Locazioni abitative agevolate, accordo territoriale ed emergenza Covid-19: la riduzione del canone non determina la disapplicazione della cedolare secca
Agenzia delle Entrate, risposta a interpello n. 165 del 9 marzo 2021
Riferimenti normativi: Legge n. 431/1998, art. 2, co. 3, 4, 5 – accordo territoriale sulle locazioni abitative applicabile nel Comune di Firenze e Comuni limitrofi del 25/06/2020, art. 21 – D.Lgs. 14/03/2011 n. 23, art. 3, co. 11 – decreto interministeriale 16 gennaio 2017, artt. 1 e 7
I QUESITI DEL CONTRIBUENTE-LOCATORE
In occasione della stipulazione di un contratto di locazione a canone agevolato, il conduttore richiedeva al locatore l’inserimento nel contratto della previsione di cui all’art. 21 dell’accordo territoriale sulle locazioni abitative, sottoscritto il 25 giugno 2020 dalle associazioni di categoria dei proprietari e degli inquilini per la città di Firenze e Comuni limitrofi, recante “Misure dirette a fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid 19”.
In particolare, il conduttore chiedeva di potersi avvalere della “riduzione del valore massimo delle rispettive fasce di oscillazione per una percentuale del 10%”, come previsto dall’art. 21 dell’Accordo.
Il locatore, tuttavia, manifestava i propri dubbi in merito alla richiesta del conduttore atteso che – si legge nell’interpello all’Agenzia delle Entrate -, a seguito della riduzione del 10% del canone, sussisterebbe “incertezza in ordine al mantenimento dei benefici di cui alla cedolare secca”: detta perplessità traeva origine dalla circostanza che, in effetti, all’art. 21 dell’Accordo Territoriale del 25 giugno 2020 viene affermato – con espressione non proprio cristallina – che “… la riduzione di cui al presente articolo si applicherà a condizione del riconoscimento e mantenimento delle misure fiscali di cui alla cedolare secca da parte dell’Agenzia delle Entrate”.
Al fine di risolvere l’impasse, il locatore sottoponeva all’Agenzia delle Entrate i seguenti quesiti:
- se l’applicazione della riduzione del canone di cui all’art. 21 dell’Accordo Territoriale (10% del valore massimo delle rispettive fasce di oscillazione) sia in contrasto con l’art. 3, co. 11, D.Lgs. n. 23/2011, a cui tenore “Nel caso in cui il locatore opti per l’applicazione della cedolare secca è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo …”;
- se la citata riduzione debba essere prevista all’interno del contratto sottoscritto dalle parti, come parrebbe doversi interpretare sulla scorta del tenore letterale dell’art. 21 Accordo Territoriale 25 giugno 2020, o se sia sufficiente la previsione versata in scrittura privata ad hoc, da sottoscrivere e registrare contestualmente al contratto di locazione.
LA RISPOSTA DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Quanto al primo quesito, l’Agenzia delle Entrate, richiamati i contenuti della Legge n. 431/1998 e del decreto interministeriale 16 gennaio 2017 in materia di locazioni abitative a canone agevolato, conclude ritenendo compatibile la clausola di riduzione del canone prevista dall’accordo territoriale (in favore del conduttore) con il regime di tassazione agevolato della cedolare secca (in favore del locatore).
In effetti – si legge nella risposta n. 165 del 9 marzo 2021 dell’Agenzia delle Entrate – “… considerata la particolare situazione emergenziale che giustifica l’inserimento, in maniera automatica e temporanea, di tale clausola nei contratti di locazione, allo scopo di tutelare entrambe le parti contrattuali, si ritiene che il regime agevolativo della “cedolare secca” non sia impedito dall’eventuale efficacia di tale clausola …”.
Quanto poi al secondo quesito, l’Agenzia delle Entrate precisa che le parti contrattuali possono liberamente decidere se inserire la clausola direttamente all’interno del contratto di locazione ovvero se prevedere un’autonoma scrittura privata da sottoscrivere e registrare contestualmente al contratto di locazione.
