Con la sentenza n. 253 del 20 dicembre 2022 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 81, comma 4 (ora comma 3) e 117, comma 2, lett. l), Cost., dell’art. 29-bis della L.R. Molise n. 7 del 1997, nella parte in cui istituisce un’apposita area quadri. Ciò in quanto la norma introduce una voce di spesa per il personale a carico della finanza regionale, senza il necessario fondamento nella contrattazione collettiva e in violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, con conseguente incidenza sull’equilibrio finanziario dell’ente e lesione dei criteri dettati dall’ordinamento ai fini della corretta gestione della finanza pubblica allargata.
La pronuncia è di indubbio interesse in quanto vengono affrontati trasversalmente diversi argomenti: cosa si intende per giudizio di parificazione svolto dalla Corte dei Conti, quali articoli della costituzione vengono coinvolti, l’inquadramento del rapporto di lavoro nel pubblico impiego e l’inapplicabilità dell’art. 2095 c.c. a tale ambito, nonché l’importanza della contrattazione collettiva di comparto.
1) La norma sottoposta al vaglio di legittimità.
Si tratta dell’art. 29 bis della Legge della Regione Molise dell’8.04.1997 n. 7 – Norme sulla riorganizzazione dell’amministrazione regionale secondo i principi stabiliti dal D.lgs. 29 del 1993. Quest’ultimo decreto può dirsi istitutivo della prima privatizzazione del Pubblico Impiego (l’attribuzione alla contrattazione collettiva della disciplina della retribuzione nel rapporto di lavoro pubblico costituisce indubbiamente principio ispiratore e conformativo della riforma del lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, avviata dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e sistematizzata con il d.lgs. n. 165 del 2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
Il censurato art. 29-bis prevede, al comma 1, l’istituzione di un’apposita area quadri del personale regionale, che comprende i dipendenti di categoria “D” cui sono assegnate specifiche e complesse «
attività di collaborazione con il personale dirigente, funzionali al raggiungimento degli obiettivi di risultato assegnati ed, in generale, all’efficacia dell’azione amministrativa nelle attività di organizzazione e gestione degli uffici regionali, nelle attività connesse alla gestione di procedimenti e procedure amministrative, nelle attività di studio, di ricerca e di elaborazione di atti complessi» (comma 3).
Le citate attività «
sono proprie del personale di comparto inquadrato nel ruolo unico regionale nella categoria “D” prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro del 31 marzo 1999, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché del personale della categoria “D” comandato ai sensi della legge 28 luglio 1999, n. 266» (comma 4).
Il comma 5 prevede che al predetto personale «
è riconosciuta, in aggiunta al trattamento economico in godimento, un’indennità annuale, pensionabile, che è parte integrante della retribuzione», non cumulabile con l’indennità riconosciuta per il conferimento dell’incarico di posizione organizzativa (comma 6) e con gli emolumenti accessori relativi alla produttività ed a indennità di responsabilità non rapportate a incarichi di uffici (comma 6-bis).
I commi 7 e 8 definiscono le modalità di commisurazione e di corresponsione di tale indennità, che consiste in una componente fissa e continuativa e in una componente aggiuntiva commisurata al raggiungimento di obiettivi di maggiore efficienza organizzativa.
La relativa valutazione è effettuata, con cadenza annuale, dal dirigente della struttura cui risulta assegnato il dipendente, secondo i sistemi di valutazione previsti per l’erogazione della produttività individuale. La valutazione si intende positiva se al dipendente viene attribuito un punteggio non inferiore all’80 % del punteggio massimo previsto (comma 10).
2) Motivazione dell’ordinanza di remissione alla Corte costituzionale.
La Corte Costituzionale è stata quindi chiamata a verificare se la Regione Molise sia legittimata o meno ad istituire una specifica area “quadri” al di fuori di quanto previsto dalla contrattazione collettiva di riferimento.
Con ordinanza del 20 dicembre 2021 (reg. ord. n. 226 del 2021), la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Molise, ha rappresentato di aver analizzato, in sede di giudizio di parificazione del rendiconto regionale per l’anno 2020, il capitolo di spesa del bilancio n. 4007:”
Indennità per personale incaricato di funzioni amministrative – Risorsa libera” su cui gravano gli oneri determinati dalla indennità corrisposta al personale dell’area quadri prevista appunto dall’art. 29-bis della legge reg. Molise n. 7 del 1997.
Innanzitutto, occorre specificare che il citato giudizio di parificazione è il giudizio che costituisce il momento di chiusura dei controlli sulla finanza regionale che comprende la relazione sulla tipologia delle coperture finanziare e sulle tecniche di quantificazione degli oneri utilizzate nelle leggi regionali.
Secondo la Corte dei Conti, la norma censurata violava, innanzitutto, la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile e lede i parametri finanziari posti dagli artt. 81, quarto comma (attuale terzo comma), e 97, primo comma, Cost., determinando un illegittimo effetto espansivo della spesa del personale.
