La designazione generica degli eredi come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita
Cassazione civile Sez. Un., 30 aprile 2021, n. 11421 – CURZIO – Presidente – SCARPA – Relatore
Data l’importanza della sentenza in commento se ne torna a parlare anche in questo contributo.
“La designazione generica degli “eredi” come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in una delle forme previste dell’art. 1920, comma 2, c.c., comporta l’acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all’assicuratore per individuare i creditori della prestazione. La designazione generica degli “eredi” come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non comporta la ripartizione dell’indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della eadem causa obligandi, una quota uguale dell’indennizzo assicurativo.”
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Con il primo motivo del ricorso, la BNP deduceva la violazione e falsa applicazione degli artt. 1920 e 1362 c.c. in quanto le quattro polizze in oggetto contenevano tutte l’indicazione “Beneficiari in caso di morte dell’assicurato: eredi legittimi“. La ricorrente, in particolare, contestava la soluzione della Corte d’Appello di Catania, insistendo che l’art. 1920 c.c., comma 2, in tema di designazione del beneficiario, evidenzia che i vantaggi dell’assicurazione sulla vita a favore di terzi derivano da un acquisto totalmente svincolato dalle norme successorie. Con il secondo motivo di ricorso, la BNP deduceva la violazione degli artt. 1362,1369 e 1371 c.c., in tema di interpretazione del contratto. Sul punto, si riferiva (i) al comportamento complessivo di A.B.G. (fratello del de cuius), che aveva in un primo momento richiesto la liquidazione dell’indennizzo in parti uguali con gli altri eredi; (ii) alla disciplina vigente all’epoca in cui le polizze furono sottoscritte (tra il 2008 e il 2009); (iii) alla volontà delle parti; (iv) alla arbitraria interpolazione del testo negoziale compiuta dalla Corte d’appello; (v) ai disagi provocati dalla subordinazione della liquidazione delle polizze alla compiuta definizione delle vicende successorie. Con ricorso incidentale A.B.G., denunciava la violazione e falsa applicazione degli artt. 570 e 467 c.c., affermando che, qualora non fossero applicabili nel caso di specie le norme sulla successione, ed in particolare quelle sulla rappresentazione, traendo origine il diritto del beneficiario della polizza dal contratto, i nipoti dello stipulante defunto non potevano proprio essere considerati quali “eredi legittimi”: pertanto al ricorrente incidentale spettava l’intero indennizzo. Le S.U. della Corte di Cassazione, dopo aver ricostruito il panorama giurisprudenziale, affermano come sia ormai del tutto preponderante l’esegesi che ravvisa nell’atto di designazione del beneficiario dei vantaggi di un’assicurazione sulla vita, quale che sia la forma prescelta fra quelle consentite dell’art. 1920 c.c., comma 2, un negozio inter vivos con effetti post mortem. In altre parole, la morte dell’assicurato segna il riferimento cronologico di differimento dell’esecuzione della prestazione assicurativa e di consolidamento del diritto già acquistato dal beneficiario in forza della designazione, restando la somma assicurata comunque estranea al patrimonio del de cuius (che cade in successione). L’assicurazione a favore di terzo per il caso di morte dello stipulante assicurato resta riconducibile alla categoria del contratto a favore di terzi. Rispetto all’art. 1411 c.c ultima norma, peraltro, l’art. 1920 c.c., si connota peculiarmente, atteso che, mentre il primo delinea l’acquisto del diritto verso il promittente in capo al terzo quale “effetto della stipulazione” del contratto, l’art. 1920 c.c. definisce “effetto della designazione” (che può farsi – e in ciò vi è altro tratto distintivo – anche dopo il contratto, con apposita dichiarazione o per testamento) l’acquisto del diritto del beneficiario ai vantaggi dell’assicurazione. D’altro canto, la designazione del terzo è elemento strutturale dell’assicurazione sulla vita per il caso morte, dovendo la prestazione essere attribuita a persona diversa dallo stipulante, il cui interesse è implicito nella funzione assistenziale e previdenziale dell’operazione. Infatti, in mancanza della designazione discenderebbe l’ingresso del credito nel patrimonio dell’assicurato e la successiva devoluzione agli eredi iure successionis. Ad ogni buon conto, le Sezioni Unite, ripercorrendo il ragionamento fatto proprio da Cass. 10/11/1994, n. 9388, pronunciano i seguenti principi di diritto: (i) la designazione generica degli “eredi” come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita comporta l’acquisto di un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione da parte di coloro che, al momento della morte del contraente, rivestano tale qualità in forza del titolo della astratta delazione indicata all’assicuratore per individuare i creditori della prestazione; (ii) la designazione generica degli “eredi” come beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita, in difetto di una inequivoca volontà del contraente in senso diverso, non comporta la ripartizione dell’indennizzo tra gli aventi diritto secondo le proporzioni della successione ereditaria, spettando a ciascuno dei creditori, in forza della eadem causa obligandi, una quota uguale dell’indennizzo assicurativo; (iii) nell’ipotesi in cui uno dei beneficiari di un contratto di assicurazione sulla vita premuore al contraente, la prestazione, se il beneficio non sia stato revocato o il contraente non abbia disposto diversamente, deve essere eseguita a favore degli eredi del premorto in proporzione della quota che sarebbe spettata a quest’ultimo.
