La Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, con la sentenza in esame (n.43819, pronunciata il 12 ottobre 2023 e depositata il 31 ottobre 2023) ha annullato con rinvio il provvedimento della Corte d’Appello di Milano, che aveva confermato la pronuncia di condanna di due imputati, in qualità di consiglieri di amministrazione di una società cooperativa, in relazione ad una serie di violazioni del d.lgs. n. 81 del 2008, tra le quali il decesso di un lavoratore.
I ricorrenti, in particolare, lamentavano, innanzitutto, l’imputazione delle violazioni contestate, dal momento che il datore di lavoro, sul quale gravava l’onere di predisporre le misure antinfortunistiche, sarebbe stato da individuare nel presidente della cooperativa, che ne aveva la legale rappresentanza, posto che, nel caso concreto, non era stata conferita alcuna delega alla sicurezza. Sul punto in esame, infatti, i giudici di merito avevano ravvisato la responsabilità penale degli imputati, in veste di consiglieri di amministrazione della società, richiamando il principio in forza del quale, nelle società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia
Viceversa, ad avviso dei giudici di legittimità, a fronte di una pronuncia rimasta isolata, sarebbe maggiormente convincente «il diverso orientamento, propugnato da numerose decisioni, secondo cui, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, destinatario della normativa antinfortunistica in una impresa strutturata come persona giuridica è il suo legale rappresentante, quale persona fisica attraverso cui l’ente collettivo agisce nel campo delle relazioni intersoggettive; ne consegue che la responsabilità penale del predetto, ad eccezione delle ipotesi di valida delega, deriva dalla sua qualità di preposto alla gestione societaria ed è indipendente dallo svolgimento, o meno, di mansioni tecniche». Hanno inoltre sottolineato che il destinatario della normativa antinfortunistica, all’interno di una organizzazione predisposta in forma societaria, «è sempre il legale rappresentante, qualora non siano individuabili soggetti diversi obbligati a garantire la sicurezza dei lavoratori e che nelle società di capitale il datore di lavoro si identifica con i soggetti effettivamente titolari dei poteri decisionali e di spesa all’interno dell’azienda, e quindi con i vertici dell’azienda stessa, ovvero nel presidente del consiglio di amministrazione, o amministratore delegato o componente del consiglio di amministrazione cui siano state attribuite le relative funzioni».
Per la Corte di cassazione, infatti, questa interpretazione discenderebbe logicamente e giuridicamente dalle premesse normative di riferimento, dal momento che, come noto, ai sensi del d.lgs. n. 81 del 2008, art. 2, datore di lavoro è “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”. Di conseguenza, Attribuire la qualifica di datore di lavoro a tutti i membri del consiglio di amministrazione di una società significherebbe operare una indebita estensione della definizione di “datore di lavoro”, come risultante dal citato art. 2, in contrasto con l’art. 25, comma 2 Cost.
Piergiorgio Gualtieri, dottore di ricerca in diritto penale nell’Università degli Studi Roma Tre
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Cass. pen., sez.IIIª, 31 ottobre 2023, n. 43819
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Consiglieri di amministrazione, datore di lavoro e responsabilità penale per violazioni in materia di infortuni sul lavoro sembra essere il primo su
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