La restituzione delle somme percepite a titolo di mantenimento non dovute
Cassazione civile sez. I, ordinanza del 14/11/2023 n.31635
Assegno di mantenimento al coniuge – restituzione
(art. 156 e 2033 c.c.)
Massima: “Nel caso in cui si accerti nel corso del giudizio di primo o di appello, l’inesistenza ab origine, dei presupposti per il diritto all’assegno di mantenimento anche se riconosciuto in sede presidenziale in via provvisoria, il coniuge che ha versato il mantenimento può chiedere la restituzione delle somme indebitamente percepite, ai sensi dell’art. 2033 c.c.”
CASO
Nel procedimento di separazione giudiziale, il tribunale di Messina dispone, in via provvisoria, l’assegno mensile di mantenimento in favore della moglie.
Tuttavia, in seguito ad una istruttoria completa, e con la pronuncia definitiva, il tribunale respinge la domanda di assegno di mantenimento della donna.
In appello la Corte ha confermato la decisione negando l’assegno alla moglie, ma ha respinto la domanda di restituzione del denaro già corrisposto dall’uomo in forza del provvedimento provvisorio in base al principio di irripetibilità dei crediti alimentari.
Sulla questione della restituzione il marito ricorre in Cassazione. Secondo il ricorrente, le somme versate alla moglie non potevano avere funzione alimentare, ossia di fornire il minimo per la sussistenza della persona che non può procurarsi da sola il sostentamento, dato che secondo gli accertamenti del tribunale, la stessa risultava lavorare da anni “in nero” presso lo studio del padre ed era proprietaria di beni immobili.
Il marito, inoltre, lamentava anche il non corretto comportamento della donna che si era rifiutata in malafede, di esibire in giudizio la propria documentazione reddituale.
La Corte di Cassazione ha rinviato la causa in attesa dell’esame, da parte delle Sezioni Unite, della questione relativa all’irripetibilità degli assegni erogati in occasione delle situazioni di crisi matrimoniale.
SOLUZIONE
L’ordinanza in esame è conforme a quanto statuito dalle sezioni Unite della Cassazione (Cass. Civ. S.U. n. 32914/2022). Risolvendo un contrasto giurisprudenziale, la Corte ha specificato che nel caso in cui si accerti nel corso del giudizio l’insussistenza originaria dei presupposti per il versamento dell’assegno di mantenimento separativo o divorzile – anche se riconosciuto in sede presidenziale o dal giudice istruttore – opera la regola generale di cui all’art. 2033 c.c. – secondo cui chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di richiederne la restituzione.
Il principio non vale per i ‘fatti sopravvenuti’ che modificano l’assetto economico dei coniugi e che consentono sempre una revisione delle condizioni stabilite.
Nel caso in esame, dunque, il riconoscimento dell’originaria mancanza dei presupposti per il versamento del mantenimento attribuito in sede presidenziale, determinava la piena ripetibilità delle somme versate a tale titolo, a prescindere dal fatto che la richiedente avesse agito con mala fede o colpa grave: non rileva lo stato soggettivo di buona o mala fede, poiché chi ha ricevuto lo ha fatto con la consapevolezza della provvisorietà e modificabilità del titolo, realizzando un arricchimento senza giusta causa.
Eccezioni alla regola di restituzione.
Nella sentenza resa a sezioni unite la Cassazione ha specificato che il principio di irripetibilità è applicabile nel caso in cui ci sia (sotto il profilo della quantificazione) una semplice rimodulazione al ribasso dell’assegno, purché si tratti di somme di denaro di entità modesta.
Ciò è giustificato dall’esistenza del generale principio di solidarietà post-familiare e in base alla presunzione che dette somme di denaro siano state ragionevolmente consumate dal soggetto richiedente, in condizioni di accertata debolezza economica.
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