Legittima la richiesta di restituzione del mantenimento per i figli maggiorenni dopo la raggiunta autosufficienza
Cassazione Civile I sez. ordinanza 13 febbraio 2020, n. 3659
Cessazione obbligo di mantenimento figli – pagamento dell’indebito – azione restitutoria (artt. 337 quinquies e septies c.c., art. 2033 c.c.).
Il principio d’irripetibilità del mantenimento per i figli versato dal genitore obbligato all’ex coniuge, si giustifica solo ove gli importi riscossi abbiano una concreta funzione alimentare, che non ricorre nel caso di maggiorenni ormai indipendenti economicamente.
In tali casi è legittima la proposizione dell’azione restitutoria delle somme corrisposte indebitamente, a norma dell’art. 2033 c.c.
CASO
Due coniugi convengono, in sede di divorzio su domanda congiunta, che il padre versi in favore delle figlie una somma a titolo di mantenimento fino al termine dei loro studi universitari.
Dopo che le figlie avevano conseguito la laurea e si erano entrambe sposate – rispettivamente nel 1994 e nel 1998 – l’uomo aveva cessato di corrispondere il mantenimento, ma l’ex coniuge gli aveva notificato un atto di precetto per il pagamento del contributo di mantenimento non versato (pari a Euro 36.910,10) relativo agli ultimi cinque anni.
Il padre agisce in giudizio chiedendo la restituzione di quanto pagato, nonostante non vi fosse tenuto e, in subordine, la condanna della donna al risarcimento del danno per appropriazione indebita delle somme.
Il tribunale di Taranto respinge la domanda restitutoria e accoglie la domanda di risarcimento del danno patrimoniale.
La sentenza è stata impugnata in via principale dall’uomo e con appello incidentale dalla donna in riforma della condanna di risarcimento.
La Corte d’appello di Lecce respingeva la domanda di restituzione. La pretesa restitutoria sarebbe stata infondata, poiché l’obbligo contributivo sarebbe venuto meno solo con il provvedimento del tribunale, in sede di modifica delle condizioni di divorzio, del 2maggio 2007 che ne aveva decretato la cessazione a decorrere dal 13 ottobre 2006.
Accoglieva, invece, la domanda della donna, escludendo l’appropriazione indebita perché le somme erano state percepite in forza di un titolo giudiziale, e poiché il danno era riconducibile all’inerzia dello stesso ex coniuge, il quale solo nell’ottobre 2006 si era attivato per la modifica delle statuizioni patrimoniali inerenti al divorzio.
Contro la sentenza, l’uomo propone ricorso per Cassazione sostenendo la violazione di legge di cui all’art. 2033 c.c., per avere escluso il carattere indebito del pagamento del contributo di mantenimento per le figlie, essendo il vincolo obbligatorio, cioè la causa giustificativa del pagamento stesso, cessato.
SOLUZIONE
La Corte, ribaltando la decisione dei giudici d’appello, ha accolto il ricorso. Dagli atti risultava incontestato e pacifico che le figlie si erano sposate, raggiungendo la definitiva indipendenza economica. Questa circostanza, non secondaria ma decisiva, giustifica – a parere della Suprema Corte – il venir meno dell’obbligo del padre di provvedere al loro mantenimento e del diritto della madre di ricevere il contributo per le figlie maggiorenni e indipendenti economicamente.
Inoltre, anche prima dei rispettivi matrimoni, entrambe le figlie avevano conseguito il diploma di laurea che faceva venire meno l’obbligo di mantenimento da parte del padre, in base all’accordo raggiunto tra i coniugi in sede di divorzio congiunto.
Anche se il procedimento di revisione delle condizioni economiche del regime post-coniugale è stato introdotto solo dopo, per ottenere un riconoscimento formale del mutamento delle suddette condizioni e per l’esonero da ulteriori pagamenti futuri, ciò non impedisce la richiesta di restituzione delle somme corrisposte indebitamente, ai sensi dell’art. 2033 c.c..
Tale norma ha portata generale e si applica a tutte le ipotesi d’inesistenza, originaria o sopravvenuta, del titolo di pagamento, qualunque ne sia la causa (Cass. Civ. n. 18266/2018).
L’irripetibilità delle somme versate dal genitore obbligato all’ex coniuge si giustifica solo quando le somme percepite abbiano assunto una concreta funzione alimentare, che non ricorre se a beneficiarne sono stati figli maggiorenni ormai indipendenti economicamente, in un periodo in cui era noto il rischio restitutorio
QUESTIONI
La decisione della Cassazione si allinea al principio già espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui l’irripetibilità delle somme versate a titolo di mantenimento viene meno se l’assegno ha perso la sua natura e funzione alimentare.
In tali casi, infatti, si esclude l’applicabilità dell’art. 447 c.c., secondo cui il credito alimentare non può essere ceduto o compensato (Cass. Civ. n. 11489/2014).
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