Vicende del titolo esecutivo dell’interveniente e diritto di partecipare alla distribuzione del ricavato
Cass. civ., sez. III, 16 febbraio 2021, n. 4034 – Pres. Vivaldi – Rel. D’Arrigo
Espropriazione forzata – Intervento di creditori – Sospensione dell’efficacia del titolo esecutivo – Ripristino – Effetti
Nel processo di esecuzione forzata, al quale concorrano più creditori, nell’ipotesi in cui il titolo del creditore intervenuto, provvisoriamente sospeso, riacquisti efficacia esecutiva in data anteriore all’approvazione del definitivo progetto di distribuzione, l’effetto preclusivo della partecipazione alla distribuzione delle somme ricavate dalla vendita deve ritenersi limitato alle distribuzioni avvenute medio tempore, dal momento che l’esigenza di rispetto del principio della par condicio creditorum e la necessità di evitare una irragionevole disparità di trattamento rispetto alla posizione del creditore pignorante (per il quale la perdita della provvisoria esecutività del titolo non determina l’inefficacia del pignoramento ma soltanto la sospensione cosiddetta “esterna” del processo esecutivo, in attesa che il titolo sia definitivamente revocato o confermato) impongono di riconoscere la legittimazione dell’interveniente a concorrere alle ulteriori fasi distributive.
CASO
Una creditrice interveniva in una procedura esecutiva immobiliare in forza di una sentenza provvisoriamente esecutiva del Tribunale di Roma e si rendeva, altresì, cessionaria del credito vantato dal procedente nei confronti dell’esecutato, nonché di un ulteriore credito avente titolo nella medesima sentenza in forza della quale aveva svolto l’intervento, venendo, così, a cumulare tre distinte ragioni creditorie.
Poiché, nel frattempo, l’efficacia esecutiva della sentenza del Tribunale di Roma era stata sospesa, l’intervenuta, in occasione dell’udienza fissata per l’approvazione del progetto di distribuzione, formulava richiesta di accantonamento delle somme a lei spettanti, ma il giudice la respingeva.
Fissata una nuova udienza per l’approvazione di un secondo progetto di riparto, la medesima creditrice chiedeva l’assegnazione delle somme spettantile sia in virtù della sentenza del Tribunale di Roma (che aveva, frattanto, riacquistato efficacia esecutiva), sia quale cessionaria del credito del procedente, che non era stato soddisfatto in precedenza perché la sentenza azionata era di condanna generica e non valeva, quindi, come titolo esecutivo; motivo per cui, con riguardo allo stesso identico credito, il procedente si era procurato, nelle more, un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, svolgendo intervento e cedendo pure esso alla creditrice che aveva acquistato in precedenza quello che trovava titolo nella sentenza di condanna generica.
Poiché il giudice dell’esecuzione, nondimeno, escludeva dal riparto tutti i crediti dell’istante, quest’ultima proponeva opposizione ai sensi degli artt. 512 e 617 c.p.c., che veniva respinta con sentenza impugnata con ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che il creditore che interviene in forza di un titolo la cui provvisoria esecutività è stata sospesa non può partecipare ai riparti disposti nel periodo in cui la sospensione esplica i propri effetti, ma ha diritto di concorrere alle ulteriori fasi distributive che intervengano in un momento successivo a quello in cui il titolo ha recuperato la sua piena vigenza.
QUESTIONI
Nell’articolata vicenda esaminata dalla Corte di Cassazione era accaduto che:
- il creditore procedente aveva promosso l’espropriazione forzata immobiliare in virtù di una sentenza di condanna generica, che non era stata reputata titolo esecutivo idoneo a consentire la partecipazione a un primo riparto della somma ricavata dalla vendita del bene pignorato;
- per tale ragione, in relazione allo stesso credito, il creditore procedente si era munito, nelle more del processo esecutivo, di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo e aveva svolto intervento;
- un’altra creditrice dell’esecutato era, in precedenza, intervenuta in forza di una sentenza del Tribunale di Roma (la cui efficacia esecutiva risultava sospesa allorché venne effettuato il primo riparto, ma aveva ripreso pieno vigore prima che si addivenisse a una seconda distribuzione) e si era resa, altresì, cessionaria, oltre che del credito del proprio procuratore distrattario avente titolo nella medesima pronuncia del Tribunale di Roma, di quello vantato dal procedente in forza tanto della sentenza di condanna generica originariamente azionata, quanto del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo in virtù del quale era stato svolto apposito intervento.
