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Tra le tematiche più ricorrenti nell’ambito del contenzioso lavoristico, vi è senz’altro quella della rivendicazione di un inquadramento contrattuale superiore (nel pubblico impiego, in una situazione particolarmente e3ndemoca, il c.d. mansionismo). Un lavoratore, dimessosi per giusta causa (rassegnate per la mancata corresponsione di tre mensilità di retribuzione) rivendicava, dinnanzi al Giudice del lavoro del Tribunale di Bari, oltre a queste, anche il riconoscimento delle mansioni superiori di cuoco unico e capo reparto catering corrispondenti al 3° livello del Ccnl del Turismo, con ogni relativa differenza retributiva ed indennità varie, nonché la liquidazione della retribuzione scaturente dalle maggiori ed effettive ore di lavoro svolte e non pagate, con ogni consequenziale diritto patrimoniale. Con un’articolata sentenza, la n. 3285/2023 del 23 novembre 2023, qui annotata, la domanda è stata accolta. Interessante la lunga premessa (il vero e proprio punctum decision) che la sentenza in commento fa con riguardo all’azione del lavoratore tesa ad ottenere giudizialmente l’inquadramento in una qualifica superiore a quella rivestita, sulla base dello svolgimento di mansioni superiori, ed il pagamento delle relative differenze retributive. Le “linee guida” della decisione del Tribunale barese sono quelle già tracciate dalla Corte di cassazione, ampiamente richiamata nei principi dalla medesima enunciati in fattispecie giuridiche analoghe a quella qui affrontata. In queste situazioni, infatti, il ricorrente ha l’onere di allegare e di provare gli elementi posti a base della domanda e, in particolare, è tenuto ad indicare esplicitamente quali siano i profili caratterizzanti le mansioni di detta qualifica, raffrontandoli altresì espressamente con quelli concernenti le mansioni che egli deduce di avere concretamente svolto (v., ex plurimis, Cass. n. 8025/2003) e a fornirne la prova. Tra l’altro, qualora un contratto collettivo preveda una medesima attività di base in distinte qualifiche, in scala crescente, a seconda che tale attività sia svolta in maniera elementare o in maniera più complessa, il fatto costitutivo della pretesa del lavoratore che richieda la qualifica superiore (il cui onere di allegazione e di prova incombe su di lui), non è solo lo svolgimento della suddetta attività di base, ma anche l’espletamento delle più complesse modalità di prestazione, alle quali la declaratoria contrattuale collega il superiore inquadramento (v. Cass. n. 12092/2004; 8225/2003; 11925/2003; n. 7453/2002; n. 12792/2003). In ragione di ciò il giudice di merito è chiamato a procedere con una penetrante ricognizione di tutto il contenuto delle mansioni svolte e all’esame delle declaratorie generali delle categorie di inquadramento coinvolte nella controversia e dei profili professionali pertinenti (v. Cass. 20692/2004; 16469/2007), atteso che nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato non si può prescindere da tre fasi successive, quali: a) accertamento in fatto delle attività lavorative concretamente svolte dal dipendente; b) individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria; c) raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda (v., ex multis, Cass. 26233/2008; Cass. 5128/2007; Cass. 3069/2005 e, in senso conforme, anche Cass. 20284/2009; Cass. 20272/2010; Cass. n. 24360/2014). Va ovviamente da sé che l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa non può che spettare al lavoratore che rivendichi il trattamento economico più vantaggioso, così come chiarito dalla Suprema Corte, secondo la quale: “Non diversamente che per l’impiego privato, dunque, il procedimento logico – giuridico da adottarsi deve seguire “tre fasi successive, e cioè, dall’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dall’individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda” (v. Cass., n. 26233/2008; Cass. n. 26234/2008; Cass. n. 25246/2015, ma anche Cons. Stato, sez. V, n. 3969/2014; Cons. Stato, Sez. V, n. 2130/2007; Cons. Stato, Sez.VI, n. 1734/2003). Più recentemente (v. Cass., ord. n. 8158/2020), è stato precisato che “Il procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato si sviluppa in tre fasi successive, consistenti nell’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, nell’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto