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L’interessante caso trattato dal Tribunale di Paola (sentenza n. 461 del 14 dicembre 2022) concerne l’opposizione ad una sanzione amministrativa per la violazione dell’obbligo di comunicazione preventiva dell’inizio di un rapporto di lavoro. La violazione dell’obbligo è sanzionata dall’art. 3 co. 3 del d.l. 22 febbraio 2002, n. 12, conv., con mod., con l. n. 73 del 23 aprile 2002) per tutti i datori di lavoro (ad eccezione di quelli domestici). Si tratta, evidentemente, di una sanzione amministrativa disciplinata dalla l. 24 novembre 1981, n. 689 irrogabile dall’Ispettorato del lavoro. La sanzione venne opportunamente inserita dal legislatore in un testo concernente l’emersione di lavoro irregolare poiché l’esperienza insegna che omessa comunicazione e lavoro nero stanno e cadono insieme. Il d.l. n.12/2002 è stato in seguito integrato e modificato dalla l. 4 novembre 2010 n. 183 con ulteriori disposizioni che hanno preso di mira il lavoro sommerso che il legislatore ha inteso contrastare, non solo con la deterrenza delle sanzioni ma anche con strumenti come la cd. “dichiarazione di emersione” o le proposte di “emersione progressiva”, ovvero vere e proprie sanatorie rimesse ai buoni propositi del datore di lavoro. Nel caso esaminato dal Tribunale calabrese, l’Ispettorato del lavoro riteneva omessa la preventiva comunicazione dell’inizio del rapporto di lavoro in contestazione (si trattava di lavori di giardinaggio e manutenzione edile) e, soprattutto, riteneva non riconducibile questo rapporto alla previsione normativa concernente lo sconosciuto (a molti) “libretto di famiglia”, istituito con il d.l. n. 24 aprile 2017 n. 50, conv., con mod., con l. 21 giugno 2017, n. 96). La sentenza riveste interesse non per gli aspetti processuali ma perché rappresenta uno dei pochi precedenti in materia di prestazioni occasionali previste dal d.l. n. 50/2017. Come noto, una prima definizione, fu offerta dalla legge “Biagi” (art. 70 d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276). Successivamente, con legge delega 10 settembre 2014, n. 184 e nel dichiarato intento di estendere il lavoro accessorio alle attività lavorative discontinue in diversi settori produttivi, la materia fu rivista dal d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (art. 49) ma queste disposizioni furono abrogate dall’art. 1 del d.l. 17 marzo 2017 n. 25 sulla base della “straordinaria necessità e urgenza di superare l’istituto del lavoro accessorio al fine di contrastare pratiche elusive”. Nondimeno, il d.l. 25/2017 si occupò solo della pars destruens perché, in alcun modo, propose una disciplina sostitutiva che fu affidata (ancora più discutibilmente) ad un successivo decreto – legge. Il d.l. 50/2017, art. 54 bis, infatti, costituisce uno dei tanti tentativi di riordino di istituti del diritto del lavoro contenuti in testi normativi dai più disparati obiettivi. L’art. 54 bis, infatti, a dispetto della scomoda collocazione ha avuto l’importante funzione di ridisegnare la materia delle prestazioni occasionali. Si tratta di un intervento che ha inteso perseguire l’obiettivo di contrastare ricorrenti pratiche elusive volte ad occultare la subordinazione. L’obiettivo è stato perseguito con il pragmatismo degli ultimi decenni ovvero anche derogando, a volte, a principi generali ma per il buon fine di universalizzare le tutele (CINELLI, Diritto della previdenza sociale, Giappichelli, 2022, 159). L’art. 54 bis cit., in continuità con le abrogate disposizioni, rinuncia ad una definizione giuridica di occasionalità ricorrendo a tre riferimenti economici: le prestazioni di lavoro sono ritenute occasionali se hanno dato luogo, nel corso di un anno civile, a compensi non superiori a 5.000 euro per ciascun prestatore, con riferimento alla totalità degli utilizzatori; a decorrere dall’1/1/2023, inoltre, l’importo che ciascun utilizzatore potrà corrispondere con riferimento alla totalità dei prestatori non deve essere superiore a 10.000 euro; infine, le prestazioni complessivamente rese da ogni prestatore in favore del medesimo utilizzatore, non possono comportare compensi di importo superiore a 2.500 euro. Le prestazioni, quindi, anche quando sono definite “occasionali o saltuarie