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Cassazione Sez. Un. Civili, 30 Aprile 2020, ord. n. 8434. (Presidente Dott. Mammone G., relatore Cosentino A.)

Installazione di antenne di telefonia su tetto condominiale – Locazione a terzi del lastrico solare – Inapplicabilità dell’art. 1120 cc sulle innovazioni – Impianto realizzato non ad uso condominiale – Contratto di diritto reale di superficie – Concessione ad aedificandum.

(Cod. Civ. artt. 2643, 1602, 1599, 1593, 1323, 1322, 952, 934.)

“Il programma negoziale con cui il proprietario di un lastrico solare intenda cedere in godimento ad altri, a titolo oneroso, la facoltà di installarvi e mantenervi per un certo tempo un ripetitore, o altro impianto tecnologico, con il diritto di mantenere la disponibilità ed il godimento dell’impianto ed asportare il medesimo alla fine del rapporto, può astrattamente essere perseguito sia attraverso un contratto ad effetti reali, sia attraverso un contratto ad effetti personali; la riconduzione del contratto concretamente dedotto in giudizio all’una o all’altra delle suddette categorie rappresenta una questione di interpretazione contrattuale, che rientra nei poteri del giudice di merito.”

“Qualora le parti abbiano inteso attribuire al loro accordo effetti reali, lo schema negoziale di riferimento è quello del contratto costitutivo di un diritto di superficie, il quale attribuisce all’acquirente la proprietà superficiaria dell’impianto installato sul lastrico solare, può essere costituito per un tempo determinato e può prevedere una deroga convenzionale alla regola che all’estinzione del diritto per scadenza del termine il proprietario del suolo diventa proprietario della costruzione; il contratto con cui un condominio costituisca in favore di altri un diritto di superficie, anche temporaneo, sul lastrico solare del fabbricato condominiale, finalizzato alla installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, richiede l’approvazione di tutti i condomini.”

“Qualora le parti abbiano inteso attribuire al loro accordo effetti obbligatori, lo schema negoziale di riferimento è quello del contratto atipico di concessione ad aedificandum di natura personale, con rinuncia del concedente agli effetti dell’accessione; con tale contratto il proprietario di un’area concede ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa, di godere e disporre dell’opera edificata per l’intera durata del rapporto e di asportare tale opera al termine del rapporto. Esso è soggetto alla disciplina dettata, oltre che dai patti negoziali, dalle norme generali contenute nel titolo II del libro IV del codice civile (art. 1323 c.c.), nonché, per quanto non previsto dal titolo, dalle norme sulla locazione, tra cui quelle dettate dagli artt. 1599 c.c. e 2643 n. 8 c.c. Ove stipulato da un condominio per consentire ad altri la installazione di un ripetitore, o altro impianto tecnologico, sul lastrico solare del fabbricato condominiale richiede l’approvazione di tutti i condomini solo se la relativa durata sia convenuta per più di nove anni.”

CASO

Il caso di specie prende avvio mediante la citazione, dinanzi al Tribunale di Chiavari, da parte di un Condominio e due condomini ad esso appartenenti, della società Alfa affinché la stessa rimuovesse le antenne di telefonia mobile, di proprietà della H3G s.p.a., installate sul tetto condominiale.

Tale impianto era collegato tramite cavi, attraversanti le parti comuni del fabbricato, ad una cantina di proprietà della società Alfa, ove insistevano altri dispositivi serventi le antenne.

La società Alfa deduceva in primo grado di aver concesso l’uso della una porzione del tetto condominiale alla H3G mediante contratto di locazione, il quale secondo la stessa era opponibile a tutti gli acquirenti delle singole unità immobiliari subentrati nel condominio in data successiva a quella di registrazione del contratto di locazione, secondo il principio emptio non tollit locatum di cui all’art.1599 c.c. Il Tribunale sentenzia per il rigetto delle domande attoree ma questo giudicato verrà totalmente ribaltato in sede di giudizio d’appello per le motivazioni che seguono.

Il giudice di seconde cure, partendo dalla premessa che il contratto di locazione fosse posteriore rispetto alla costituzione del condominio, argomentava, in linea di diritto che in primis la società Alfa aveva agito per proprio interesse, come reso palese dall’evidenza che il canone della locazione veniva da essa integralmente percepito; in secundis che il suddetto contratto di locazione non poteva ritenersi un atto di gestione della cosa comune, bensì un atto “di appropriazione del bene comune, che supera i limiti dell’uso lecito, riconosciuto dalla legge a favore di ciascun partecipante al condominio”; ciò in quanto, da un lato, il lastrico condominiale risultava «asservito non all’uso esclusivo di una unità dello stesso stabile di proprietà esclusiva di un condomino, ma all’esercizio di un impianto estraneo al condominio”, dall’altro la collocazione fissa dell’impianto costituiva un uso «invasivo incompatibile con le simultanea utilizzazione del bene comune”; ed infine, sempre il giudice di appello asseriva che la clausola del regolamento condominiale dichiarativa dell’esistenza di una servitù sul tetto, non poteva ritenersi riferita alle antenne in contestazione giacché trattasi di un diritto personale di godimento e non di un oggetto di una servitù.

Per tali motivi, il giudice di secondo cure negava il diritto delle società di mantenere sul tetto le antenne, parimenti le condannava a rimuoverle.

Le due società soccombenti presentavano ricorso per Cassazione, che perveniva  alle Sezioni Unite.

SOLUZIONE

Le SS.UU. cassavano la sentenza del giudice d’appello, formulavano i principi in epigrafe e definivano a chiare lettere le regole da osservare per la concessione in uso del lastrico solare condominiale a terzi, per l’installazione di ripetitori di telefonia mobile.

