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I vizi della cosa venduta e gli effetti della garanzia

Cass. civ. Sez. 2^, 5.4.2016 n.6596, relatore A. Scarpa.

“In tema di compravendita il vizio redibitorio (art. 1490 cc) e la mancanza di qualità promesse o essenziali (art. 1497 cc), pur presupponendo l’appartenenza della cosa al genere pattuito, si differenziano in quanto il primo riguarda le imperfezioni e i difetti inerenti il processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa, mentre la seconda è inerente alla natura del bene e concerne tutti glie elementi essenziali e sostanziali che influiscono, nell’ambito di un medesimo genere, sull’appartenenza ad una specie piuttosto che a un’altra; entrambe le ipotesi differiscono dalla consegna aliud pro alio, che si ha quando la cosa venduta appartenga ad un genere del tutto diverso o presenti difetti che le impediscano di assolvere alla sua funzione naturale o a quella ritenuta essenziale dalle parti”.

  1. La garanzia per i vizi della cosa venduta

Gli immanenti principi di buona fede e diligenza, costituiscono le “clausole di salvaguardia” del sistema delle obbligazioni dei contratti, imponendo ad entrambe le parti di comportarsi “secondo correttezza” (art. 1175 c.c.), quale corollario stesso del principio costituzionale di solidarietà sociale ex art. 2 C., in analogia a quanto previsto in materia contrattuale dal principio di buona fede oggettiva all’articolo 1375 c.c.

In origine in forza della lex mercatoria ed in seguito per i moderni principi del diritto, proprio nella vendita, i predetti principi immanenti, trovano  massima espansione, in ragione dei comportamenti richiesti alle parti del negozio giuridico.

Fra le obbligazioni principali del venditore, vi è la garanzia per i vizi della cosa venduta, che viene esplicitata nell’articolo 1490 c.c. e seguenti, imponendo a tale parte del contratto che: “la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore”.

L’ordinamento prevede l’esclusione della garanzia allorquando il compratore conosceva i vizi della cosa o essi erano facilmente riconoscibili, ciò in ragione della circostanza che il compratore può rifiutare l’acquisto e non portare a compimento l’affare (art. 1491 c.c.).

Compete al compratore provare la specifica sussistenza del vizio al momento della stipulazione del contratto e che tale vizio fosse occulto, nell’accezione più ampia da intendersi come non riscontrabile a prima vista dal compratore, il quale se ne avvede solo con la consegna materiale del bene e con la conseguente disponibilità di esso.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che le obbligazioni principali del venditore, secondo la previsione dell’articolo 1476 c.c., non hanno per oggetto, neppure in via sussidiaria, un facere relativo alla materiale struttura della cosa venduta (cfr. Cass. 19.7.1983, n. 4980).

Anche la dottrina è ferma nel ritenere che la vendita e’ solo un contratto traslativo, ha per contenuto solo un dare (…) e non un fare in senso stretto”; pertanto, non possono ricondursi in capo al venditore, obblighi differenti in da quelli di cui ai rimedi specifici previsti per le “azioni edilizie”.

  1. Effetti della garanzia

Gli effetti della garanzia per i vizi della cosa venduta, secondo l’insegnamento delle SSUU, in tema di compravendita si esaurisce nell’articolo 1490 c.c. e segg., che pongono il venditore in una situazione non tanto di obbligazione, quanto di soggezione, esponendolo all’iniziativa del compratore, intesa alla modificazione del contratto o alla sua caducazione mediante l’esperimento, rispettivamente, delle azioni edilizie e che possono ricondursi a:

  1. actio quanti minoris;
  2. actio redibitoria;

ne consegue, che il compratore non dispone – neppure a titolo di risarcimento del danno in forma specifica – di un’azione “di esatto adempimento” per ottenere dal venditore l’eliminazione dei vizi della cosa venduta, rimedio che gli compete soltanto in particolari ipotesi di legge (garanzia di buon funzionamento, vendita dei beni di consumo) o qualora il venditore si sia specificamente impegnato alla riparazione del bene (cfr. Cass. sez. un. 13.11.2012, n. 19702).

Conformemente alla disciplina generale, il rimedio ex art. 1492 c.c. è subordinato alla non scarsa importanza dell’inadempimento (v. art. 1455 cod. civ.), ovvero fuori dai casi di inadempimento imputabile, la risoluzione sarà comunque subordinata alla mancanza di un apprezzabile interesse alla prestazione difettosa (v. art. 1464 cod. civ.).