di ridotta entità” sono sempre da parametrare ai suddetti requisiti economici. Assoluta novità della mini riforma è che il contratto diretto ad acquisire le prestazioni si perfeziona in modo diverso tenuto conto della natura dell’utilizzatore e sul presupposto che le prestazioni acquisite da imprese si prestano ad elusioni assai più di quelle acquisite da persone fisiche. Se il datore, infatti, è una persona fisica non esercente un’attività professionale o d’impresa, vi è la modalità semplificata del cd. “libretto di famiglia” che rappresenta null’altro se non un titolo di pagamento prepagato (una evoluzione del modello dei cd. voucher); se il datore, invece, è un imprenditore o professionista (o anche una p.a.), esse saranno disciplinate con un vero e proprio contratto di prestazione occasionale. Con riferimento al contratto di prestazione, occorre rilevare che, con la l. 29 dicembre 2022, n. 197 è stata ampliata la platea di utilizzatori del contratto di prestazione occasionale, consentendone il ricorso agli utilizzatori che hanno alle proprie dipendenze fino a dieci lavoratori subordinati a tempo indeterminato (elevando, così, il precedente limite di cinque lavoratori a tempo indeterminato). La stessa l. 197/2022, inoltre, ha imposto un rigoroso giro di vite con il divieto generale di assumere prestazioni occasionali in agricoltura e ciò per combattere il cd. “caporalato”. Caratteri comuni alle due ipotesi introdotte dall’art. 54 bis cit. sono la gestione previdenziale di riferimento e le modalità di pagamento del compenso. Il legislatore ha confermato l’iscrizione dei prestatori occasionali alla residuale gestione separata dell’INPS (art. 2 co. 26, l. 8 agosto 1995, n. 335) per l’assicurazione per l’invalidità, vecchiaia, superstiti nonché all’INAIL per gli infortuni. In controluce, da tale iscrizione si evince una qualificazione di tali rapporti come autonomi o parasubordinati. Il compenso al prestatore, a differenza di quanto previsto dalle disposizioni abrogate, viene erogato dall’INPS, con ciò implicitamente consentendo da un lato, un controllo pervasivo sull’uso delle prestazioni occasionali, potendosi agevolmente evincere la natura dell’utilizzatore, dall’altro, una maggiore garanzia per il lavoratore. Particolarmente rilevante, ancora, è l’esenzione da imposta dei compensi unitamente alla previsione che essi non incidono sullo stato di disoccupato e sono computabili ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. Si tratta di una scelta particolarmente oculata che tiene conto della platea dei prestatori, spesso ai margini del mercato del lavoro. Con riferimento alle differenze tra le due fattispecie la più marcata è relativa all’oggetto delle prestazioni disciplinabili con il libretto di famiglia giacché esse sono riconducibili a quelle alle quali una famiglia ricorre con frequenza (lavori domestici, inclusi i lavori di giardinaggio, di pulizia o di manutenzione, assistenza domiciliare a bambini, anziani, ammalati o disabili; i cd. “doposcuola”). Ogni altra prestazione saltuaria, evidentemente non destinabile alle esigenze di un nucleo familiare, potrà essere oggetto di contratto di prestazione occasionale. Infine, viene in rilievo la differenza che è stata oggetto di controversia innanzi al Tribunale calabrese: ove si tratti di prestazioni da “libretto di famiglia”, le stesse potranno essere denunciate entro il terzo giorno del mese successivo allo svolgimento delle prestazioni (art. 54 bis cit. co. 12); in coerenza con la maggiore rilevanza delle prestazioni occasionali da contratto, invece, l’art. 54 bis, co. 17, impone che la denuncia debba essere effettuata prima dell’inizio delle prestazioni. La decisione del monocratico calabrese, quindi, è senz’altro condivisibile per avere inquadrato le prestazioni oggetto di sanzione in quelle riconducibili alla “famiglia”, consequenzialmente rilevando che anche la denuncia di inizio è stata regolare. Nicola Di Ronza, avvocato in Napoli Visualizza il documento: Trib. Paola, 14 dicembre 2022, n. 461 Scarica il commento in PDF L'articolo Prime “letture” del libretto di famiglia previsto dall’art. 54 bis del d.l. 50/2017 sembra essere il primo su Rivista Labor - Pacini Giuridica.

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