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Tribunale di Mantova, 18.6.2020

Parole chiave: Procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento– Liquidazione del patrimonio – Fattibilità della proposta – Sindacato del giudice

Massima:

Spetta al giudice, sia nella fase di apertura della liquidazione (fase che non si svolge nel contraddittorio con i creditori), che in quella eventuale del reclamo, verificare se la proposta di liquidazione sia fattibile, tanto arguendosi dal disposto di cui agli artt. 14 ter co. 2 e dall’art. 9 co. 2 della legge n. 3/2012, essendo richiesto, come requisito di ammissibilità dell’istanza, che il proponente depositi una attestazione della fattibilità del piano rilasciata dall’O.C.C. (v. art. 15 co. 6 della predetta legge) sicché all’organo giudicante deve ritenersi consentito un sindacato in ordine a tale profilo, inteso non tanto come valutazione circa la convenienza economica della proposta bensì come verifica della sussistenza o meno di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati.

Disposizioni applicate: art. 14 ter L 3/12, art. 10 co. 6 L 3/12, art. 14 quinquies L.3/12 e art. 16 comma 1 lett. A) L 3/12.

Il Tribunale di Mantova ripercorre – attraverso la presente decisione – la problematica legata all’ attestazione della fattibilità della proposta di liquidazione del patrimonio ex art. 14 ter l. 3/12, quando dati o ducumenti a sostegno della stessa non permettano di ricostruire effettivamente l’offerta ai creditori o quando, diversamente, indichino in capo al debitore, la commissione di un reato.

CASO

La società Alfa sr.l. proponeva nel gennaio 2020 reclamo ex art. 10 comma 6 l.3/12 avverso il decreto di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio ex art 14ter l. 3/12 a favore della società Beta srl.

A sostegno della propria opposizione, la reclamante riferiva che la società Beta si fosse resa responsabile di un grave atto in frode ai creditori, omettendo nella propria proposta di risoluzione della crisi, di essersi resa inadempiente per il pagamento del prezzo dei beni strumentali acquisiti dalla medesima Alfa srl e di aver oltretutto subito un sequestro giudiziario a tutela dei beni medesimi. Chiedeva a fronte di tali circostanze la risoluzione del decreto di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio.

Si costituiva la società Beta, eccependo in primo luogo la legittimazione attiva al reclamo in capo alla società Alfa, ed in secondo punto, evidenziando che della pendenza giudiziaria contro la stessa, sia l’OCC che il Giudicante erano stati correttamente resi edotti e che pertanto alcun atto di omissione in frode ai creditori poteva essere stato perpetrato.

Indicava inoltre, come di facile soluzione potesse essere la fattispecie, in quanto i beni di cui era causa, si trovavano ancora in suo possesso e pertanto, immediata sarebbe stata la vendita, in seno alla procedura, a favore della massa creditoria.

Intervenivano volontariamente nel procedimento di reclamo altre due società creditrici, lamentando la prima, che il credito dalla stessa detenuto fosse di importo maggiore rispetto a quanto prospettato nel piano, e la seconda che la società proponente la procedura di liquidazione, avesse omesso di indicare in contabilità incassi di denaro avvenuti a mezzo contante e confermati da corrispondenza intercorsa a mezzo whatsapp.

Il reclamo veniva accolto e la procedura di liquidazione risolta, poiché gli elementi introdotti dalla reclamante rendevano il giudizio di fattibilità della proposta della sovraindebitata inutile e così parimenti l’attestazione del professionista qualificato (l’OCC) in quanto a disposizione dei creditori non veniva offerto alcunchè per riduzione di oltre la metà dell’attivo la somma proposta.

SOLUZIONE

La presente decisione a conclusione della fase di reclamo avverso il decreto di apertura della procedura di liquidazione del patrimonio di Beta, pone nuovamente l’attenzione sulla trasparenza e correttezza dei dati contenuti nella proposta delle procedure per la composizione delle crisi da sovraindebitamento, sui reati che il debitore può concretizzare con le proprie omissioni individuando nel giudizio di fattibilità del giudice, il momento di attestazione dell’equilibrio economico della proposta.

Spetta al giudice il giudicato di fattibilità della proposta offerta dal debitore ai propri creditori, controllo che deve pronunciarsi sia in fase di apertura della procedura di liquidazione che nel momento successivo a chiusura di un eventuale del reclamo, qualora nuovi fatti e documenti modifichino la prospettiva ed i contenuti.

La presente fattispecie, tanto da un lato considera la necessaria completezza della documentazione a supporto e sostegno della proposta di soluzione da sovraindebitamento, il cui giudizio è demandato all’OCC che ha presentato la procedura o l’ha accompagnata con la propria relazione, tanto evidenzia l’essenzialità del giudizio di fattibilità del piano proposto dal sovraindebitato quale validazione ultima e necessaria per l’ammissione.