IL COMMENTO
La risposta n. 165 del 9 marzo 2021 dell’Agenzia delle Entrate ha ad oggetto l’interpretazione dell’art. 21 dell’Accordo Territoriale 25 giugno 2020 dalle associazioni di categoria dei proprietari e degli inquilini per la città di Firenze e Comuni limitrofi.
Quest’ultima disposizione, ancorché non avente carattere generale ma efficacia limitata al territorio della città di Firenze e dei comuni limitrofi indicati nell’Accordo, merita di essere commentata per due ordini di motivi: perché si prefigge di supportare la parte conduttrice nella fase emergenziale – peraltro nell’ambito delle locazioni abitative – e perché rappresenta un esempio virtuoso di quando lo Stato (o la Regione o l’ente locale, a seconda), intervengono sopportando il “peso” del sacrificio (economico) imposto al locatore, a beneficio del conduttore[1].
1) L’art. 21 dell’Accordo Territoriale sulle locazioni abitative del 25 giugno 2020
Dando atto – con significativa espressione idonea a superare impostazioni ideologiche (oggi più che mai) anacronistiche – che “… tutte le categorie, ivi compresa la categoria dei proprietari immobiliari, sono colpite in modo trasversale dalla crisi economica conseguente alla epidemia Covid 19, come tutte le altre categorie sociali ed economiche …” e che “… appare altresì opportuno recuperare all’interno del mercato locativo residenziale gli immobili in precedenza destinati ad attività turistico-ricettive sostenendo con ciò il recupero del tessuto urbano e sociale”, l’Accordo Territoriale delle organizzazioni sindacali, delle associazioni degli inquilini e dei proprietari dell’Area Metropolitana Fiorentina introduce la clausola di cui all’art. 21, da inserire nei contratti di locazione a canone agevolato.
Uno degli aspetti più interessanti della disposizione in parola, per quanto riguarda i contratti stipulati sotto la vigenza dell’Accordo Territoriale 25 giugno 2020, è il suo carattere automatico e obbligatorio, oltreché temporaneo: “… per un periodo di sei mesi dalla sottoscrizione [dell’accordo], salva proroga in forza di accordo tra le predette OO.SS., verrà operata una riduzione del valore massimo delle rispettive fasce di oscillazione per una percentuale del 10%. La riduzione perderà automaticamente efficacia dopo sei mesi dall’entrata in vigore del presente accordo, salva proroga per eguale o differente periodo che verrà eventualmente concordata dalle OO.SS. firmatarie dell’accordo, le quali dovranno riunirsi un mese prima del termine di cui sopra a tal fine”.
Quanto invece a “tutti i contratti anche già in vigore per i quali le parti non abbiano autonomamente raggiunto un accordo per la riduzione del canone a seguito delle difficoltà economiche discendenti dall’emergenza sanitaria che abbiano comportato una riduzione del reddito del conduttore”, l’art. 21 precisa che “… ciascuna delle parti contrattuali potrà adire la commissione di conciliazione di cui al precedente art. 19 …”, disposizione quest’ultima che rinvia all’art. 6 del decreto interministeriale 16 gennaio 2017, recante “Commissioni di negoziazione paritetica e conciliazione stragiudiziale”, quale alternativa da promuovere prima dell’azione giudiziale.
Ciò premesso, l’art. 21 dell’Accordo Territoriale 25 giugno 2020 specifica quattro condizioni riguardanti la riduzione del 10% del canone di locazione, avente di fatto una funzione perequativa del sacrificio imposto alla parte locatrice, in favore della parte conduttrice:
a) in primo luogo, la riduzione de qua verrà operata sul valore massimo della fascia di oscillazione di riferimento.