SOLUZIONE:
La sentenza offre un valido spunto per ripercorrere quelli che sono stati gli orientamenti maggioritari seguiti dalla Corte di Cassazione in tema di designazione generica dei beneficiari e le interpretazioni date dalla dottrina. Tuttavia, giova premettere che in linea generale la designazione del beneficiario può anche essere generica: non è necessario i beneficiari vengano singolarmente individuati, ma è sufficiente che essi siano determinabili per relationem (l’assicurato dichiara di nominare beneficiari dell’assicurazione i propri eredi). In questo caso, si presenta la necessità di precisare il periodo al quale ci si deve riferire per determinare gli aventi diritto alla prestazione dell’assicuratore: al momento della designazione ovvero a quello in cui si verifica l’evento previsto nel contratto (morte).
Pertanto ammessa la designazione per relationem al novero degli eredi legittimi, si deve verificare se tale relatio sia vincolante, oltre che ai soggetti beneficiari, ma alle quote della successione. La designazione dei terzi beneficiari del contratto, mediante il riferimento alla categoria degli “eredi legittimi o testamentari” equivale per la giurisprudenza prevalente ad una “mera indicazione” del criterio per la individuazione dei beneficiari medesimi in funzione della loro astratta appartenenza alla categoria dei successori indicata nel contratto. La giurisprudenza di legittimità, sin dalla sentenza del 10/11/1994, n. 9388 ha sostenuto che nel contratto di assicurazione contro gli infortuni a favore del terzo, cui si applica la disciplina dell’assicurazione sulla vita, la disposizione contenuta nell’art. 1920 c.c., comma 3, deve essere interpretata nel senso che il diritto del beneficiario alla prestazione dell’assicuratore trova fondamento nel contratto ed è autonomo. Pertanto, quando in un contratto di assicurazione contro gli infortuni, compreso l’evento morte, sia stato previsto, fin dall’origine, che l’indennità venga liquidata ai beneficiari designati o, in difetto, agli eredi, tale clausola andrebbe intesa nel senso che il meccanismo sussidiario di designazione del beneficiario è idoneo a far acquistare agli eredi i diritti nascenti dal contratto stipulato a loro favore. L’individuazione dei beneficiari-eredi andrebbe effettuata attraverso l’accertamento della qualità di erede secondo i modi tipici di delazione dell’eredità (testamentaria o legittima) mentre le quote tra gli eredi, in mancanza di uno specifico criterio di ripartizione, dovrebbero presumersi uguali, essendo contrattuale la fonte regolatrice del rapporto e non applicandosi la disciplina codicistica in materia di successione con le relative quote. Pertanto, per effetto della designazione, che avviene con atto unilaterale inter vivos o con testamento del disponente a favore di terzo, i beneficiari, all’apertura della successione dell’assicurato, anche qualora siano eredi legittimi del contraente, acquistano il diritto a beneficiare della prestazione, da parte della compagnia assicuratrice, sulla base del contratto di assicurazione e non per la disciplina successoria (Cass. n. 4484/1994; Cass. n. 15407/2000). In netto contrasto con questo iniziale orientamento si è posta una successiva pronuncia, con la quale si affermò che “nel contratto di assicurazione contro gli infortuni a favore di terzo, la disciplina secondo cui, per effetto della designazione, il terzo acquista un proprio diritto ai vantaggi assicurativi, si interpreta nel senso che ove sia prevista, in caso di morte dello stipulante, la corresponsione dell’indennizzo agli eredi testamentari o legittimi, le parti abbiano non solo voluto individuare, con riferimento alle concrete modalità successorie, i destinatari dei diritti nascenti dal negozio, ma anche determinare l’attribuzione dell’indennizzo in misura proporzionale alla quota in cui ciascuno è succeduto, atteso che, in assenza di diverse specificazioni, lo scopo perseguito dallo stipulante è, conformemente alla natura