Con ordinanza n. 1157 dell’11 gennaio 2024, la Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione ha affermato che l’estinzione del rapporto di lavoro in corso di causa non determina il venir meno dell’interesse ad agire del lavoratore che abbia chiesto l’accertamento della illegittimità dei provvedimenti datoriali che incidono sulla sede di lavoro o sulle mansioni svolte, allorquando il ricorrente, sin dal ricorso introduttivo, abbia fatto espressa riserva di agire per il risarcimento dei danni derivati dall’inadempimento del datore di lavoro, in quanto l’accertamento di tale inadempimento viene a costituire la premessa logica e giuridica delle pretese risarcitorie, determinando il permanere dell’interesse ad ottenere la pronunzia giurisdizionale.
Veniamo alla vicenda che ha consentito alla Cassazione di ribadire tale importante principio.
Un dirigente medico dell’ASL di Imperia aveva adito il Tribunale, impugnando l’ordine di servizio, con cui era modificata la sua originaria sede di servizio e le sue originarie mansioni (comprendenti attività chirurgica): il Tribunale, acquisita una missiva con la quale il ricorrente aveva rassegnato le dimissioni per giusta causa, aveva dichiarato la domanda inammissibile: il Tribunale aveva, infatti, ritenuto che, per effetto delle dimissioni, fosse sopravvenuto un difetto di interesse ad agire del ricorrente, non potendo la pronuncia da quest’ultimo invocata produrre alcun effetto utile.
Successivamente, la Corte d’appello di Genova aveva accolto l’appello proposto dal dirigente medico avverso la sentenza del Tribunale, dichiarando l’illegittimità dell’ordine di servizio: la Corte territoriale aveva, innanzitutto, ritenuto che fosse, nella fattispecie, ancora ravvisabile un interesse concreto ed attuale del dirigente medico ad ottenere l’emissione di una sentenza dichiarativa dell’illegittimità dell’ordine di servizio, atteso che lo stesso non si era limitato a chiedere l’accertamento dell’illegittimità dell’assegnazione disposta dalla datrice di lavoro con l’ordine di servizio oggetto di impugnazione, ma si era, altresì, riservato di proporre un’azione risarcitoria volta ad ottenere il ristoro dei danni subiti a seguito dell’illegittima assegnazione; esaminando il merito, la Corte d’appello era giunta, inoltre, alla conclusione che l’ordine di servizio oggetto di impugnazione era da ritenersi illegittimo, poiché la sede di destinazione costituisce uno degli elementi del contratto individuale di lavoro, che non ammette né la modifica unilaterale da parte del datore né la previsione di clausole peggiorative o derogatorie nell’ambito del contratto individuale, e poiché, nel caso di specie, l’Azienda poteva, per esigenze di servizio, utilizzare lo strumento della mobilità interna, che soggiace a due limiti, ossia il carattere provvisorio dell’assegnazione in caso di mancanza dell’assenso dell’interessato ed il rispetto del principio di rotazione tra tutti i dirigenti.
Per la cassazione della decisione della Corte genovese proponeva, quindi, ricorso l’ASL. , sostenendo che il dirigente medico aveva unicamente chiesto l’annullamento dell’ordine di servizio che disponeva il suo trasferimento senza formulare, cosa non rispondente al vero, come vedremo, alcuna pretesa risarcitoria, con la conseguenza che, intervenute le dimissioni, il ricorso avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, e che era consentito, alla luce di previsioni normative e di contrattazione collettiva, richiamate, nel perseguimento dei compiti istituzionali, l’assegnazione dei dipendenti pubblici ad una qualsiasi delle mansioni dell’area di inquadramento considerate equivalenti secondo le necessità dell’Amministrazione.
Il ricorso viene rigettato dalla Cassazione.
La Cassazione premette, innanzitutto, che è stato recentemente ribadito che, in tema di dequalificazione professionale, ove il lavoratore richieda l’accertamento della illegittimità della destinazione ad altre mansioni e del diritto alla conservazione di quelle in precedenza svolte, costituendo il suddetto accertamento la premessa logica e giuridica per ulteriori domande di tipo risarcitorio, l’interesse ad ottenere la pronunzia permane anche dopo l’estinzione del rapporto di lavoro, incidendo quest’ultimo evento soltanto sull’eventuale domanda di condanna alla reintegrazione nelle mansioni svolte in precedenza ma non sul diritto all’accertamento che tale obbligo sussisteva fino alla cessazione del rapporto, escludendo, quindi, la correttezza di una statuizione di sopravvenuto difetto di interesse ad agire in una ipotesi in cui il lavoratore ricorrente, sin dal ricorso introduttivo, aveva fatto espressa riserva di proporre azione per il risarcimento del danno da demansionamento (Cass., ordinanza n. 4410 del 10 febbraio 2022).
Fatta questa premessa, la Cassazione osserva, poi, che, come evidenziato dalla decisione della Corte genovese e non contestato dalla ricorrente, il dirigente medico aveva, nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, formulato espressa riserva di agire per il risarcimento di tutti i danni che assumeva di avere subito per effetto del mutamento di sede lavorativa; correttamente, quindi, per il Collegio, la Corte d’appello aveva ritenuto che tale riserva valesse a rendere persistente l’interesse del ricorrente a conseguire l’accertamento della illegittimità del provvedimento datoriale anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
Ad avviso dei giudici di legittimità, inoltre, il richiamo della ricorrente ad una cospicua mole di previsioni normative e di contrattazione collettiva, così come l’invocazione del principio di flessibilità nella gestione delle risorse, non valgono, invero, ad obliterare la constatazione che il motivo di ricorso viene nel concreto a sindacare l’accertamento in fatto svolto dal giudice di merito, nel momento in cui quest’ultimo ha concluso che il provvedimento nei confronti del dirigente medico era stato adottato in assenza dei presupposti della mobilità d’urgenza.
Dionisio Serra, cultore di diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
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Cass., ordinanza 11 gennaio 2024, n. 1157
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Estinzione del rapporto di lavoro pubblico: quando sussiste l’interesse ad ottenere una pronunzia giurisdizionale? sembra essere il primo su
Rivista Labor - Pacini Giuridica.