QUESTIONI

Le Sezioni Unite prima di affrontare il tema della qualificazione negoziale dell’atto mediante il quale veniva concesso in uso la porzione di lastrico solare alla società di telefonia, perimetravano il campo dell’indagine, fornendo chiara risposta al quesito, ad esse sottoposto, circa la necessità del consenso unanime dei condomini, ovvero se detta concessione d’uso costituisca o meno innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c.

A tal proposito, le Sezioni Unite chiarivano che non può trovare consenso l’opinione avanzata in dottrina secondo cui la collocazione di un ripetitore sul tetto di un fabbricato esulerebbe dal concetto di innovazione o di modificazione in senso proprio. Di fatti, avvalorando il granitico orientamento, secondo il quale “costituisce innovazione la modificazione della cosa comune che alteri l’entità materiale del bene operandone la trasformazione, ovvero determini la trasformazione della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite, una diversa consistenza materiale ovvero sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l’esecuzione della opere”; la collocazione sul lastrico condominiale di un manufatto stabilmente infisso nell’impiantito deve essere considerata una “innovazione” in quanto determinante una parziale trasformazione della destinazione del lastrico, non più dedito al calpestio.

Concluso detto doveroso chiarimento, le Sezioni Unite affermavano che la vicenda deve essere guardata non nella prospettiva dell’approvazione di una innovazione da parte dell’assemblea condominiale, ma nella prospettiva dell’approvazione di un atto di amministrazione, ovverossia il contratto con il terzo ai sensi dell’art. 1108 c.c., comma 3, considerato che l’installazione dell’impianto non avviene ad opera del condominio, ma di un terzo.

Le SS.UU., quindi, formulavano il principio in epigrafe e affermavano che ai fini dell’approvazione di una cessione d’uso del lastrico solare condominiale, non è necessario il consenso di tutti i condomini nel caso in cui tale concessione trovi titolo in un contratto che non abbia ad oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti reali e non attribuisca un diritto personale di godimento di durata superiore a nove anni.

Dunque il nodo nel quale si sostanzia la specie, si risolve nello stabilire se il contratto di concessione abbia effetti reali, ovvero obbligatori. Ebbene, quindi, trattasi di una pura questione di ermeneusi negoziale.

A tal fine, le SS.UU. fornivano preventivamente una chiara risposta all’interrogativo circa la reale qualificazione dei ripetitori di segnale, ovvero se essi debbano considerarsi beni immobili o beni mobili (giacché, in questa seconda ipotesi la possibilità di qualificare il contratto di concessione come atto costitutivo di un diritto di superficie non può a priori porsi).  

Secondo le SS. UU. i ripetitori di segnale sono beni immobili in luce della fermissima giurisprudenza di legittimità che si registra in materia, tesa al considerare ricadente nell’alveo dei detti beni, “qualsiasi costruzione, di qualunque materiale formata, che sia incorporata o materialmente congiunta al suolo, anche se a scopo transitorio”[1].

La qualificazione del ripetitore quale bene immobile, consente di concludere che l’accordo che ne disciplina l’installazione, la manutenzione e la rimozione a titolo oneroso per un certo periodo di tempo può assumere le forme tanto di un contratto ad effetti reali e, più precisamente, il contratto costitutivo del diritto reale di superficie; quanto di un contratto ad effetti obbligatori, più propriamente il contratto atipico di concessione dello jus ad aedificandum. [2]

Al fine di distinguere il primo negozio dall’altro, è necessario accertare se le parti abbiano inteso attribuire al suddetto diritto le caratteristiche tipiche della realità; vale a dire, l’efficacia erga omnes, la trasferibilità a terzi, l’assoggettabilità al gravame ipotecario. In mancanza di detti elementi quindi, deve logicamente concludersi di essere in presenza del contratto c.d. atipico e non già di un contratto costitutivo di un diritto di superficie.

In conclusione, le SS.UU. chiarivano che l’attribuzione del contratto di concessione, all’una o all’altra delle suddette categorie, rappresenta una questione dapprima di interpretazione contrattuale, rimessa al potere delle parti e, successivamente, al sindacato del giudice di merito in caso di contenzioso; dunque affermavano che:

– in linea generale, il rapporto che disciplina l’installazione di un ripetitore va ricondotto – in mancanza di indicazioni contrarie – allo schema del contratto atipico di concessione ad aedificandum ad effetti obbligatori. Laddove la durata del medesimo contratto non superi i nove anni si stabilisce la maggioranza prevista per gli atti di ordinaria amministrazione (art. 1108, commi I e II, c.c.);

– nel caso in cui il contratto di concessione poc’anzi accennato, superi la durata canonica di nove anni la previsione di natura eccezionale non copre soltanto la pattuizione relativa alla concessione dell’occupazione del lastrico e quindi al suo godimento, ma implica una propagazione del contratto, con la continuazione dell’originario rapporto e l’assunzione, da parte dell’acquirente, della stessa posizione del locatore. In tal caso è necessario il consenso unanime di tutti i condomini;

– contrariamente, se il contratto  trasferisce un diritto reale di superficie e laddove la causa “in concreto” si rinviene nella possibilità del superficiario di realizzare e tenere opere edilizie sul fondo altrui, è necessario, per l’effetto dell’art. 1108, comma III, c.c., il consenso di tutti i condomini.

[1] Cass. civ. 679/1968; Cass. civ. 20574/2007; Cass. civ. 22127/2009.

[2] Cass. civ. 2851/1967 e più di recente Cass. civ. 7300/01.

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