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La clausola arbitrale non impedisce il ricorso alla tutela monitoria nella fase inaudita altera parte, ma se il debitore fa opposizione proponendo l’exceptio compromissi, il decreto ingiuntivo è nullo e il creditore intimante paga le spese di soccombenza

Cass. civ. sez. VI, 1 aprile 2019, n. 9035, Pres. D’Ascola, Rel. Scalisi

Clausola compromissoria – Decreto ingiuntivo – Opposizione a decreto ingiuntivo – Exceptio compromissi – Adesione all’eccezione – Revoca del decreto ingiuntivo opposto – Compensazione delle spese – Esclusione – Soccombenza del creditore opposto – Condanna alle spese

MASSIMA

Il procedimento che si apre con la presentazione del ricorso e si chiude con la notifica del decreto di ingiunzione non costituisce un processo autonomo rispetto a quello aperto dall’opposizione, ma dà luogo ad una fase di un unico giudizio, in rapporto al quale funge da atto introduttivo, in cui è contenuta la proposizione della domanda, il ricorso presentato per chiedere il decreto di ingiunzione. Perciò, il giudice che con la sentenza chiude il giudizio davanti a sé, deve pronunciare sul diritto al rimborso delle spese sopportate lungo tutto l’arco del procedimento e tenendo in considerazione l’esito finale della lite.

CASO                                                                                                                                                     

Una società italiana otteneva dal Tribunale di Cuneo un decreto ingiuntivo nei confronti di un condominio per il pagamento di una fattura, emessa a seguito dello svolgimento di alcuni lavori previsti da un contratto di appalto, nel quale era presente una clausola compromissoria per arbitrato rituale. Il condominio proponeva opposizione, eccependo l’incompetenza del Giudice ordinario a pronunciarsi sulla questione, eccezione alla quale la società appaltatrice aderiva. Il Tribunale di Cuneo dichiarava la propria incompetenza e revocava il decreto ingiuntivo opposto, compensando le spese del giudizio.

Il Condominio impugnava la sentenza per violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., chiedendo il rimborso integrale delle spese di lite. La Corte d’appello di Torino, però, affermava che la proposizione del ricorso monitorio, pur in presenza di clausola compromissoria, è legittima, nonostante in seguito a opposizione il giudice ordinario – accertata la sua incompetenza – debba dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo opposto. La Corte, pertanto, confermava la sentenza del Tribunale di Cuneo e la compensazione delle spese del primo grado, condannando il condominio a rimborsare alla società le spese del giudizio di appello.

Il condominio ha da ultimo adito la Cassazione, ribadendo le stesse censure proposte dinanzi alla Corte d’appello.

SOLUZIONE

La Corte ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa ad altra sezione della Corte d’appello di Torino per la liquidazione delle spese dell’intero giudizio in tutti i suoi gradi, affermando che nel caso in esame non ricorre alcuna delle ipotesi che legittima la compensazione delle spese processuali per soccombenza reciproca. Al contrario, posto che il decreto ingiuntivo è stato dichiarato nullo e revocato a seguito dell’opposizione, la parte vittoriosa risulta essere la parte opponente, alla quale dovrà essere riconosciuto il rimborso delle spese di tutti i gradi di giudizio.

QUESTIONI

La Cassazione ha affermato che il soccombente – ai fini della ripartizione delle spese processuali – dev’essere individuato in base al principio di causalità, ossia verificando quale parte, attraverso il proprio comportamento, abbia dato causa al processo o al suo protrarsi nel tempo.

Ai sensi dell’ultima versione del 92 c.p.c. (nel testo modificato dal d.l. n. 132/2014, applicabile ratione temporis al caso in esame), il Giudice può disporre l’irripetibilità delle spese sostenute e/o la compensazione solo nei casi di: reciproca soccombenza, assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti ed ora anche, a seguito di declaratoria di incostituzionalità emessa da Corte cost., 19 aprile 2018, n. 77, «qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni». Gli Ermellini hanno precisato che si ha soccombenza reciproca quando vengono rigettate sia la domanda principale che quella riconvenzionale oppure quando vi è un accoglimento parziale delle domande (o di alcuni capi dell’unica domanda proposta); nessuna di queste due fattispecie è stata rinvenuta nel caso di specie, perché la domanda principale dell’opponente (ossia la declaratoria di nullità e la revoca del decreto ingiuntivo) è stata accolta in pieno.

