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La Corte di Cassazione, Quarta Sezione Penale, con la sentenza in commento (n. 46855/2023, pronunciata all’udienza del giorno 17 ottobre 2023 e pubblicata il 22 novembre 2023) ribadisce il consolidato principio di diritto in base al quale il ricorso in Cassazione non è ammissibile laddove la censura riproponga la stessa doglianza dedotta nel giudizio di appello e motivatamente respinta, e il ricorrente si limiti, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione. La pronuncia rileva inoltre per i fatti che, pur non potendo essere affrontati dal giudice di legittimità, sono sottesi alla censura, relativi alla figura del preposto e ai presupposti per la configurabilità della sua responsabilità penale in caso di infortunio occorso sul luogo di lavoro. Nel caso in specie il ricorrente era stato ritenuto, nella qualità di preposto con funzioni di capocantiere, colpevole della morte di un lavoratore sul luogo di lavoro, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché per violazione di norme poste a tutela della sicurezza sul lavoro di cui al d.lgs. n.81/2008. In sintesi, l’imputato non aveva adeguatamente vigilato sull’utilizzo di presidi di sicurezza contro la caduta dall’alto, sia di tipo collettivo (ponteggi, reti di sicurezza, tavole) che individuali (linea vita, cinture di sicurezza), la cui carenza è risultata fatale. Il ricorrente aveva impugnato la sentenza di condanna, in sede di appello, lamentando la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla prova dell’avvenuto suo svolgimento delle mansioni di preposto e di capocantiere, eccependo di non aver mai sottoscritto il piano operativo di sicurezza, ritenendo inoltre di non poter essere considerato come preposto anche in ragione della propria preparazione scolastica (diploma) e del suo inquadramento all’interno della ditta. La stessa censura è stata riproposta in Cassazione. La Suprema Corte afferma, sulla base del principio di diritto prima esposto, l’inammissibilità del motivo di ricorso, finalizzato unicamente ad operare una rilettura in fatto delle emergenze probatorie acquisite, e ritiene, pur non  potendo affrontare nuovamente la questione nel merito e non potendo sovrapporre la propria valutazione a quella della Corte d’Appello, che quest’ultima abbia adeguatamente rappresentato le ragioni alla base dell’affermazione della responsabilità penale in capo al ricorrente. La pronuncia della Corte d’Appello è infatti coerente con la giurisprudenza consolidata sul tema. Il preposto è la persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa. Il soggetto che riveste tale posizione è dunque titolare di una posizione di garanzia.  Tale posizione, tuttavia, non richiede necessariamente una formale investitura, in quanto il conferimento della qualifica di preposto deve essere attribuita, più che in base a formali qualificazioni giuridiche, con riferimento alle mansioni effettivamente svolte nell’impresa. Pertanto, contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, la qualifica di preposto non necessita di essere dimostrata attraverso prove documentali attestanti la formale investitura o il possesso di una particolare formazione, ben potendo essere desunta da circostanze di fatto. Ciò che rileva è che il soggetto abbia assunto una posizione di preminenza rispetto agli altri lavoratori, così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, e che dunque abbia effettiva titolarità del potere di gestione della fonte di pericolo. Francesca Ghiani, dottore di ricerca e ispettore del lavoro Visualizza il documento: Cass. pen., sez. IVª, 22 novembre 2023, n. 46855 Scarica il commento in PDF L'articolo La posizione di garanzia in capo al preposto e l’irrilevanza dell’investitura formale sembra essere il primo su Rivista Labor - Pacini Giuridica.

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