Com’è noto, il concetto di “fascia di oscillazione” è contenuto, in prima battuta, nell’art. 1, co. 1, decreto interministeriale 16 gennaio 2017, secondo cui “Gli accordi territoriali … stabiliscono fasce di oscillazione del canone di locazione all’interno delle quali, secondo le caratteristiche dell’edificio e dell’unità o porzione di unità immobiliare, è concordato, tra le parti, il canone per i singoli contratti”; il successivo comma 3 chiarisce il criterio utilizzato dalla contrattazione territoriale per la determinazione dei canoni all’interno delle singole aree o aggregazioni di microzone: “… gli accordi territoriali prevedono un valore minimo ed un valore massimo del canone che costituiscono, rispettivamente, il limite minimo e massimo di una o più fasce di oscillazione”. Completa la tecnica di determinazione del canone il successivo comma 4, secondo cui “Nella definizione del canone effettivo, collocato tra il valore minimo e il valore massimo delle fasce di oscillazione, le parti contrattuali … tengono conto dei seguenti elementi: a) tipologia dell’alloggio; b) stato manutentivo dell’alloggio e dell’intero stabile; c) pertinenze dell’alloggio …; d) presenza di spazi comuni …; e) dotazione di servizi tecnici …; f) eventuale dotazione di mobilio”)[2];
b) in secondo luogo, la riduzione del 10% è compatibile solo con i contratti di locazione agevolati in cui il canone effettivo, pattuito dalle parti, sia superiore al 90% del canone massimo della rispettiva fascia di oscillazione: diversamente, la misura finirebbe per incidere in modo eccessivo sul locatore;
c) in terzo luogo, la riduzione del canone nella misura del 10% si applica a condizione che nel Comune di riferimento sia stata approvata la misura di agevolazione IMU di cui all’art. 12 dell’accordo[3]: in altre parole, la facoltà del conduttore di richiedere ed ottenere la riduzione del canone del 10% deve necessariamente essere bilanciata dal diritto del locatore di beneficiare dell’applicazione della tariffa IMU al minimo di legge, in forza di accordo assunto in sede locale tra Comune e parti sociali (sicché è l’ente comunale a farsi carico del sacrificio economico gravante sul proprietario-locatore); da notare che l’art. 21 dell’Accordo Territoriale richiede espressamente il rilascio di apposita certificazione di esistenza delle condizioni per avvalersi delle agevolazione IMU, da parte delle organizzazioni firmatarie[4];
d) infine, quale presupposto all’origine dell’interpello del contribuente-locatore all’Agenzia delle Entrate, la riduzione del 10% del canone si applica “… a condizione del riconoscimento e mantenimento delle misure fiscali di cui alla cedolare secca da parte della Agenzia delle Entrate”: anche in questo caso l’accordo implica che lo Stato si assuma, per conto del locatore, il “prezzo” del beneficio riconosciuto al conduttore ma, a differenza dell’agevolazione sull’IMU cui fa fede un’intesa sul punto tra il Comune e le OO.SS., in merito al mantenimento del regime fiscale agevolato occorreva, in effetti, il chiarimento che segue.
2) La risposta dell’Agenzia delle Entrate n. 165 del 9 marzo 2021[5]
La risposta n. 165 dell’ente pubblico in commento svolge una lunga elencazione delle norme sottese alla soluzione del quesito, segnatamente: l’art. 2, commi 2-3-4, Legge n. 431/1998 (contratti di locazione abitativa a canone agevolato), nonché l’art. 1, commi 1-3-7-8-10 e l’art. 7, commi 1 e 3 del decreto interministeriale 16 gennaio 2017[6].
Tutto ciò allo scopo evidente di consacrare la legittimità sostanziale dell’Accordo Territoriale (peraltro non contestata), il cui contenuto è conforme alle disposizioni di legge e regolamento statali.
Resta quindi da sciogliere il dubbio in ordine alla compatibilità della previsione contrattuale, di cui all’art. 21 dell’accordo, con il mantenimento del regime fiscale agevolato della cedolare secca (art. 3, D. Lgs. n. 23/2011), segnatamente rispetto al comma 11, a cui tenore “Nel caso in cui il locatore opti per l’applicazione della cedolare secca è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’ISTAT (…) Le disposizioni di cui al presente comma sono inderogabili”. In altre parole, il contribuente-locatore avanza il dubbio che il regime della cedolare secca sia incompatibile con qualsivoglia forma di “aggiornamento del canone”, sia essa intesa in senso stretto, come nel caso dell’aggiornamento ISTAT, ovvero in senso lato, come nel caso della riduzione del canone del 10%, di cui si discute.
