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La sentenza qui annotata (Cass., 22 novembre 2023, n. 32418) ridefinisce i confini dell’istituto della reperibilità del lavoratore e il trattamento economico applicabile (v., Cass, 23 maggio 2022, n. 16582 in Labor, 14 settembre 2022, con nota di LONETTI, Il turno di reperibilità può essere qualificato come orario di lavoro? Dopo la Corte di Giustizia anche la Cassazione dice sì: il dipendente reperibile è “a lavoro” se i vincoli imposti incidono sulla possibilità di gestire liberamente vita e interessi privati). Preliminarmente qualche definizione utile all’inquadramento dell’istituto. L’art. 2 della Direttiva 2003/88/CE definisce il «periodo di riposo» come «qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro» e l’«orario di lavoro» come «qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni». La reperibilità invece si configura come una prestazione qualitativamente diversa dalla prestazione lavorativa che obbliga il lavoratore alla pronta disponibilità di una eventuale prestazione di lavoro. A livello giurisprudenziale, il thema decidendum concerne la configurazione della reperibilità nelle contrapposte categorie «orario di lavoro» e «periodo di riposo» e il trattamento economico applicabile tra indennità di pernottamento o maggiorazione da lavoro straordinario. In particolare, nel caso di specie, la Corte d’Appello, territorialmente competente, conferma la sentenza del Tribunale e configura la reperibilità dei lavoratori, vigili del fuoco addetti ai servizi antincendio di una base militare, come «riposo intermedio» equamente remunerato con l’indennità di pernottamento. La Suprema Corte è stata investita della questione di nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 1 D.Lgs. n. 66/2003 nonché per erronea interpretazione della nozione di orario di lavoro così come recepita dalla giurisprudenza dell’Unione Europea (Sentenze Simap – 3 ottobre 2000, causa C- 303/98; Jaeger – 9 settembre 2003, causa C-151/02) secondo cui «la reperibilità come orario di lavoro nel caso in cui i vincoli imposti al lavoratore in regime di reperibilità comprimano significativamente la facoltà del medesimo lavoratore di gestire liberamente, nel corso dello stesso periodo, il proprio tempo libero» (causa C-344/19 – D.J. contro Radiotelevizija Slovenija e causa C-580/19 – R.J. contro Stadt Offenbach am Main del 9 marzo 2021). E, in conclusione, viene accolta la consolidata dicotomia tra orario di lavoro e periodo di riposo, comunque recepita dalla normativa nazionale, ma rigetta il ricorso per inesistenza di qualsiasi base giuridica, a fondamento del sillogismo, reperibilità e maggiorazione da lavoro straordinario, idonea a giustificare la conversione della percepita indennità di pernottamento in maggiorazione da lavoro straordinario. Le argomentazioni della Corte non possono prescindere per una esatta configurazione della  reperibilità, dall’obiettivo della direttiva 2003/88 «di fissare prescrizioni minime destinate a migliorare la tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro». Tra le variegate ipotesi di reperibilità riconducibili alla nozione di «orario di lavoro» la giurisprudenza comunitaria individua  la reperibilità nel luogo di lavoro «se un lavoratore è obbligato a essere presente e disponibile sul luogo di lavoro per prestare la sua opera professionale, e pertanto, in orario di lavoro, anche per il tempo in cui non svolge in concreto attività lavorativa» mentre esclude i periodi di reperibilità (continuativa)  in cui i lavoratori pur reperibili non sono obbligati ad essere presenti nel luogo di lavoro e dunque in cui il lavoratore può liberamente dedicarsi alla cura dei propri interessi personali e sociali. (Cass. n. 34125/2019, CGCE, 10 settembre 2015, causa C-266/14). Dunque criterio discretivo oggettivo tra le nozioni di «orario di lavoro» e di «periodo di riposo», riconducibile alle finalità della direttiva 2003/88/CE , è l’obbligo di presenza fisica nel luogo stabilito dal datore di lavoro ed il vincolo, geografico e temporale, tale da limitare in modo oggettivo la possibilità del lavoratore di dedicarsi alla cura dei propri interessi personali e sociali. In conclusione, le ore in reperibilità sono considerate «orario di lavoro», a prescindere dalla prestazione di lavoro realmente effettuate dal lavoratore, se il lavoratore, tenuto a permanere sul luogo di lavoro all’immediata disposizione del suo datore di lavoro, resta lontano dal suo ambiente familiare e sociale e beneficia di una minore libertà di gestire il tempo in cui non è richiesta la sua attività professionale. La direttiva 2003/88 non definisce il trattamento economico applicabile alla reperibilità e consente l’applicazione della normativa nazionale o il contratto collettivo di lavoro che qualifica in modo differente i periodi in cui sono effettuate prestazioni di lavoro e quelli durante i quali non è stato effettuato lavoro effettivo, anche quando tali i periodi devono essere considerati, nella loro integralità, come «orario di lavoro» ai fini della concreta applicazione della direttiva sopra menzionata. Pertanto, la Suprema Corte con la sentenza in commento non qualifica il periodo di reperibilità una categoria intermedia tra orario di lavoro e tempo di riposo bensì la inquadrata in tale dicotomia in base alle limitazioni cui il lavoratore è sottoposto in reperibilità nella cura dei propri interessi personali e sociali. La fattispecie in esame riconducibile nelle ipotesi di orario di lavoro, anche qualora non venga svolto alcun lavoro effettivo, ai fini retributivi, come da contratto collettivo applicabile, è remunerata con l’«indennità di pernottamento» anziché con la maggiorazione per lavoro straordinario, conformemente alla disciplina europea e nazionale in materia di orario di lavoro. Maria Aiello, primo tecnologo CNR, responsabile Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare, sede di Catanzaro Visualizza il documento: Cass., 22 novembre 2023, n. 32418 Scarica il commento in PDF L'articolo La dibattuta questione della reperibilità del lavoratore tra «orario di lavoro» e «periodo di riposo» sembra essere il primo su Rivista Labor - Pacini Giuridica.

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