Con riferimento ai crediti aventi titolo nella sentenza del Tribunale di Roma che aveva dapprima perso e poi riacquistato efficacia esecutiva, la sospensione temporanea di quest’ultima, secondo la ricorrente, non aveva fatto venire meno la legittimità dell’intervento, da valutarsi al momento in cui era stato compiuto, sicché tale circostanza non poteva escludere il suo diritto di partecipare alla distribuzione del ricavato dalla vendita, visto che, quando si era tenuta l’udienza per l’approvazione del progetto di riparto, la sentenza aveva riacquistato la propria esecutività.
La censura è stata reputata fondata, avendo errato il giudice dell’esecuzione nel ritenere che la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo dell’interveniente – che non ha effetti paralizzanti dell’intero processo esecutivo ai sensi dell’art. 623 c.p.c. – ne determina la definitiva uscita di scena, senza possibilità di rientrarvi in virtù del fatto che, nelle more, il titolo aveva riacquistato l’efficacia esecutiva di cui era stato momentaneamente privato.
Secondo i giudici di legittimità, infatti, l’intervento del creditore, quando la provvisoria esecutività del titolo sia stata sospesa, non perde ogni effetto nell’ambito dell’espropriazione forzata, ma comporta soltanto una sorta di quiescenza e l’impossibilità di partecipare alle distribuzioni che dovessero avvenire nel periodo in cui vige tale sospensione; se, tuttavia, prima della conclusione del processo esecutivo, il titolo recupera la sua efficacia esecutiva (com’era avvenuto nella fattispecie oggetto della sentenza che si annota), anche l’atto di intervento riprende l’originario vigore, legittimando il creditore a partecipare alle ulteriori fasi distributive.
Un tanto in ossequio al principio della par condicio creditorum, evitandosi un’irragionevole disparità di trattamento dell’intervenuto rispetto al creditore pignorante, per il quale la perdita della provvisoria esecutività del titolo non determina l’inefficacia del pignoramento, ma la sospensione del processo esecutivo ai sensi dell’art. 623 c.p.c. (in attesa che il titolo sia definitivamente revocato oppure confermato), sempre che, nel frattempo, non sia intervenuto altro creditore titolato che possa coltivare l’esecuzione.
Si ricorderà, in proposito che, secondo il fondamentale arresto di Cass. civ., sez. un., 7 gennaio 2014, n. 61, nel processo esecutivo cui partecipano più creditori concorrenti, le vicende relative al titolo esecutivo del creditore procedente (sospensione, sopravvenuta inefficacia, caducazione, estinzione) non ostacolano la prosecuzione dell’esecuzione su impulso del creditore intervenuto, il cui titolo abbia conservato la sua forza esecutiva.
Con riferimento, invece, ai crediti dell’originario pignorante portati da una sentenza di condanna generica e da un successivo decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (entrambi ceduti alla creditrice intervenuta e ricorrente per cassazione), il giudice dell’esecuzione aveva escluso il diritto di partecipare al riparto perché, da un lato, la sentenza non costituiva titolo esecutivo e, dall’altro lato, l’intervento svolto avvalendosi del provvedimento monitorio risultava tardivo e, quindi, inefficace.
Le censure mosse avverso tale statuizione facevano leva sul fatto che, nonostante i provvedimenti giudiziali fossero formalmente diversi, si trattava pur sempre del medesimo credito, sicché l’intervento non poteva considerarsi nuovo (dovendosi parlare, di fatto, di mera sostituzione formale di un titolo a un altro) e, dunque, tardivo.
