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Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 5 marzo 2019, n. 6346

Salute e sicurezza sul lavoro – Danno biologico da mobbing – Copertura assicurativa Inail – Sussiste

MASSIMA

Deve ritenersi che il danno biologico derivante da mobbing accertato a carico del lavoratore nella misura dell’8 per cento sia qualificabile quale malattia professionale non tipizzata, conseguente a prestazione di attività lavorativa e dunque coperta dall’assicurazione obbligatoria dell’Inail, nella sussistenza dei presupposti per l’esonero dalla responsabilità civile del datore di lavoro.

COMMENTO

La Cassazione, con la sentenza in commento, ha statuito che – in tema di malattia professionale – la tutela assicurativa INAIL va estesa ad ogni forma di tecnopatia, fisica o psichica, che possa ritenersi conseguenza dell’attività lavorativa, sia che riguardi la lavorazione e l’organizzazione del lavoro e le sue modalità di esplicazione e anche se non compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi specificamente indicati in tabella dovendo il lavoratore dimostrare soltanto il nesso di causalità tra la lavorazione patogena e la malattia diagnosticata. Nel caso di specie, la Corte territoriale condannava la società datrice di lavoro al pagamento, in favore della ex dipendente, a titolo di risarcimento del danno biologico da mobbing da questa subito, della somma di € 9.350,00 oltre accessori dalla data di collocamento in quiescenza al soddisfo, rigettandone invece le altre domande e così riformando la sentenza di primo grado che aveva condannato la società datrice anche al pagamento della somma di € 4.675,00 a titolo di danno morale. La Suprema Corte adita dalla società, in accoglimento del ricorso proposto, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata; nello specifico, secondo il ragionamento giuridico impostato dal collegio territoriale i danni lamentati dalla lavoratrice dovevano essere ascritti alla condotta datoriale di mobbing e, pertanto, ricondotti all’inadempimento della società al debito di sicurezza prescritto dall’art. 2087 c.c.. Invero, secondo la Corte di Cassazione, in tema di malattia professionale, la tutela assicurativa INAIL va estesa ad ogni forma di tecnopatia, fisica o psichica, che possa ritenersi conseguenza dell’attività lavorativa, sia che riguardi la lavorazione che l’organizzazione del lavoro e le sue modalità di esplicazione, anche se non compresa tra le malattie tabellate o tra i rischi specificamente indicati in tabella. Ciò posto il lavoratore sarà chiamato a dimostrare soltanto il nesso di causalità tra la lavorazione patogena e la malattia diagnosticata. Aggiunge il Supremo Collegio che il giudice può procedere alla verifica di applicabilità dell’art. 10 d.p.r. nell’interezza del suo articolato meccanismo anche d’ufficio ed indipendentemente da una richiesta di parte, in quanto si tratta dell’applicazione di norme di legge al cui rispetto il giudice è tenuto. In conclusione, la Cassazione accoglie il ricorso specificando che il motivo di doglianza ritenuto fondato non è relativo al difetto di legittimazione passiva fatto valere dalla società datrice, ma, bensì, a quello della non effettiva titolarità dell’azienda del rapporto fatto valere in giudizio in quanto l’accertamento a carico della lavoratrice di un danno biologico dipendente da mobbing (ben qualificabile come malattia professionale non tipizzata conseguente a prestazione di attività lavorativa) in misura dell’8% è coperto dall’assicurazione obbligatoria dell’Inail stante inoltre la sussistenza dei presupposti per l’esonero dalla responsabilità civile del datore di lavoro.

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