Esecuzione di legato e accettazione di eredità
Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 11389 del 29/04/2024
Successioni “mortis causa” -Accettazione dell’eredità – Accettazione tacita dell’eredità – Condizioni – Adempimento di legato con denaro proprio del chiamato all’eredità o di un terzo – Irrilevanza – Fondamento.
Massima: “Per aversi accettazione tacita di eredità, non basta che un atto sia compiuto dal chiamato con l’implicita volontà di accettare, ma è necessario che si tratti di atto che egli non avrebbe diritto di fare, se non nella qualità di erede, cosicché è irrilevante l’esecuzione di un legato ad opera del chiamato, con denaro proprio o di un terzo, perché, come i debiti ereditari, anche i legati possono essere adempiuti direttamente da terzi, senza alcun esercizio di diritti successori”.
Disposizioni applicate
Articoli 475, 476, 521, 1180 e 2697 cod. civ.
[1] Venuto a mancare Tizio, la sua successione era regolata da un testamento nel quale, dopo aver nominato propria erede universale la figlia Tizia, veniva, tra l’altro, disposto un legato di somma di denaro a favore di Caia, in riconoscenza e gratitudine dell’assistenza e dei servizi che quest’ultima aveva prestato al de cuius e sua moglie.
Caia conveniva, dunque, in giudizio Tizia esponendo che aveva richiesto all’erede la somma oggetto di legato, ma che la convenuta aveva eccepito di aver rinunciato all’eredità; che tale rinuncia doveva ritenersi inefficace, poiché Tizia aveva compiuto atti di accettazione tacita, avendo versato in favore della propria madre una somma di denaro in esecuzione delle disposizioni testamentarie e avendo corrisposto all’attrice, tramite un bonifico materialmente inviato dal proprio coniuge, un importo a titolo di “acconto per conto di Tizia”. Conseguentemente, domandava che venisse accertata e dichiarata la qualità di erede di Tizia, previo accertamento dell’inefficacia della rinuncia di eredità effettuata, e che venisse condannata al pagamento della somma dovuta, oltre interessi, con vittoria di spese legali.
Tizia eccepiva che la somma versata alla propria madre non proveniva dal patrimonio ereditario del de cuius e che il versamento a favore di Caia proveniva pacificamente da un terzo e non integrava un atto di accettazione tacita di eredità.
Il Tribunale accoglieva tutte le domande dell’attrice e la Corte d’appello confermava integralmente la pronuncia di primo grado, osservando: a) che il testatore, nel prevedere genericamente il pagamento di una somma di denaro a favore di Caia aveva inteso attribuire tale importo a prescindere dalla presenza nell’asse della somma legata, al momento dell’apertura della successione; b) che l’intento di liberalità che aveva animato il testatore non era in contrasto con la configurabilità di un legato di genere, con obbligo dell’erede di onorarlo; c) che Tizia aveva compiuto una serie di atti che presupponevano la volontà di accettare e che non avrebbe avuto interesse e diritto di compiere se non nella qualità di erede, consistenti nel bonifico a favore della madre che, in ragione dell’entità della somma e della relativa causale – corrispondente a quella indicata dal testatore – doveva ritenersi attuazione del legato da parte dell’erede e non già un adempimento spontaneo delle volontà paterne, e soprattutto, nel secondo pagamento, effettuato dal marito di Tizia, con la causale “acconto su € ……… per conto di Tizia”; d) che tanto era comprovato dall’assoluta mancanza di un interesse del coniuge della convenuta ad effettuare il pagamento, dall’assenza di ogni documento o comunicazione, precedente all’instaurazione del giudizio, atta a sconfessare tempestivamente l’operato del solvens ed, infine, dal chiaro riferimento contenuto nella causale al saldo, che, secondo la prospettazione dell’appellata, avrebbe costituito la controproposta dell’erede, rispetto al pagamento del maggiore importo dovuto in base al testamento; e) che anche la proposizione delle ulteriori domande di riduzione delle disposizioni lesive e di rimborso delle spese funerarie, sebbene proposte da Tizia solo in via condizionata, integrava un’accettazione tacita dell’eredità.
[2] Avverso la sentenza d’appello, Tizia ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato come la Corte territoriale sia incorsa in errore ritenendo che il pagamento effettuato da suo marito, integrasse un’attività procuratoria posta in essere nell’interesse della chiamata alla successione.
Si è obiettato in ricorso che, in difetto della spendita del nome della convenuta, l’assenza di interesse personale del solvens non aveva connotato in modo univoco l’attività del procuratore, essendo l’adempimento compatibile con la gestione di affari altrui, mancando elementi presuntivi univoci e gravi per ritenere che la ricorrente avesse rilasciato una procura, unico atto che avrebbe consentito di ravvisare nel pagamento un atto di accettazione tacita di eredità. Con il secondo motivo contestava l’avere la Corte distrettuale desunto l’accettazione tacita dell’eredità dal versamento effettuato dalla ricorrente in favore della madre, così assumendo erroneamente che ogni pagamento di un debito ereditario dia luogo all’accettazione tacita dell’eredità. Assumeva la difesa di Tizia, sul punto, che il pagamento del legato era avvenuto con denaro non proveniente dall’asse, configurandosi un adempimento spontaneo della volontà del de cuius, e che nessun rilievo poteva assumere l’esperimento solo in via subordinata dell’azione di riduzione e di pagamento delle spese funerarie.
La Corte di Cassazione ha esaminato congiuntamente i due motivi, ritenendoli fondati.
Gli Ermellini hanno, infatti, ritenuto non condivisibili le motivazioni con cui la Corte di appello ha ritenuto perfezionata un’accettazione tacita.
