in tema d’intermediazione finanziaria, che il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità (azionabile dal solo cliente) dall’art. 23 TUF, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti (Cass., Sez. Un., 16.1.2018, n. 898).

Dopo la sentenza delle Sezioni Unite, non appariva scontata agli operatori del diritto bancario l’applicazione del suddetto principio di diritto anche ai contratti bancari disciplinati dall’art. 117 TUB.

La Suprema Corte ha ribadito in più circostanze (Cass. nn. 14243/2018, 16362/2018 e 16406/2018) che siffatto orientamento è invocabile anche per i contratti bancari in generale, considerato che il comma 1 dell’art. 117 TUB, pone l’obbligo della forma scritta e della consegna di un esemplare al cliente (al pari del citato art. 23, comma 1, TUF), sancendo poi, nel comma 3, la nullità del contratto per difetto di forma scritta (come disposto sempre dal ridetto art. 23, comma 1, TUF) che può essere fatta valere soltanto dal cliente ai sensi del disposto dell’art. 127, comma 2, TUB (esattamente come stabilito dall’art. 23, comma 3, TUF).

La nullità dell’art. 117 TUB per difetto di forma è posta nell’interesse del cliente, così come è a tutela esclusiva di quest’ultimo la previsione della consegna del contratto, dovendosi allora trarre la conclusione – alla luce dell’arresto delle Sezioni Unite sopra ricordato – che il vincolo di forma imposto dal legislatore (tra l’altro composito, in quanto vi rientra, per specifica disposizione normativa, anche la consegna del documento contrattuale), nell’ambito di quello che è stato definito come “neoformalismo” o “formalismo negoziale”, vada inteso secondo quella che è la funzione propria della norma (di protezione del cliente) e non automaticamente richiamando la disciplina generale sulla nullità (così Cass., Sez. Un., n. 898/2018).

In definitiva, può affermarsi che, come per i contratti quadro nell’ambito della intermediazione mobiliare, anche per i contratti bancari, compreso quello di conto corrente, perché sia rispettato l’onere della forma scritta, debba ritenersi sufficiente che il documento negoziale sia stato sottoscritto soltanto dal cliente, potendosi invece desumere il consenso della banca dal comportamento concludente normalmente manifestato attraverso l’apertura del conto e la sua concreta operatività.

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