del contratto, quello di assegnare il beneficio nella stessa misura regolata dalla successione”( Cassazione civile sez. III, 29/09/2015, n.19210). Ad ogni buon conto, la tesi oggi prevalente in giurisprudenza, e seguita dalle S.U., propende per l’interpretazione letterale di quanto sancito nell’art. 1920 nel quale si afferma che “per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”: ciò comporta che le polizze vita non rientrano nell’asse ereditario e non vengono computate per formare le quote degli eredi. Sul punto, la dottrina ha ricordato come in tal modo, la vicenda successoria dello stipulante non potrà interferire in alcun modo con tale peculiare trasmissione di ricchezza. (L. Bugiolacchi, Assicurazione sulla vita e nuova designazione del beneficiario per disposizione incompatibile: il rapporto tra forma e natura dell’atto di designazione, in Resp. Civ. prev., 2004, p. 825 s.s.). Inoltre, altra parte della dottrina (N. Gasperoni, (Voce) Assicurazione sulla vita, in Enc. Giur. III, Roma, 1988, p. 14; A. De Gregorio, G. Fanelli, A. La Torre, Il contratto di assicurazione, Milano, 1987, p. 220; A. Polotti di Zumaglia, Assicurazione sulla vita, in Dig. Disc. Priv. Sez. comm., XVI, Torino 1999, p. 442) ha evidenziato come la clausola attributiva del vantaggio al terzo costituisca elemento normale e non essenziale dell’assicurazione sulla vita. Infatti, nei soli casi in cui manchi una designazione (generica o specifica) di uno o più beneficiari, il diritto alla somma assicurata farà parte del patrimonio del contraente e, eventualmente, si trasferirà ai suoi eredi secondo le ordinarie norme sulla successione ereditaria. (A. De Gregorio, G. Fanelli, A. La Torre, Il contratto di assicurazione, Milano, 1987, p. 220). In tutti gli altri casi di designazione, benché generica, nel contratto di assicurazione per il caso di morte, il beneficiario designato acquista, ai sensi dell’art. 1920, comma 3, c.c., un diritto proprio che trova la sua fonte nel contratto e che non entra a far parte del patrimonio ereditario del soggetto stipulante non potendo, di conseguenza, essere oggetto delle sue eventuali disposizioni testamentarie. Un dubbio si pone, come per il caso di specie, in caso di premorienza del beneficiario allo stipulante di una assicurazione sulla vita per caso di morte, premesso che tale diritto si trasmette agli eredi del beneficiario, in applicazione dell’articolo 1412, comma 2, c.c., salvo che il beneficiario non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente e purché detta designazione non sia avvenuta tramite testamento. Si discute a quale titolo avvenga in questo caso la trasmissione del beneficio agli eredi del beneficiario premorto: iure proprio oppure iure hereditatis. La dottrina che aderisce al primo indirizzo (G. Mirabelli, Dei contratti in generale, Torino, 1958, p. 401) ritiene che il contrario orientamento urti con i principi morali del contratto di assicurazione sulla vita, mentre altra parte (F. Messineo, Il contratto in generale, in Tratt. Dir. Civ. comm. Cucu-Messineo, Milano, 1972, II, p. 148) ritiene che ci si trovi davanti ad un caso di “normale” successione mortis causa, in quanto il de cuius, in vita, per effetto della designazione, aveva già acquisito il diritto al beneficio. Sul piano applicativo, abbracciare una tesi o l’altra, comporta conseguenze di non poco conto. Infatti, qualora l’acquisto dell’indennità assicurativa avvenga iure proprio, il beneficiario non avrà bisogno di accettare l’eredità per conseguire la somma indennitaria, a contrario, per l’acquisto iure hereditatis, l’accettazione dell’eredità deve considerarsi necessaria.
Ad ogni modo, la pronuncia delle Sezioni Unite dipanando ogni dubbio aderisce alla tesi già fatta propria da Cass. n. 9388/1994: quando l’assicurato designa quali beneficiari gli eredi legittimi, li designa in parti uguali, a prescindere quindi dalle quote che la successione legittima dispone.
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