Tuttavia – dichiara l’ente interpellato, confermando la correttezza dell’interpretazione della norma proposta dal contribuente – la misura di cui all’art. 21 dell’Accordo Territoriale non configura un “aggiornamento del canone” bensì una “riduzione del canone”, obbligatoria e non convenzionale (com’è invece, per dottrina e giurisprudenza pacifiche, l’aggiornamento ISTAT del canone, sia nelle locazioni ad uso abitativo che ad uso diverso). Sicché non vi è incompatibilità tra il mantenimento del regime fiscale agevolato e la riduzione del canone, senza contare che siffatta interpretazione conferisce equità ed equilibrio al rapporto contrattuale.
Da ultimo, a chiusura dell’interpello, l’Agenzia delle Entrate precisa la sostanziale irrilevanza dell’inserimento della clausola di cui all’art. 21 dell’accordo all’interno del contratto o in separata scrittura privata: le parti possono quindi scegliere liberamente la modalità preferibile.
[1] Già nella primavera del 2020, a partire dalle prime fase dell’emergenza sanitaria da Covid-19, i commentatori avevano iniziato ad interrogarsi sulle sorti dei contratti di locazione di immobili adibiti a svolgimento di attività produttive o commerciali, a causa della sospensione forzata delle attività d’impresa, e sui possibili rimedi esperibili: tra i primi che hanno scritto in merito si vedano: LUPPINO S., “I canoni di locazione ai tempi del Coronavirus”, Santarcangelo di Romagna, aprile 2020 (collana ebook); in linea con le argomentazioni ivi sancite, anche Corte di Cassazione, relazione n. 56 dell’8 luglio 2020, ufficio del massimario e del ruolo, “Novità normative sostanziali del diritto “emergeniale” anti-Covid 19 in ambito contrattuale e concorsuale”, pag. 19 e ss., affermava che “… Il Covid potrebbe condurre ad aprire una breccia nella formalistica lettura della regola pacta sunt servanda codificata nell’art. 1372 c.c. La pandemia mette in luce come il principio della vincolatività del contratto si presti ad essere assolutizzato, suggerendo di per sé un contemperamento con l’altro principio del rebus sic stantibus, qualora per effetto di accadimenti successivi alla stipulazione del contratto o ignoti al momento di questa o, ancora, estranei alla sfera di controllo delle parti, l’equilibrio del rapporto si mostri sostanzialmente snaturato … La rinegoziazione, a fronte di sopravvenienze che alterano il rapporto di scambio, diventa, pertanto, un passaggio obbligato, che serve a conservare il piano di costi e ricavi originariamente pattuito, con la conseguenza che chi si sottrae all’obbligo di ripristinarlo commette una grave violazione del regolamento contrattuale …”.
[2] Per un’analisi generale dei criteri per definire i canoni nella contrattazione territoriale (sia nei contratti di cui all’art. 2, co. 3, L. 431/1998 che nei contratti di locazione transitoria e per studenti universitari) alla luce del decreto interministeriale 16 gennaio 2017, sia consentito di rinviare alla recente pubblicazione di OTTOLINA I., “Affitti brevi”, Santarcangelo di Romagna, 2021 (collana ebook), pagg. 10 e ss.
