La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25477 del 31 agosto 2023, si è nuovamente pronunciata sul tema relativo al riconoscimento, quale orario di lavoro, del tempo necessario per indossare gli indumenti da lavoro ed effettuare il passaggio di consegne. Il presupposto normativo, con riferimento ad entrambe le fattispecie, si rinviene nel d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66, art. 1, comma 2, lett. a), che ha recepito le Direttive 93/104 e 00/34 CE, concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, secondo la quale per orario di lavoro si intende “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.
Con riferimento al tempo necessario per le operazioni di vestizione e svestizione – c.d. tempo tuta -, la giurisprudenza appare ormai ampiamente consolidata, riconoscendo il diritto alla retribuzione nel caso in cui le suddette operazioni, sotto il profilo tanto temporale quanto spaziale, siano soggette al potere di conformazione del datore di lavoro. L’eterodirezione, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, può derivare dall’esplicita disciplina d’impresa o risultare implicitamente dalla natura degli indumenti o dalla specifica funzione che devono assolvere, quando gli stessi siano diversi da quelli utilizzati o utilizzabili secondo un criterio di normalità sociale dell’abbigliamento (cfr. Cass., 31 agosto 2023, n. 25578; Cass., 25 febbraio 2019, n. 5437; Cass., 28 marzo 2018, n. 7738; Cass., 8 settembre 2006, n. 19273). Diversamente, il diritto alla retribuzione per le operazioni di vestizione non spetta qualora le stesse si configurino come meri atti di diligenza preparatoria all’esecuzione della prestazione
Il suddetto approccio è stato confermato nella pronunzia qui esaminata, in una fattispecie avente ad oggetto l’attività di assistenza presso una residenza per anziani. La Suprema Corte ha innanzitutto ribadito che va computato nell’orario di lavoro, con conseguente diritto alla retribuzione aggiuntiva, il tempo impiegato dal dipendente per la vestizione e la svestizione della divisa da lavoro ove tale operazione sia eterodiretta dal datore di lavoro. Nel rigettare le doglianze dell’azienda ricorrente, la Corte di Cassazione ha poi richiamato un proprio precedente relativo ad una fattispecie analoga (Cass., 26 gennaio 2016, n. 1352), anch’essa avente ad oggetto l’attività di assistenza presso una RSA, la quale, per sua natura, richiede che la divisa sia necessariamente indossata e tolta, per ragioni di igiene, presso il luogo di lavoro e non altrove. In questo caso, dunque, l’eterodirezione deriva dalla stessa funzione intrinseca degli indumenti.
Di maggiore interesse, trattandosi di questione affrontata soltanto sporadicamente dalla giurisprudenza, appare il tema, ad esso connesso, relativo alla computabilità, nell’orario di lavoro, del tempo impiegato per il passaggio di consegne ai lavoratori del turno successivo. In una fattispecie analoga a quella decisa dalla pronuncia in commento, avente ad oggetto l’attività infermieristica, la Corte di Cassazione aveva affermato che nel momento in cui il datore di lavoro impone al dipendente un passaggio di consegne fisico e personale in favore del collega, e non si accontenta soltanto di consegne scritte lasciate in favore del subentrante, esso deve senz’altro farsi carico anche dei costi necessari a compensare tale disponibilità aggiuntiva, in termini orari ma anche di attività, del lavoratore (Cass., 22 novembre 2017, n. 27799). Ivi si era ulteriormente specificato che, sempre con riferimento all’attività infermieristica, il cambio di consegne nel passaggio di turno, in quanto connesso, per le peculiarità del servizio sanitario, all’esigenza della presa in carico del paziente e ad assicurare a quest’ultimo la continuità terapeutica, è riferibile ai tempi di una diligente effettiva prestazione di lavoro, sicché va considerato, di per se stesso, meritevole di ricompensa economica, quale espressione della regola deontologica, avente dignità giuridica, della continuità assistenziale.
Nel richiamare il suddetto precedente, la Suprema Corte ha esteso i suddetti principi anche al caso di specie, nel quale i lavoratori erano impiegati presso una RSA gestita dalla azienda ricorrente, al riguardo ribadendo quanto già rilevato dai giudici di merito, secondo cui il cambio di consegne nel passaggio del turno era intrinsecamente connesso alle peculiarità del servizio di assistenza per anziani espletato dai suddetti lavoratori.
V’è peraltro da segnalare che, con una pronuncia di poco anteriore, la Corte di Cassazione aveva effettuato un’ulteriore distinzione, specificando che qualora il passaggio di consegne comporti un’effettiva prestazione di lavoro aggiuntivo “quantitativamente rilevante”, si configura un’attività di lavoro straordinario, da trattare e riconoscere come tale sia dal punto di vista normativo sia da quello retributivo; diversamente, nel caso in cui al dipendente venga richiesto soltanto un impegno minimo e marginale dopo il termine dell’orario ordinario di lavoro, tale operazione ben potrebbe essere compensata da una mera “indennità di disagio” in misura fissa (Cass., ordinanza 16 giugno 2023, n. 17326, in questa
Rivista, 15 Agosto 2023, con commento di Sabrina Grivet Fetà).
Appare dunque opportuno, anche alla luce di tali precisazioni, verificare altresì la disciplina collettiva di settore, ben potendo accadere che il tempo tuta e/o il tempo dedicato al passaggio di consegne trovino in essa una regolamentazione di carattere forfettario, anche al fine di prevenire eventuali contenziosi e relativi – spesso complessi – accertamenti. Ad esempio, il nuovo CCNL sanità pubblica, siglato lo scorso 2 novembre 2022, all’art. 43, c.12, ha previsto che, nell’ambito delle unità operative che garantiscono la continuità assistenziale sulle 24 ore, ove sia necessario un passaggio di consegne, al personale sanitario e sociosanitario sono riconosciuti fino ad un massimo di 15 minuti complessivi forfettari tra vestizione, svestizione e passaggi di consegne. Ove manchino le timbrature e la disciplina collettiva nulla disponga, la giurisprudenza di merito, al fine di superare le difficoltà di accertamento in ordine ai tempi necessari per tali operazioni, suole fare ricorso al criterio delle massime di comune esperienza
ex art. 115, c.2, c.p.c., normalmente quantificando tali operazioni in un tempo compreso tra i dieci e i venti minuti complessivi giornalieri (si segnalano,
ex multis, App. lav. Roma 3903/18; App. lav. Firenze 339/20, 317/20 e 1130/17; Trib. lav. Bari 2338/21; Trib. Lav. Firenze 174/22, 174/19, 599/18 e 664/18)
Matteo Vricella, dottore di ricerca e avvocato in Brescia
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Cass., ordinanza 31 agosto 2023, n. 25477
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La retribuzione del tempo dedicato alla vestizione ed al passaggio di consegne nelle attività di assistenza infermieristica sembra essere il primo su
Rivista Labor - Pacini Giuridica.