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Il costante aumento nell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale negli studi professionali (ma anche in altri settori) sta creando grande preoccupazione soprattutto sul futuro del ruolo umano sui posti di lavoro.
Tale processo costituisce un’ipotesi fantascientifica per il professionista di oggi?

Per rispondere a tale domanda occorre partire da una singolare sfida organizzata nel 2018 dalla società americana LawGeex la quale ha contrapposto da una parte 20 avvocati specializzati in diritto societario, appartenenti ai più prestigiosi studi legale statunitensi, dall’altra un algoritmo basato sull’intelligenza artificiale. La gara consisteva nell’individuare, nel minor tempo possibile, gli errori inseriti in cinque contratti, aventi ad oggetto accordi di riservatezza (NDA) generalmente utilizzati nell’ambito degli accordi commerciali tra le aziende. Qual è stato l’esito della gara? Mentre l’intelligenza artificiale dell’algoritmo ha raggiunto un tasso di accuratezza del 94% gli avvocati hanno raggiunto un valore dell’85%. Fin qui sembra quasi un pareggio! E invece no! Il dato clamoroso è costituito dal raffronto fra il tempo medio impiegato dagli avvocati ed il tempo occorso al robot per concludere il lavoro. Questi i risultati:

  1. Avvocati: media di 92 minuti per individuare le falle nei contratti (tempo più rapido 51 minuti)
  2. Algoritmo: 26 secondi.

A ben riflettere l’intelligenza artificiale ha già fatto ingresso negli studi legali e dei commercialisti, sostituendo il professionista nello svolgimento di alcune attività meccaniche e ripetitive, tramite programmi in grado di leggere, catalogare ed archiviare documenti, condurre ricerche e fornire pareri in risposta a specifici quesiti. Tali soluzioni permettono di ridurre i costi e limitare gli errori, consentendo al professionista di avere più tempo da investire nelle attività intellettuali a più alto valore aggiunto. Dana Remus e Frank S. Levy nella loro pubblicazione intitolata “Can robots be lawyers?” individuano un vantaggio, ottenibile dalle varie soluzioni già presenti sul mercato, quantificabile in una riduzione del 13% dell’orario lavorativo di un avvocato.

Intelligenza artificiale e studi legali americani e anglosassoni: cosa sta succedendo

Dando uno sguardo oltre i confini italiani già gli studi legali americani e anglosassoni impiegano software di analisi della giurisprudenza esistente in relazione ad un caso concreto. Infatti, già nel 2017 JP Morgan ha adottato un software denominato Contract Intelligence (COIN) il quale, in pochi secondi, è in grado di svolgere un’attività di analisi di documenti che altrimenti impiegherebbe circa 360.000 ore di lavoro per collaboratori e assistenti. Esistono sul mercato anche degli strumenti in grado di fornire una risposta ad uno specifico quesito legale (un esempio fra tanti è il ROSS).

Sicuramente uno dei settori maggiormente interessato all’ingresso dell’intelligenza artificiale è quello contabile tanto è vero che l’Università di Oxford classifica l’attività della tenuta della contabilità tra le occupazioni più facilmente automatizzabili (in quanto attività ripetitive e con una probabilità di computerizzazione del 96%) e McKinsey prevede che l’86% delle attività legate alla contabilità sarà automatizzato (basti pensare ad esempio all’attività di data entry e/o l’elaborazione dei cedolini paga).

Recentemente H&R Block, società americana specializzata in dichiarativi, ha stretto una partnership con il colosso informatico IBM, avente ad oggetto l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale denominata ‘Watson’, al fine di automatizzare l’attività della dichiarazione dei redditi e supportare la medesima con l’analisi in tempi rapidissimi della normativa di riferimento, nonché con l’individuazione delle agevolazioni applicabili al caso di specie. Anche Deloitte sta sviluppando un progetto simile ed in generale tutte le principali società di consulenza hanno già adottato diverse soluzioni di Intelligenza Artificiale e di automatizzazione, principalmente con riferimento ad analisi dei contratti, M&A, individuazione frodi e risk assessment.

Con il consueto ritardo rispetto al mondo anglosassone anche nei principali studi legali italiano si stanno introducendo prodotti tecnologici sopra descritti e in considerazione della velocità con la quale l’innovazione tecnologica sta trasformando il mondo, nel prossimo futuro molte attività svolte saranno quasi totalmente automatizzabili grazie a strumenti basati sull’intelligenza artificiale. Ciò comporterà un significativo cambiamento del settore e delle professioni contabili. Dai dati elaborati dall’Osservatorio professionisti e innovazione digitale del Politecnico di Milano in Italia il 61% degli studi di avvocati e commercialisti hanno un fatturato inferiore ai 100.000€ ed il budget per le tecnologie informatiche è di soli 8.700€ per i commercialisti e consulenti del lavoro e di 4.600€ per gli avvocati. In un tale contesto, l’evoluzione tecnologica farebbe fatica ad avanzare e le soluzioni già adottate in altri paesi potrebbero apparire di difficile espansione, con il rischio che il mercato venga aggredito da competitors in grado di fornire servizi di qualità, in tempi più brevi e ad un prezzo più basso.

Quale la possibile risposta da parte dei professionisti?

Ad oggi è molto difficile fare una previsione attendibile sulle tempistiche nell’ambito delle quali si realizzerà tale fenomeno: 5 anni? 10 anni? di più? Non abbiamo una risposta ma siamo certi che prima o poi i robot sostituiranno gli umani ad esempio nell’attività di pareristica legale, di elaborazioni di contratti o di individuazione di falle negli stessi, etc.

Ma come i professionisti potranno fronteggiare questa rivoluzione?

Sicuramente una delle vie di uscita potrebbe essere quella di superare l’ormai inadeguato modello di studio mono-professionale. Infatti, sicuramente un’accelerazione del processo di aggregazione fra professionisti permetterebbe da un lato la possibilità di rendere più agevoli gli investimenti necessari per la digitalizzazione e la robotizzazione degli studi, dall’altro renderebbe possibile ai professionisti, sgravati grazie alla tecnologia dagli adempimenti di scarso valore intellettuale, di dedicarsi ad attività consulenziali più qualificanti, ripartendosi con i soci le specializzazioni necessarie per fronteggiare la domanda del mercato.

Quindi ci si aspetta una riduzione dei posti di lavoro negli studi professionali?

Assolutamente no! Nell’ambito del processo di robotizzazione, i professionisti potranno e dovranno riqualificare il personale sostituito dalle macchine impiegandolo in una più vasta gamma di servizi a favore dei clienti elevando, di conseguenza, anche il livello qualitativo e di preparazione di dipendenti e collaboratori. In questo modo il professionista avrebbe l’opportunità di tornare a svolgere una vera attività professionale ampliando, tramite organizzazione e specializzazione, la platea di clientela a cui rivolgersi.

06/09/2021
| a cura di Alessandro Siess di MpO & Partner
| gestione-studio

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