QUESTIONI

L’art. 16 comma 1 lett. a) l 3/12 da una parte punisce con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro, il debitore che abbia omesso dati o documenti inerenti lo stato di indebitamento diminuendolo; dall’altro all’art. 14quinquies onera della verifica della mancanza di atti in frode ai creditori il giudice designato della procedura, il quale a seguito dell’esito positivo, dichiara aperta la procedura.

Il giudizio di fattibilità della proposta è anticipato dalla valutazione di completezza della documentazione che dev’essere effettuata dal gestore della crisi nella propria relazione particolareggiata. Tale il compito del quale era onerato il gestore dalla l 3/12.

La novella introdotta con il Decreto Ristori, alla legge in materia di sovraindebitamento, rende oggi tale valutazione ancor più pregnante: l’OCC sembrerebbe infatti non più onerato dell’attestazione in calce alla domanda, ma verosimilmente di un giudizio di completezza dei documenti e dei dati offerti dal debitore a sostegno della richiesta di accesso della procedura o del progetto di soluzione della crisi presentato unitamente all’istanza di nomina di un OCC. L’organismo di composizione della crisi acquista a seguito della novella del dicembre 2020, un ruolo centrale e funzionale nella gestione delle procedure da sovraindebitamento, ancor più se ci si riferisce alla liquidazione del patrimonio del debitore o liquidazione controllata come diversamente definita dal CCI, a lui demandandosi la redazione di una relazione che per questa procedura viene indicata come “particolareggiata” sulle cause del sovraindebitamento, sulle motivazioni di incapacità del debitore di provvedere regolarmente al pagamento delle proprie obbligazioni, nonché contenente la verifica dei dati economici, finanziari e l’esame della documentazione offerta dal debitore a corredo della proposta.

La relazione dell’OCC dev’essere redatta nel rispetto dei principi di chiarezza e trasparenza dei dati e della procedura al fine di equilibrare i diversi interessi che deve contemperare tra ceto creditorio, ruolo di ausiliario del giudice nell’espletamento del proprio incarico e consulente del debitore. È in questa fase che l’OCC potrebbe rilevare la falsità dei dati o l’irregolarità delle consistenze dichiarate, negando l’attestazione a domande la cui costituzione e contenuti siano stati alterati e modificati dal debitore al fine di accedere ad una delle procedure (MONTELEONE, La responsabilità̀ penale e civile dell’attestatore nei procedimenti di composizione della crisi di impresa, in www.osservatorio-oci.org, 6), oppure tale circostanza potrebbe integrare il reato previsto dall’art. 16 commi 2 e 3 l. 3/2012 (BONATO, La patologia dell’attestazione: l’art. 236 bis l. fall. e il “falso in attestazioni e relazioni”, in Fall., 2019, 3, 309, in riferimento alla figura del professionista attestatore, rileva come la condotta possa ritenersi attiva oppure omissiva, riferendosi la prima ad un’attività di attestazione mai effettuata o attestata nella consapevolezza della falsità dei dati e, la seconda, nel silenzio e reticenza dei dati riconosciuti come falsi in sede di verifica).

Se alcun elemento rileva al fine dell’individuazione di alcuna fattispecie di reato, il gestore della crisi sarà portato alla validazione della documentazione proposta attraverso una relazione particolareggiata ad esito positivo.

La vera e propria attestazione di fattibilità del piano è demandata al giudice.

All’organo giudicante è richiesto di attestare la fattibilità giuridica e la sostenibilità economica della proposta del creditore, quale sindacato formale al fine di poter dichiarare l’apertura della procedura richiesta. Sul merito la giurisprudenza si è posta in ambito di concordato preventivo (Cass. 27 settembre 2018, n. 23315; Cass. 9 marzo 2018, n. 5825), non trovando alcuna definizione di fattibilità economica della proposta all’interno del CCI (d.lgs 14/2019).

Neppur trattandosi di procedure definite “minori” potrà essere richiesto al giudice di esprimere un giudizio sostanziale di fattibilità. Il sindacato di fattibilità economica dovrà individuarsi nel giudizio formale capace di attestare la completezza documentale, ed altresì la verosimile esecuzione della proposta contenuta. Nemmeno la mancanza di indicazione della percentuale di soddisfacimento dei creditori o delle singole classi potrà risolvere, a favore del debitore, la limitatezza dell’offerta.

Di diversa risoluzione la previsione offerta dall’art. 14 quaterdecies a favore del debitore incapiente, che dovrà individuarsi nel sovraindebitato persona fisica che nulla possa offrire al ceto creditorio.

Nel caso che qui interessa, deciso anteriormente la novella del 176/2020, la documentazione introdotta all’esame del giudicante attraverso il procedimento di reclamo, ha permesso di quantificare la decurtazione patrimoniale attiva di oltre la metà di quanto indicato nella proposta, rendendo così immediato il riscontro di non fattibilità.

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