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lassoluzione-penale-per-il-fatto-oggetto-della-contestazione-disciplinare-costituisce-prova-atipica-per-il-giudice-ai-fini-della-giusta-causa-del-licenziamento
L’Agenzia delle Entrate ha irrogato la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per dieci giorni a due suoi dipendenti, originariamente dipendenti dell’Agenzia del Territorio, transitati, a decorrere dal 1 dicembre 2022, nell’organico dell’Agenzia delle Entrate ex lege n. 135/2012 di conversione del d.l. n. 95/2012, che si erano arbitrariamente allontanati, in data 24 luglio 2013 (quindi dopo che si era verificata la successione dell’Agenzia delle Entrate a quella del Territorio), dal luogo di lavoro, per mezz’ora, per recarsi, in un altro edificio limitrofo della stessa Agenzia delle Entrate, per acquistare, presso un distributore automatico, alcune bibite. Il Tribunale del Lavoro ha rigettato i ricorsi, proposti dai due dipendenti, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, per l’annullamento della sanzione disciplinare. Successivamente, la Corte d’Appello di Cagliari, ritenendo che, per una assenza di soli trenta minuti, non  fosse proporzionata la sanzione irrogata, l’ha ridotta in cinque giorni di sospensione: la Corte distrettuale ha ritenuto provata la condotta addebitata agli appellanti, che erano stati, invano, cercati in tutti gli ambienti della sede di assegnazione dal Direttore e da altro collega, e ha escluso che le ragioni addotte dagli incolpati(elevata temperatura e mancato funzionamento dell’impianto di condizionamento)giustificassero l’abbandono del posto di lavoro e l’omessa timbratura al momento dell’uscita dall’ufficio. I dipendenti dell’Agenzia delle Entrate in questione hanno, poi, proposto ricorso, innanzi alla Corte Suprema di Cassazione, sostenendo, tra l’altro, che non poteva essere configurato, nella fattispecie, un abbandono del posto di lavoro, perché i due edifici facevano parte di un unico complesso immobiliare e, pertanto,  si erano limitati semplicemente a spostarsi all’interno dei locali, costituenti tutti luogo di lavoro, e non si erano allontanati dallo stesso; inoltre i ricorrenti evidenziavano che la Corte territoriale aveva del tutto omesso di valutare l’elemento soggettivo che deve accompagnare l’illecito disciplinare. Con ordinanza n. 36119 del 28 dicembre 2023, che qui si annota, la Sezione Lavoro della Cassazione, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata: il Collegio ha ritenuto  che la Corte territoriale aveva erroneamente ipotizzato l’abbandono del posto di lavoro, che non coincide con il mero allontanamento e può essere ravvisato solo in presenza di elementi dai quali si possa desumere una particolare intensità dell’inadempimento, e che nell’esercitare il potere di cui all’art. 63, comma 2 bis, del d.lgs. n. 165/2001, inserito dal d.lgs. n. 75/2017, che consente, come è noto, ora al giudice la derubricazione-conversione della sanzione, non aveva dato conto delle ragioni per le quali la sanzione adeguata alla gravità dell’illecito doveva essere quella prevista dall’art. 67, comma 3, del CCNL del 2004  per il personale del comparto delle Agenzie fiscali, sia pure non nella misura massima applicata dall’amministrazione, bensì in quella intermedia. Secondo i giudici di legittimità, i fatti che hanno dato luogo all’irrogazione delle sanzioni si sono verificati successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n.150 del 2009, con il quale il legislatore ha previsto all’art. 55 quater, il licenziamento disciplinare per la falsa attestazione della presenza in servizio: la norma, si legge nell’ordinanza de qua, è stata interpretata dalla Corte di Cassazione nel senso di ricomprendere anche l’allontanamento dal posto di lavoro, non accompagnata dalla necessaria timbratura ed è stato altresì chiarito che la disciplina legale si impone su quella contrattuale, che, quindi, non può essere più invocata, ove in contrasto con la norma inderogabile di legge; ne discende, per la Cassazione, che correttamente gli atti sono stati trasmessi all’UPD, a fronte di una condotta astrattamente passibile di sanzione espulsiva, sulla base della previsione di legge, poiché in tema di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, al fine di stabilire la competenza dell’organo deputato a iniziare, svolgere e concludere il procedimento, occorre avere riguardo al massimo della sanzione disciplinare come stabilita in astratto, in relazione alla fattispecie legale, normativa o contrattuale che viene in rilievo, essendo necessario, in base ai principi di legalità e del giusto procedimento, che la competenza sia determinata in modo certo, anteriore al caso concreto ed oggettivo, prescindendo dal singolo procedimento disciplinare. Per gli Ermellini, la tipizzazione degli illeciti disciplinari astrattamente sanzionabili con il licenziamento, operata dal legislatore con il d.lgs. n. 150 del 2009, ha comportato, quanto ai codici disciplinari contenuti nei contratti collettivi già sottoscritti alla data di entrata in vigore della nuova normativa, gli effetti previsti dall’art. 55, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, come riformulato dal cosiddetto “decreto Brunetta”, e l’automatica sostituzione delle previsioni difformi dei contratti medesimi qualora, per i fatti tipizzati dal nuovo art. 55 quater, avessero previsto sanzioni conservative, non espulsive. Nella ordinanza che qui si commenta, ci viene ricordato che la Suprema Corte ha anche affermato, ed il principio ha trovato, con la sentenza n. 123/2020, l’avallo della Corte Costituzionale, che la previsione normativa, da interpretare alla luce del divieto di automatismi espulsivi, non esonera dalla valutazione, in primo luogo, della rilevanza disciplinare della condotta, che può essere affermata solo qualora l’elemento oggettivo sia sorretto da quello soggettivo, ossia dalla coscienza e volontà di tenere il comportamento in contrasto con i doveri di ufficio, e, successivamente, della proporzionalità della sanzione medesima rispetto all’illecito, che, parimenti, richiede di tener conto di tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, caratterizzanti la condotta addebitata. Dionisio Serra, cultore di diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” Visualizza il documento: Cass., ordinanza 28 dicembre 2023, n. 36119 Scarica il commento in PDF L'articolo Pubblico impiego: sanzione disciplinare per abbandono del posto di lavoro sembra essere il primo su Rivista Labor - Pacini Giuridica.

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