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Applicabilità dell’art. 39 del D. Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, e sussistenza – o meno – del litisconsorzio necessario tra ente concessionario e ente titolare del credito.

Cassazione civile sez. lav., ordinanza interlocutoria 22 marzo 2021, n. 8003

Crediti previdenziali – riscossione mediante ruolo esattoriale – opposizione tardiva per mancata notifica della cartella – applicabilità art. 39 D. Lgs. 13 aprile 1999, n. 112 – contrasto con art. 24 D. Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 – legittimazione necessaria – ente concessionario della riscossione e ente titolare del credito – sostituzione processuale del concessionario – questione di massima di particolare importanza

CASO

Con ordinanza interlocutoria del 22 marzo 2021, la sezione lavoro della Corte di Cassazione ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla articolata questione, di massima di particolare importanza, concernente la sussistenza del litisconsorzio necessario tra l’agente di riscossione e l’ente creditore nelle ipotesi in cui il debitore abbia proposto, nei confronti del solo agente di riscossione, opposizione alla cartella per difetto di notificazione chiedendo però contestualmente l’accertamento negativo del credito contributivo. E, nel caso in cui non si ravvisasse un’ipotesi di litisconsorzio necessario, se sia comunque ravvisabile – in tale fattispecie – una legittimazione passiva dell’ente concessionario ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999.

La causa sottoposta all’esame della Corte prende le mosse dall’impugnazione della sentenza con cui la Corte d’appello di Reggio Calabria aveva dichiarato nullo il giudizio di primo grado per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dell’INPS, rimettendo la causa innanzi al Tribunale di Locri.

In particolare la Corte d’appello aveva rilevato che, in violazione dell’art. 24 del D. Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, il ricorso, promosso dalla contribuente in opposizione ad alcune cartelle esattoriali, non era stato notificato all’ente impositore benché lo stesso fosse basato, oltre che su motivi inerenti aspetti formali e procedurali della notifica delle cartelle, anche su motivi di merito.

La questione sollevata dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione e gli orientamenti giurisprudenziali delle Sezioni Unite succedutisi nel tempo

La sezione lavoro della Corte di Cassazione nella propria disamina parte dal dato testuale dell’art. 24 del D. Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, per cui: <<contro l’iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro (…) il ricorso va notificato all’ente impositore>>, per poi rilevare che, nell’ipotesi di opposizione tempestivamente depositata, alla legittimazione passiva dell’ente creditore si aggiunge – in via residuale – quella dell’ente di riscossione rispetto ai vizi formali della cartella e/o del procedimento di riscossione.

A tale ipotesi, prosegue la Corte, si aggiunge quella in cui – come nel caso di specie – il debitore voglia reagire alla riscossione del credito contributivo opponendosi all’iscrizione a ruolo oltre il termine previsto dall’art. 24 appena detto, ed a tal fine prospetti che – in realtà – la carella non gli sia stata notificata o che a causa dell’irregolarità della notifica egli non ne abbia avuto conoscenza.

Ed è in merito a tale ipotesi che la giurisprudenza della Corte di Cassazione si è interrogata su quali fossero le “giuste parti” del processo, con esiti tutt’altro che omogenei.

Un primo orientamento è stato quello cristallizzato nella sentenza n. 16412 del 25 luglio 2007 delle Sezioni Unite, che ha affermato il principio secondo cui, in caso di opposizione volta a far valere la nullità della notifica di una cartella esattoriale o l’infondatezza della pretesa con la stessa azionata, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito e non già al concessionario, escludendo altresì la configurabilità di un’ipotesi di litisconsorzio necessario. Oltre a ciò, però, le Sezioni Unite hanno rilevato che nel caso in cui il concessionario fosse l’unico soggetto destinatario dell’impugnazione, allora sullo stesso incomberebbe l’onere di chiamare in giudizio l’ente creditore onde evitare di subire le conseguenze del processo.

In sostanza la Sezioni Unite con questo primo orientamento hanno ritenuto non configurabile un’ipotesi di litisconsorzio necessario salvo poi ritenere applicabile l’art. 39 del D. Lgs. 13 aprile 1999, n. 112 (norma prettamente tributaria), che impone all’ente concessionario, che sia stato citato in giudizio, di chiamare in causa il “vero legittimato passivo” e che <<in mancanza risponde delle conseguenze della lite>> (si veda l’art. 39 appena citato).

