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La-Cassazione-sul-licenziamento-del-lavoratore-disabile
Con l’ordinanza del 19 aprile 2024 n. 10640, qui segnalata, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo cui «il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia od infortunio del lavoratore» (id est eccessiva morbilità) soggiace alla disciplina prevista dall’art. 2110 c.c. e non a quella del licenziamento per giustificato motivo oggettivo conseguente ad un «difetto di intensità della prestazione individuabile come “scarso rendimento”». La vicenda trae origine da un licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimato nei confronti di un lavoratore assentatosi dal lavoro per brevi ma ripetuti periodi di malattia pari a complessivi 123 giorni. Tali assenze, nettamente superiori rispetto alla media di assenze del personale appartenente alla medesima categoria, avevano inciso fortemente e negativamente sull’organizzazione e sulla produzione aziendale. Il licenziamento veniva impugnato e con ordinanza del Tribunale di Civitavecchia del 9 maggio 2018, confermata in sede di opposizione e di reclamo innanzi alla Corte di Appello di Roma (Sent. 22 giugno 2021, n. 2627), veniva accertata la nullità del licenziamento perché comunicato prima del superamento del periodo di comporto e la Società veniva condannata alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. Il datore di lavoro, quindi, impugnava la menzionata pronuncia della Corte d’Appello ritenendo che i giudici romani avessero erroneamente applicato l’art. 2110 c.c. e non la disciplina ed i principi propri del licenziamento per giustificato motivo oggettivo conseguente ad una eccessiva morbilità del lavoratore che, nel caso di specie, secondo la prospettazione datoriale, aveva causato «scompensi organizzativi» con problematiche afferenti ai «livelli di produzione […] con effetti diretti e negativi sull’organizzazione dell’attività, sul dimensionamento dell’organico e sull’erogazione del servizio». La Corte di Cassazione, tuttavia, con la pronuncia in commento, rigettava le censure del datore di lavoro perché trovavano fondamento su una erronea e non condivisa tesi «eminentemente dottrinale» (Gragnoli, Il licenziamento per scarso rendimento e il giustificato motivo oggettivo, nota a Cass. 12 agosto 2014, n. 17901, in LG, 1, 2015, p. 40-47 e Ichino, Sullo scarso rendimento quale fattispecie anfibia, suscettibile di costituire al tempo stesso giustificato motivo oggettivo e soggettivo di licenziamento, nota a Cass. 5 marzo 2003, n. 3250, in RIDL, II, 2003, p. 689-697) secondo cui «il difetto di prestazione» dovuto anche ad una condizione di eccessiva morbilità dovrebbe essere ricollegabile ad uno scarso rendimento e quindi qualificato «non solo come notevole inadempimento ma anche come giustificato motivo oggettivo di licenziamento» (Cass. 4 settembre 2014, n. 18678). Volendo discostarsi dall’orientamento sopra indicato, la Corte di Cassazione ha posto quindi la sua attenzione sui diversi concetti di scarso rendimento e di recesso datoriale dovuto ad una «condotta del lavoratore» od a ragioni organizzative. A tal proposito, i Giudici di legittimità hanno anzitutto affermato che il licenziamento per scarso rendimento si verifica solo in caso di «notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore», per tale intendendosi uno scostamento del lavoratore dalla diligenza e professionalità medie richieste per lo svolgimento della prestazione lavorativa. Sulla scorta di tale precisazione, la Suprema Corte poi distingue le fattispecie in cui, con il licenziamento, «si addebitano forme di inadempimento […] ascrivibili alla sfera volitiva del dipendente dando luogo al licenziamento cd. ontologicamente disciplinare» da quelle che si riferiscono «alle ragioni organizzative dell’impresa, che possono anche ravvisarsi in condizioni attinenti la persona del lavoratore» ma pur sempre estranee alla sfera volitiva di quest’ultimo (Cass. 10 giugno 2015, n. 12072). Dalle ipotesi di licenziamento sopra descritte, la Corte di Cassazione distingue nettamente il recesso del datore di lavoro determinato da assenze per malattia del lavoratore (cd. eccessiva morbilità) che soggiace, invece, alla disciplina ad hoc dell’art. 2110 c.c. prevalente, in virtù del principio di specialità, «sia sulla disciplina generale della risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità parziale della prestazione lavorativa, sia sulla disciplina limitativa dei licenziamenti individuali». L’articolo 2110 c.c., come affermato anche nella sentenza di appello oggetto di impugnazione, costituisce norma imperativa a tutela della salute garantita dall’art. 32 Cost., con la quale il legislatore ha voluto «impedire al datore di lavoro di porre fine unilateralmente al rapporto sino al superamento del limite di tollerabilità dell’assenza (cd. comporto) predeterminato dalla legge, dalle parti o, in via equitativa dal giudice, nonché nel considerare qual superamento unica condizione di legittimità del recesso». Da ciò ne consegue che, a fronte dell’applicazione dell’art. 2110 c.c., il datore di lavoro, a fronte di una eccessiva morbilità del lavoratore, «non può recedere dal rapporto prima del superamento del limite di tollerabilità dell’assenza» e che quindi «lo scarso rendimento e l’eventuale disservizio aziendale, determinato dalle assenze per malattia del lavoratore non possono legittimare, prima del superamento del periodo massimo di comporto, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo» pena la nullità del recesso datoriale. Si richiamano, su queste problematiche, anche per gi ulteriori riferimenti: Cass. Sez. un. 22 maggio 2018, n. 12568; Cass. 16 settembre 2022 n. 27334; Cass., 27 aprile 2023, n. 11174, quest’ultima in Labor, 11 giugno 2023, con nota di GRIVET FETA’, Eccessiva morbilità e scarso rendimento: la Suprema Corte separa nettamente le motivazioni oggettive e soggettive di licenziamento e, sempre in Labor, 6 agosto 2023, con nota di RONDINA, La malattia, in tema di licenziamento, rileva soltanto in relazione all’art. 2110 c.c. e non può integrare in alcun modo scarso rendimento ai fini dell’art. 3 L. 604 del 1966; e ancora Cass. 13 giugno 2023, n. 16719, in Labor, 17 agosto 2023 con nota di GRIVET FETA’, La rilevanza dell’assenza per malattia come motivo di licenziamento: nessuna possibile considerazione al di fuori dell’istituto del periodo di comporto.   Marika Spalla, avvocato in Milano. Visualizza il documento: Cass., ordinanza 19 aprile 2024, n. 10640 Scarica il commento in PDF L'articolo Eccessiva morbilità e scarso rendimento: un binomio impossibile? sembra essere il primo su Rivista Labor - Pacini Giuridica.

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