In altri termini, tale normativa costituiva, ad avviso della Corte dei conti un’evidente ed indebita interferenza nella materia «ordinamento civile» di competenza legislativa esclusiva dello Stato, in cui rientra la disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze delle P.A., fra cui le regioni stesse, ai sensi del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che demanda alla contrattazione collettiva la regolazione del sistema di classificazione del personale e della retribuzione. (sul punto, la Corte dei Conti richiama precedenti sovrapponibili al giudizio de quo, quali le sentenze n. 196 del 2018 e n. 146 del 2019 con le quali il Giudice delle Leggi affermava l’illegittimità costituzionale di norme contenute in leggi regionali, rispettivamente della Regione Liguria e Campania, istitutive della “vice – dirigenza” regionale e disponenti l’incremento del Fondo per il trattamento accessorio del personale volto a finanziare proprio la retribuzione della vice dirigenza stessa).
Le ragioni sostenute dal remittente permettono di analizzare un aspetto peculiare dei lavoratori nel pubblico impiego, infatti il d.lgs. n. 165/2011 si limita a riconoscere la sola categoria dei dirigenti, mentre disciplina genericamente il restante personale non dirigenziale, ferma restando la possibilità per la contrattazione di prevedere figure di elevata professionalità. Sul punto la Corte di Cassazione (sentenza 6 marzo 2008, n. 6063) ha infatti escluso che nel pubblico impiego contrattualizzato possa trovare applicazione il primo comma dell’art. 2095 c.c., come modificato dalla legge 13 maggio 1985, n. 190 (Riconoscimento giuridico dei quadri intermedi), che ha inserito tra i prestatori di lavoro subordinato già contemplati – dirigenti, impiegati e operai – appunto i “quadri”.
Ciò posto, considerato che nel caso di specie non risultava disciplinata né dal legislatore statale, né dalla contrattazione collettiva, una «Area quadri pubblica», e che il Contratto collettivo nazionale di lavoro del 21 maggio 2018 del comparto Funzioni locali, prevedeva solo «la diversa figura della “posizione organizzativa” che postula un conferimento d’incarico a termine ed esaurisce lo spazio lavorativo fra funzionari e dirigenti», la norma oggetto di vaglio doveva ritenersi priva di fondamento giuridico e normativo. Relativamente poi alla specifica indennità prevista dalla disposizione censurata, la Corte dei conti ritiene tale spesa priva di copertura sostanziale in quanto disposta al di fuori della contrattazione collettiva nazionale e senza una legge statale autorizzativa, la disciplina regionale censurata si porrebbe in contrasto anche con l’art. 81, quarto comma (attuale terzo comma), Cost.
Costituendosi la difesa regionale ha sollevato plurime eccezioni e sostenuto la non fondatezza nel merito delle censure avanzate dal remittente.
3) La decisione della Corte.
Il Giudice delle Leggi, in linea con quanto affermato dalla Corte dei conti, ha ritenuto la questione fondata in riferimento agli artt. 81, quarto comma (attuale terzo comma), e 117, secondo comma, lettera l), Cost.
La Corte, infatti, in più passaggi della sentenza, evidenzia la funzione esclusiva assegnata alla autonomia collettiva, cui sola compete la definizione del sistema di classificazione del personale. Pertanto, l’istituzione di un’apposita area quadri si configura lesiva delle prerogative assegnate dal legislatore statale alla contrattazione collettiva nazionale. L’autonomia collettiva svolge infatti una funzione regolatoria, volta a contrastare fenomeni sperequativi nei settori della pubblica amministrazione e incide sull’efficientamento del costo del lavoro pubblico.
A sostegno della propria decisione, il Giudice delle leggi richiama alcuni precedenti giurisprudenziali della Corte di Cassazione ( sentenze 5 luglio 2005, n. 14193; 9 marzo 2009, n. 5651 e 6 marzo 2008, n. 6063), che affermano un principio ormai consolidato, secondo cui le norme del d.lgs. n. 165 del 2001 costituiscono lo «
“statuto” del lavoro contrattuale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni».
Alla luce del reticolato motivazionale utilizzato, la soluzione accolta dalla Corte Costituzionale, che ha ritenuto l’intervento regionale lesivo dell’art. 81, quarto comma, (ora terzo comma), e 117, secondo comma, lettera l), Cost. appare corretta., poiché tale norma introduce una voce di spesa per il personale a carico della finanza regionale senza il necessario fondamento nella contrattazione collettiva e in violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, con conseguente incidenza sull’equilibrio finanziario dell’ente e lesione dei criteri dettati dall’ordinamento ai fini della corretta gestione della finanza pubblica allargata.
Ne è conseguita la dichiarazione di incostituzionalità della norma regionale.
Claudia Scalerandi, avvocato in Milano
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C. cost., 20 dicembre 2022, n. 253
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