Pertanto secondo tale orientamento il fatto che il debitore abbia individuato <<nell’uno o nell’altro il legittimato passivo nei cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l’inammissibilità della domanda>> (ancora Sez. Un. del 25 luglio 2007, n. 16412), <<sicché l’interessato potrà proporre l’azione indifferentemente nei confronti dell’uno o dell’altro soggetto, senza che tra costoro si realizzi una ipotesi di litisconsorzio necessario>> (Cass. dell’11 luglio 2016, n. 14125).

In contrasto con tale orientamento la sezione lavoro della Corte di Cassazione ha ritenuto che <<nell’opposizione allo stato passivo fallimentare promossa dal concessionario dei servizi di riscossione di contributi previdenziali ex art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999, qualora il debitore deduca fatti o circostanze che incidono sul merito della pretesa creditoria, o eccepisca in compensazione un proprio controcredito, sussiste il litisconsorzio necessario con l’ente impositore, unico reale legittimato a stare in giudizio, essendo quella del concessionario una legittimazione meramente processuale>> (Cass. del 16 giugno 2016, n. 12450).

Sempre dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione deriva un terzo orientamento, secondo cui <<l’agente per la riscossione non è litisconsorte necessario nella controversia avente ad oggetto esclusivamente il diritto di credito contributivo (nella specie, decadenza per tardiva iscrizione a ruolo, sussistenza del credito e sua estinzione per avvenuto pagamento), perché l’eventuale annullamento della cartella per vizi sostanziali produce comunque effetti ultra partes verso l’esattore, senza necessità che questi abbia partecipato al processo>> (Cass. del 26 febbraio 2019, n. 5625). Con tale pronuncia la Corte di Cassazione ha altresì negato l’applicabilità dell’art. 39 del D. Lgs. 13 aprile 1999, n. 112 in quanto <<norma eccezione che, in deroga ai principi generali e con disposizione di favore per il privato, pone a carico del concessionario convenuto l’onere di chiamare in causa l’ente impositore, altrimenti il concessionario medesimo è responsabile delle conseguenze della lite pur non essendo egli – a rigor di logica – il legittimato passivo per le questioni inerenti al merito della pretesa creditoria>>.

Una volta completato l’excursus degli orientamenti giurisprudenziali, il Collegio nel rimettere la questione al Primo Presidente della Corte di Cassazione ha evidenziato le seguenti questioni: 1. dubbia applicabilità dell’art. 39 del D. Lgs. 13 aprile 1999, n. 112 alla materia previdenziale in quanto tale applicazione si porrebbe in contrasto con la modifica apportata all’art. 24, comma 5, D. Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, dall’art. 4, comma 2 quater D. L. 24 settembre 2002, n. 209, che ha soppresso la necessità di notificare al concessionario il ricorso in opposizione alla cartella esattoriale, rendendolo sostanzialmente terzo estraneo al relativo processo che ha dunque come parte necessaria solo l’ente previdenziale; 2. dubbia applicabilità dell’art. 39 del D. Lgs. 13 aprile 1999, n. 112 in quanto norma attinente ai soli rapporti tra ente creditore e agente della riscossione e non anche a rapporti tra debitore ed ente creditore, con la conseguenza che le conclusioni delle Sezioni Unite del 2007 circa l’ammissibilità di una opposizione promossa dal debitore indistintamente a <<l’uno o l’altro>> dei possibili legittimati passivi non potrebbero essere accolte; 3. anche ove si ritenesse applicabile l’art. 39 del D. Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, l’effetto di tale applicazione non potrebbe essere quello prospettato dalle Sezioni Unite (attribuzione al concessionario della qualità di sostituto processuale ex art. 81 c.p.c. dell’ente creditore ogni qual volta contro il primo siano stati denunciati vizi non attinenti esclusivamente alla regolarità degli atti esecutivi), essa infatti dovrebbe essere interpretata nel senso che <<si limiti a dettare (solo) una (ulteriore) norma per favorire il controllo dell’ente creditore sull’operato dell’agente della riscossione nel recupero delle somme iscritte a ruolo, al fine di valutare la legittimità di un’eventuale successiva richiesta di discarico per inesigibilità>> (Cass. ord. del 22 marzo 2021, n. 8003).

I dubbi sollevati dalla sezione lavoro della Corte di Cassazione sono più che corretti, anche se meno favorevoli per i contribuenti, e pertanto si auspica che le Sezioni Unite vorranno tenerne di conto al fine di mutare il proprio – ormai risalente – orientamento.

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