Un caso simile era stato diversamente risolto dalla Sezione specializzata in materia di imprese del Tribunale Bologna (ord., 11/5/2016), la quale aveva affermato che “l’adesione all’eccezione di compromesso comporta l’esclusione di ogni potere del giudice ordinario di decidere sulla competenza e conseguentemente di pronunciarsi sulle spese processuali relative alla fase svoltasi davanti a lui dovendovi provvedere il collegio arbitrale al quale è rimessa la causa”.

Il caso si inserisce nel già complesso rapporto tra il procedimento monitorio e la presenza di una (valida) clausola compromissoria. Come si era avuto già occasione di accennare in un precedente contributo, il procedimento arbitrale non contempla i provvedimenti inaudita altera parte: pertanto il giudice ordinario è competente per la loro emissione ma, in caso di exceptio compromissi ritualmente proposta nel giudizio di opposizione, dovrà riconoscere la propria carenza di potestas iudicandi, dichiarare la nullità del decreto e rimettere la controversia al collegio arbitrale.

Quest’ultima pronuncia della Corte complica ancora di più la posizione (del legale) della parte che, in un rapporto sottoposto alla competenza arbitrale, abbia un credito fondato su prova scritta, idoneo a dare accesso alla tutela monitoria di cui agli artt. 633 ss. c.p.c. Se sceglierà di proporre un ricorso monitorio – che gli permetterebbe di ottenere in modo del tutto legittimo, con costi limitati e in tempi ristretti un’ingiunzione di pagamento o consegna – il creditore correrà il rischio di essere condannato al rimborso delle spese giudiziali a favore del debitore in caso di opposizione.

Nella sentenza in commento, la Corte ha ribadito che il procedimento monitorio non costituisce un processo autonomo rispetto a quello di opposizione: pertanto, il giudice, con la sentenza chiude il giudizio davanti a sé, deve pronunciare sulle spese di lite in relazione all’intero arco del procedimento, e non solo nel processo di opposizione, con evidente perdita di tempo e di denaro.

Nel progetto della Commissione Vaccarella nel 2013 era stato proposto di introdurre alcune modifiche, che rendessero utilizzabile la tutela monitoria anche a fronte di clausole compromissorie. Così, all’art. 633 c.p.c. si proponeva di introdurre un ultimo comma del seguente tenore: “III. L’ingiunzione può essere pronunciata anche se è prevista la competenza arbitrale, quando detta possibilità sia espressamente prevista dalle parti nella convenzione di arbitrato”. E all’art. 645 c.p.c. si proponeva di aggiungere altri tre commi: “III. Ove la competenza spetti all’arbitro, il giudice, dopo aver pronunciato sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, cancella la causa dal ruolo con ordinanza se sulla competenza arbitrale non sorgono contestazioni; altrimenti provvede con sentenza. –  IV. Il giudizio di opposizione si estingue se nessuna delle parti propone domanda di arbitrato nel termine di tre mesi dalla cancellazione della causa dal ruolo o dal momento in cui diviene definitiva la sentenza che dichiara la competenza dell’arbitro. – V. Qualora la causa sia riassunta dinanzi all’arbitro, spetta a questi la pronuncia dei provvedimenti previsti dall’articolo 653”.

Come noto, Corte cost., 19 luglio 2013, n. 223, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 819 ter c.p.c., «nella parte in cui esclude l’applicabilità, ai rapporti tra arbitrato e processo, di regole corrispondenti all’art. 50 del codice di procedura civile». Non vi sarebbero, dunque, difficoltà a consentire che il decreto ingiuntivo resti in vita nonostante la competenza arbitrale, ormai pienamente fungibile con quella del giudice ordinario.

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