dei risultati delle due indagini ed individuare la categoria in cui deve essere inquadrato il lavoratore in base alle mansioni svolte (ex plurimis, Cass. 9414/2018; Cass. 17163/2016; Cass. 8589/2015; Cass., ord. 24360/14; Cass. 20272/10; Cass. 20284/09; Cass. 26233/08; Cass. 5128/07; Cass. 3069/05).” Sempre la Corte regolatrice ha poi ulteriormente chiarito che “lo svolgimento di fatto di mansioni proprie di una qualifica – anche non immediatamente -superiore a quella di inquadramento formale comporta, in forza del disposto dell’art. 52, comma 5, d.lgs. del 30 marzo 2001, n. 165, il diritto alla retribuzione propria di detta qualifica superiore ove i compiti svolti siano stati svolti in modo prevalente, sotto il profilo  qualitativo, quantitativo e temporale e, dunque ove le mansioni superiori assegnate siano state svolte, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza, e sempre che, in relazione all’attività spiegata, siano stati esercitati i poteri ed assunte le responsabilità correlate a dette superiori mansioni (Cass. SSUU 25837/2007; Cass. 9646/2019, 30811/2018, 27887/2009);… questa Corte ha da tempo affermato che il procedimento logico giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato si sviluppa in tre fasi successive, consistenti nell’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, nell’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e nel raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda (cfr. fra le tante Cass. 26593/2018, 10961/2018, 8142/2018, 21329/2017, 18943/2016, 6174/2016, 8589/2015, 11037/2006).” (Cass., sent. n. 305802019). Ad avviso ella sentenza in commento, è parimenti condivisibile anche l’affermazione di merito secondo cui “Condizione essenziale ai fini dell’accesso alla qualifica superiore è che sia dimostrato che l’assegnazione alle più elevate mansioni sia stata piena, nel senso che abbia comportato l’assunzione della responsabilità diretta e l’esercizio dell’autonomia e della iniziativa proprie della corrispondente qualifica rivendicata, coerentemente con le mansioni contrattualmente previste in via esemplificativa nelle declaratorie dei singoli inquadramenti, cui vanno poi raffrontate le funzioni in concreto espletate dal lavoratore interessato” (v. Tribunale Firenze, Sez. lavoro, sent., n. 630/2016). Volendo quindi fare una estrema sintesi di quanto sopra, non solo il lavoratore deve aver svolto in concreto le mansioni ricomprese nel livello rivendicato, ma anche che un tale svolgimento deve anche essere stato “pieno”, ovverosia tale da comportare un grado di responsabilità e autonomia a carico del lavoratore compatibile con la qualifica superiore. Essendo emerso dalle risultanze istruttorie che il lavoratore ricorrente aveva svolto le mansioni rientranti nel superiore livello contrattuale rivendicato, la relativa domanda è stata pienamente accolta, unitamente alla domanda concernente il pagamento degli straordinari, pretesa quest’ultima parimenti confermata dall’espletata istruttoria. Un’ultima annotazione, di natura processualistica. Nel procedimento in esame il legale rappresentante della società datrice di lavoro non è comparso senza giustificato motivo per rendere l’interrogatorio formale deferitogli. Ad avviso del Tribunale, seppur sia vero che l’art. 232, co. 1, c.p.c. non ricollega alla mancata presentazione ingiustificata i medesimi effetti di una confessione, tale disposizione conferisce comunque al giudice la facoltà di ritenere come ammessi i fatti dedotti, imponendogli, al contempo, di valutare ogni altro elemento di prova e, in generale, di considerare la circostanza alla luce del complessivo quadro probatorio emergente dagli atti (v. Cass. n. 6181/2009; Cass. n. 3258/2007; Cass. n. 9254/2006). Luigi Pelliccia, avvocato in Siena e professore a contratto di diritto della sicurezza sociale nell’Università degli Studi di Siena Visualizza il documento: Trib. Bari, 23 novembre 2023, n. 3285 Scarica il commento in PDF L'articolo Per il lavoratore che richieda la qualifica superiore non è sufficiente il solo svolgimento dell’attività di base, ma anche l’espletamento delle più complesse modalità di prestazione, alle quali la declaratoria contrattuale collega il superiore inquadramento sembra essere il primo su Rivista Labor - Pacini Giuridica.

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