In particolare, nell’analizzare le due operazioni dalle quali il giudice di secondo grado ha desunto l’accettazione di eredità, la Suprema Corte ha evidenziato come la prima di esse, ovvero il bonifico a favore della madre di Tizia, dovesse essere esaminata alla luce del contenuto della scheda testamentario: in essa, il testatore aveva precisato che il legato dovesse essere onorato mediante l’impiego del ricavato della vendita di un bene immobile dell’asse, dovendo pertanto “qualificarsi come legato di specie in relazione alla percezione di quei determinati importi, essendo evidente l’intenzione del “de cuius” di considerare il denaro come espressione della monetizzazione del proprio patrimonio immobiliare”.
Relativamente al secondo bonifico, eseguito dal marito quale “acconto per conto di Tizia”, rientrando esso nella categoria del legato di cosa genericamente determinata, “un eventuale adempimento da parte del chiamato alla successione non poteva comportare automaticamente l’accettazione tacita dell’eredità. È noto che l’accettazione deve intendersi avvenuta tacitamente quando il chiamato compie un atto che presuppone necessariamente la volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella sua qualità di erede e di dominus dei beni ereditari (c.d. pro herede gestio). Per aversi accettazione tacita di eredità non basta che il chiamato all’eredità abbia agito con l’implicita volontà di accettarla, ma è altresì necessario che si tratti di atto che egli non avrebbe diritto di porre in essere se non nella qualità di erede, occorrendo la necessaria sussistenza di entrambe le descritte condizioni”.
[3] La Sentenza in commento, in sostanza, estende alle ipotesi di esecuzione di un legato avente ad oggetto una somma di denaro i principi, da ritenersi pacifici nella giurisprudenza di legittimità, applicabili per il caso di pagamento di un debito ereditario da parte del chiamato all’eredità.[1]
La Cassazione ribadisce, dunque, come debbano sussistere, in via cumulativa, due presupposti affinché possa rinvenirsi un’ipotesi di accettazione tacita:
- il compimento di un atto con l’implicita volontà di accettare l’eredità
- che l’atto posto in essere, il soggetto non avrebbe avuto diritto di compierlo se non nella qualità di erede.
Pertanto, può ritenersi configurare accettazione tacita solo un eventuale pagamento effettuato con denaro facente parte dell’eredità; e ciò poiché necessariamente l’utilizzo di liquidità riferibile al de cuius rappresenta un atto che si ha diritto di porre in essere solo qualora si sia eredi.[2]
Diversamente è a dirsi per il caso di adempimento effettuato con denaro proprio del chiamato all’eredità o di un terzo. Come anche efficacemente chiarito dalla Suprema Corte in altra occasione “nel caso in cui il chiamato adempia al debito ereditario con denaro proprio, quest’ultimo non può ritenersi per ciò stesso che abbia accettato l’eredità, ciò in quanto la norma che legittima qualsiasi terzo all’adempimento del debito altrui – articolo 1180 cod. civ. – esclude che si tratti di un atto che il chiamato non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede”. [3]
[4] La Suprema Corte aggiorna oggi il proprio orientamento, assumendo che debba pervenirsi alle medesime conclusioni anche riguardo all’esecuzione di un legato, “nel senso che il suo adempimento da parte del chiamato non integra necessariamente un atto di accettazione tacita, non ravvisandosi ostacoli per ritenere che anche una disposizione mortis causa a titolo particolare possa, per le più svariate ragioni, essere adempiute da un terzo, al pari dei debiti ereditari”.
Nel caso di specie, in particolare, il giudice di legittimità ha ritenuto che non fossero decisivi, per potersi ravvisare un’accettazione tacita, né che si trattasse di legato di genere, né il fatto che nell’asse ereditario non vi fosse denaro sufficiente a soddisfare i legati. Anzi, proprio l’eventuale presenza di liquidità nel patrimonio ereditario ed il suo utilizzo per l’adempimento dei legati avrebbero provato un’accettazione da parte della chiamata all’eredità.
Evidenzia, ancora, la Corte come la prestazione del legato di genere non sia subordinata all’esistenza di un attivo ereditario e che “neppure l’art. 662 c.c. (che prevede che, in mancanza di altre disposizioni del testatore, tenuti alla prestazione del legato sono solo gli eredi o i legatari), è di ostacolo a che il legato possa essere adempiuto da un terzo (art. 1180 c.c.) senza perciò integrare un atto che solo l’erede è in condizione di compiere, avendo la norma il diverso effetto di limitare la volontà del testatore, nel senso che questi non può porne l’onere a carico di soggetti diversi da quelli indicati, pena l’incoercibilità della disposizione (…), oltre che di prevedere un criterio suppletivo di individuazione dei soggetti tenuti all’adempimento in mancanza di indicazioni del de cuius”.
[1] In ordine a teli ipotesi si rimanda a RAMPONI, Pagamento di debiti ereditari con denaro proprio e accettazione di eredità, in EC Legal del 22/12/2020, https://www.eclegal.it/wp-content/uploads/pdf/2020-12-22_pagamento-debiti-ereditari-denaro-accettazione-eredita.pdf
[2] Si rinviene Giurisprudenza che, al riguardo, precisa che possono rinvenirsi ipotesi in cui anche il pagamento con denari ereditari non comporti accettazione tacita dell’eredità, potendo rientrare nei poteri riconosciuti al chiamato ex articolo 460 cod. civ.. Ci si riferisce, in particolare, alle spese funerarie, che costituirebbero un dovere morale e familiare, così da non potere, dunque, ricondurre tout court all’adempimento di un peso ereditario. Così Trib. Varese, 31/10/2011.
[3] Cass. Civ., Sez. 2, ordinanza n. 4320 del 22/02/2018.
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