I giudici di legittimità hanno, tuttavia, osservato che quando il titolo esecutivo si riferisce a un credito privo dei requisiti della liquidità e dell’esigibilità, la nullità del precetto si propaga al pignoramento e determina l’estinzione del processo esecutivo, salvo che, nel frattempo, sia intervenuto un altro creditore titolato che possa utilmente coltivare l’esecuzione; in tale caso, l’originario creditore pignorante che si sia munito di un nuovo titolo può intervenire nel processo esecutivo, ma nella situazione in cui questo si trova, senza potere ancorare (ovvero fare retroagire) gli effetti dell’intervento al pignoramento nullo perché compiuto in difetto di titolo esecutivo.
Pertanto, qualora, nel frattempo, si sia tenuta la prima udienza per l’autorizzazione della vendita prevista dall’art. 569 c.p.c., l’interveniente, giusta quanto stabilito dall’art. 564 c.p.c., non potrà partecipare all’espropriazione, senza che possa acquistare rilievo il fatto che l’intervento sia stato eseguito per il medesimo credito per il quale era stato effettuato il pignoramento nullo.
Secondo i giudici di legittimità, quindi, il giudice dell’esecuzione aveva correttamente escluso il credito in questione dal riparto.
Dalla lettura della sentenza, tuttavia, parrebbe evincersi che l’intervento svolto in virtù del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo fosse avvenuto prima che si celebrasse l’udienza fissata per l’approvazione del secondo progetto di distribuzione.
Se così fosse, poiché l’interventore tardivo, pur non potendo partecipare all’espropriazione, è nondimeno legittimato, ai sensi dell’art. 565 c.p.c., a prendere parte alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita (sia pure limitatamente alla parte di essa che residua dopo che sono stati soddisfatti i diritti del creditore pignorante, di quelli intervenuti tempestivamente e dei creditori prelazionari che abbiano svolto intervento, anche tardivo, prima dell’udienza di cui all’art. 596 c.p.c.), non sarebbe affatto vero che, nel caso esaminato, l’intervento andasse sanzionato con l’inefficacia; ciò anche volendo tenere conto dell’orientamento secondo cui l’inderogabilità del termine stabilito dall’art. 565 c.p.c. vale pure quando, dopo l’approvazione del progetto di distribuzione, siano state acquisite alla procedura nuove somme e il giudice fissi una nuova udienza per modificarlo (si veda, in proposito, Cass. civ., sez. III, 31 marzo 2015, n. 6432), visto che tale principio si attaglia al caso in cui debbano essere apportate modifiche al progetto approvato, ma non a quello in cui si debba addivenire alla discussione e all’approvazione di uno nuovo, distinto dal precedente.
Piuttosto, nella fattispecie esaminata, assumeva rilievo un altro aspetto, se si vuole assorbente rispetto a tutti gli altri, che, tuttavia, non risulta essere stato affrontato: se, come sembra, il pignoramento era stato eseguito in forza di una sentenza di condanna generica (come tale, inidonea a sorreggere l’espropriazione forzata), esso era da considerarsi radicalmente nullo, come pure rilevato nella pronuncia annotata (dalla quale, peraltro, non si comprende se quello fosse l’unico titolo su cui si reggeva il processo esecutivo, dal momento che, pur accennandosi alla presenza di un altro creditore unitamente al quale era stato eseguito il pignoramento, non vengono fornite ulteriori precisazioni circa la sua legittimazione).
Pertanto, poiché, come affermato dal già richiamato arresto delle Sezioni Unite in merito alla possibilità che il processo esecutivo prosegua su impulso di un creditore intervenuto, occorre distinguere a seconda che il difetto del titolo del procedente posto a fondamento dell’azione esecutiva sia originario o sopravvenuto (posto che solo nel secondo caso e non anche nel primo si verifica, in favore degli intervenuti, l’estensione degli effetti di tutti gli atti compiuti finché il titolo originario ha conservato validità), l’assenza di efficacia esecutiva della sentenza (di condanna generica) in forza della quale era stato eseguito il pignoramento gettava ombre non tanto e non solo sul diritto del creditore procedente (e, per lui, del cessionario) di partecipare alla distribuzione, ma sulla legittimità stessa dell’azione esecutiva, anche avuto riguardo alla posizione assunta dagli altri creditori per effetto degli interventi via via susseguitisi.
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