Ai sensi del secondo comma dell’art. 1492 cod. civ., le azioni edilizie sono tra loro alternative e la scelta tra le due è irrevocabile quando sia proposta con domanda giudiziale.

Viceversa è sempre possibile il cumulo tra azioni edilizie e risarcimento dei danni ex articolo 1494 c.c., in quanto tale ultima azione può essere proposta in ogni caso, poichè è volta a riequilibrare il rapporto con riguardo ad un’eventuale ridotta utilizzabilità del bene compravenduto che si assume viziato. La funzione di riequilibrio dei rapporti economici  tra le parti, compete quindi ad entrambe le azioni  sia edilizie che risarcitoria,  seppur in due differenti momenti.

  1. Termini e condizioni per l’azione

La disciplina ex art. 1495 c.c,  fissa il diritto di garanzia  del compratore in otto giorni dalla scoperta dei vizi della cosa venduta e l’esercizio dell’azione, comunque, entro una anno dalla consegna del bene; tale limitazione costituisce una deroga al principio generale della prescrizione decennale, e pertanto è applicabile soltanto ai casi di garanzia per vizi e mancanza di qualità.

Il momento di riferimento per la decorrenza del termine è quello della consegna e, qualora non vi sia stata consegna (v. art. 1510 cod. civ.), il termine inizierà a decorrere dal giorno in cui il compratore abbia conseguito l’effettiva disponibilità della cosa.

Per costante giurisprudenza del Supremo Collegio, tutte le azioni spettanti al compratore per i vizi della cosa venduta o per la mancanza di qualità promesse o essenziali, cioè non solo le azioni redibitorie, ma anche quella di risarcimento del danno, sono soggette alla decadenza e alla prescrizione contemplate dall’art. 1495 cod. civ.

Pertanto, anche quando si domanda il solo risarcimento del danno, previa declaratoria (anche solo incidentale) di inadempienza del venditore, si fa valere la garanzia prevista e disciplinata dagli artt. 1490 ss. cod. civ., sicché debbono necessariamente ricorrere tutti i presupposti delle azioni redibitorie e quanti minoris, e quindi debbono essere osservate tutte le condizioni prescritte per tali azioni sotto pena di decadenza o prescrizione (Tribunale Milano Sezione 4 Civile Sentenza del 18 maggio 2009, n. 6619).

  1. Irregolarità urbanistiche.

La Cassazione ha affermato che la deduzione di generiche “irregolarità edilizie ed abitative e la “mancanza di autorizzazioni comunali”, non esimono l’attore di assolvere all’onere di allegare e provare la non scarsa importanza dell’inadempimento:  “Occorre a tal fine richiamare il principio per cui la valutazione della non scarsa importanza dell’’inadempimento deve essere operata alla stregua di un duplice criterio, applicandosi in primo luogo un parametro oggettivo, attraverso la verifica che l’inadempimento abbia inciso in modo apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto (in astratto, per la sua entità e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all’altro contraente), si da dar luogo ad uno squilibrio sensibile del sinallagma negoziale; completandosi, poi, l’indagine mediante la considerazione di eventuali elementi di carattere soggettivo, consistenti nel comportamento di entrambe le parti (come un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione ad opera dell’una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell’altra), che possano, in relazione alle particolarità del caso, attenuare il giudizio di gravita, nonostante la rilevanza della prestazione mancata o ritardata” (Cass. Civ. n. 1773/2001).

La giurisprudenza ha ritenuto non integrato il parametro oggettivo allorquando le irregolarità lamentate sono del tutto generiche ed indimostrate, non avendo l’attrice fornito precisi elementi assertivi ed asseverativi tali da permettere di valutare se la non conformità dell’immobile allo statuto urbanistico – edilizio possa aver inciso in modo apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto, sia sul piano astratto, per la sua entità, sia sul piano concreto, cioè dei pregiudizi effettivamente causati, con conseguente impossibilità di verificare se il sinallagma negoziale abbia subito o meno un sensibile squilibrio, essendo noto che l’ampia categoria delle “irregolarità edilizie ed abitative” e delle “autorizzazioni comunali e sanitarie” comprende fattispecie molto diversificate fra loro, alcune di lievissima entità e facilmente emendabili ed altre assolutamente gravi ed insanabili, ossia fattispecie non conformi ma integranti mere irregolarità, fattispecie non conformi ma suscettibili di sanatoria e fattispecie non conformi e insanabili (D.P.R. 380/2001).

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