[3] Art. 12 accordo territoriale 25/06/2020: “Per gli immobili siti nel Comune di Firenze, ove il canone effettivo convenuto dalle parti sia inferiore del 10% rispetto al canone massimo calcolato secondo le norme di cui al presente accordo, il locatore avrà diritto all’applicazione della tariffa minima dell’imu prevista dalla legge, in virtù del Protocollo sottoscritto fra le OO.SS ed il Comune di Firenze. Detta disposizione potrà essere estesa anche agli immobili siti negli altri Comuni di cui al presente accordo laddove venga sottoscritto un Protocollo in tal senso con la rispettiva amministrazione comunale. Suddetta agevolazione verrà altresì riconosciuta ai locatori che concorderanno la riduzione del canone di locazione dei contratti già in essere ad un importo inferiore al 10% rispetto al canone stabilito contrattualmente così come ai locatori che decideranno di sottoscrivere un nuovo contratto concordato inferiore del 10% rispetto al canone massimo calcolato secondo le norme di cui al presente accordo risolvendo un contratto a canone libero, transitorio o locazione breve in essere. Suddetta agevolazione sarà altresì riconosciuta a tutti i locatori che andranno a stipulare un contratto di locazione agevolato nel periodo di riduzione del canone massimo di cui all’art. 21 per la durata del periodo di riduzione. La concessione di tali agevolazioni sarà condizionata al rilascio di apposita certificazione rilasciata dalle OO.SS. all’interno dell’attestazione di cui al d.m. 16/[01]/2017” (il riferimento è all’art. 1, co. 8 del decreto interministeriale, secondo il quale le parti contrattuali possono a) farsi assistere dalle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori nella definizione del canone effettivo – opzione facoltativa – ovvero b) farsi attestare – opzione obbligatoria – sulla base degli elementi oggettivi dichiarati dai contraenti, “a cura e con assunzione di responsabilità” da parte di almeno un’organizzazione firmataria dell’accordo, la rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all’accordo stesso, anche con riguardo alle agevolazioni fiscali).
[4] L’agevolazione IMU ha, quale supporto normativo, l’art. 2, co. 4, Legge n. 431/1998, a cui tenore “Per favorire la realizzazione degli accordi di cui al comma 3, i comuni possono deliberare, nel rispetto dell’equilibrio di bilancio, aliquote dell’imposta comunale sugli immobili (ICI)” – oggi sostituita dall’IMU – “più favorevoli per i proprietari che concedono in locazione a titolo di abitazione principale immobili alle condizioni definite dagli accordi stessi …”.
[5] Il diritto di interpello, presupposto della risposta resa dall’Agenzia delle Entrate, è previsto e regolato dall’art. 11 Legge n. 212/2000: ai sensi del comma 3, “… La risposta, scritta e motivata, vincola ogni organo della amministrazione con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza e limitatamente al richiedente. Quando la risposta non è comunicata al contribuente entro il termine previsto, il silenzio equivale a condivisione, da parte dell’amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente. Gli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio difformi dalla risposta, espressa o tacita, sono nulli. Tale efficacia si estende ai comportamenti successivi del contribuente riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello, salvo rettifica della soluzione interpretativa da parte dell’amministrazione con valenza esclusivamente per gli eventuali comportamenti futuri dell’istante”. Sull’efficacia vincolante per le parti della risposta ad interpello, si vadano, ex multis, Cass. civ., sez. V, 13/01/2017 n. 735; Cass. civ., sez. V, 17/07/2017 n. 16331.
[6] Dell’art. 1, co. 1-3-8 del D.M. 16/01/2017 si è già detto; quanto al comma 7, esso stabilisce che “… Gli accordi territoriali possono stabilire gli elementi oggettivi che determinano una riduzione del canone massimo” mentre il comma 10 sancisce che “I contratti di locazione di cui al presente articolo sono stipulati esclusivamente utilizzando il tipo di contratto (Allegato A) che è approvato ai sensi dell’art. 4-bis della legge n. 431 del 1998”; l’art. 7 del decreto 16 gennaio 2017, invece, al comma 1, afferma che “L’adozione dei tipi di contratto allegati al presente decreto diviene obbligatoria, negli ambiti territoriali interessati, dal deposito degli accordi …” mentre, al comma 3, sancisce che “In caso di inesistenza di accordo a livello locale, i valori di riferimento sono quelli definiti dalle condizioni previste dal decreto ministeriale di cui all’art. 4, comma 3, della richiamata legge n. 431 del 1998”.
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