Il curatore e l’eccezione di prescrizione presuntiva
Cass. civ., sez. I, 27 giugno 2022, n. 20602 – Pres. Cristiano – Rel. Di Marzio
Parole chiave: Fallimento – Accertamento del passivo – Credito per prestazioni professionali – Prescrizione presuntiva eccepita dal curatore – Deferimento del giuramento decisorio – Ammissibilità – Dichiarazione del curatore di non essere a conoscenza se il pagamento sia avvenuto o meno – Conseguenze
[1] Massima: “A fronte dell’insinuazione al passivo fallimentare di un credito maturato in forza di un rapporto riconducibile alla previsione dell’art. 2956, n. 2), c.c., eccepita dal curatore fallimentare la prescrizione presuntiva e deferitogli dal preteso creditore il giuramento decisorio, la dichiarazione del curatore di non essere a conoscenza se il pagamento sia avvenuto o meno costituisce mancato giuramento”.
Disposizioni applicate: R.D. 267/1942, artt. 93, 96, 98; cod. civ., artt. 2736, 2739, 2956, 2960
CASO
Uno studio tecnico associato chiedeva l’ammissione al passivo, in via privilegiata, del credito vantato a titolo di corrispettivo di prestazioni effettuate in vista dell’esecuzione di opere edilizie riguardanti un immobile della società poi fallita.
Il curatore disconosceva il credito e ne eccepiva la prescrizione presuntiva.
Avverso il diniego opposto all’ammissione, veniva proposta opposizione, che il Tribunale di Lucca respingeva, dopo avere, in prima battuta, ammesso il giuramento decisorio deferito al curatore (il quale aveva risposto dichiarando di non sapere se il pagamento del compenso fosse avvenuto o meno) e, in seconda battuta, reputato non ammissibile – e, dunque, revocato – il disposto giuramento, alla stregua dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui il curatore, in quanto soggetto terzo rispetto al fallito, non può essere sollecitato alla confessione in merito a vicende solutorie che siano riconducibili non a una condotta sua propria, ma del fallito, non essendo titolare della prerogativa di disporre del diritto cui i fatti da confessare o sui quali giurare si riferiscono.
Avverso il decreto del Tribunale di Lucca veniva proposto ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che il curatore che eccepisce la prescrizione presuntiva non può essere esonerato dal prestare il giuramento deferitogli dal creditore (che rappresenta l’unico strumento accordato dall’ordinamento per superare tale eccezione), né avvalersi degli effetti favorevoli che sono di norma ricollegati alla dichiarazione di non sapere se il fatto oggetto del giuramento (nel caso di specie, il pagamento) sia avvenuto oppure no, perché ciò costituirebbe un’insanabile contraddizione e frustrerebbe il principio di parità delle armi che informa la disciplina processuale.
QUESTIONI
[1] I giudici di legittimità rimettono in discussione l’orientamento in base al quale al curatore che abbia eccepito la prescrizione presuntiva di un credito di cui sia stata chiesta l’ammissione al passivo non può essere deferito il giuramento decisorio contemplato dall’art. 2960 c.c.
In via preliminare, va rammentato che, a differenza di quanto è a dirsi per la prescrizione ordinaria, che ricollega al decorso del tempo previsto dalla legge l’estinzione del diritto, l’effetto della prescrizione presuntiva consiste nella presunzione iuris tantum dell’avvenuto pagamento del debito: a questo proposito, l’art. 2956 c.c. stabilisce che si prescrive in tre anni, tra gli altri, il diritto dei professionisti avente per oggetto il compenso dell’opera prestata e il rimborso delle spese affrontate per renderla.
Chi eccepisce la prescrizione presuntiva, dunque, non nega e, anzi, riconosce l’esistenza del credito azionato nei suoi confronti, mirando piuttosto ad avvalersi della presunzione – che trova fondamento nella prassi – per cui, considerato il lasso di tempo trascorso, il pagamento è da ritenersi avvenuto, salvo che il creditore non dimostri il contrario: il legislatore, infatti, ha ritenuto opportuno presumere, con riguardo a rapporti contrattuali che, per consuetudine, vengono stipulati senza particolari formalità e che fanno sorgere crediti soddisfatti celermente e senza che venga rilasciata un’apposita quietanza, che, decorso un determinato periodo di tempo, l’estinzione dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo abbia avuto luogo, sopperendo, in questo modo, alle difficoltà che incontrerebbe il debitore nel fornire la prova del proprio pagamento già effettuato.
Venendo all’ambito fallimentare ed essendo frequente che il professionista che chiede l’insinuazione del proprio credito al passivo si veda eccepita la prescrizione presuntiva di cui al citato art. 2956 c.c., la prevalente giurisprudenza si è consolidata nel senso che al curatore non può essere deferito il giuramento decisorio, secondo quanto previsto dall’art. 2960 c.c., dal momento che, essendo soggetto terzo rispetto al fallito, non ha la disponibilità del diritto controverso ed è, dunque, privo della capacità ovvero della legittimazione a giurare, atteso che l’art. 2731 c.c., richiamato dall’art. 2737 c.c., nega efficacia alla confessione resa da persona incapace di disporre del diritto cui i fatti si riferiscono (e tale dev’essere considerato il curatore fallimentare, che non può disporre da solo di un diritto della massa dedotto in giudizio).
D’altro canto, secondo il medesimo orientamento, non è nemmeno ammissibile sostenere che, per effetto dell’impossibilità di deferire il giuramento decisorio al curatore, questi non possa eccepire la prescrizione presuntiva nell’ambito del procedimento di ammissione al passivo fallimentare, poiché un tanto significherebbe porlo in una posizione deteriore rispetto a quella dei comuni debitori.
La sentenza che si annota, prendendo atto di questo contesto, si fa carico di dimostrare il cortocircuito che si determina prestandovi adesione e di individuare, tramite un percorso alternativo, un punto di caduta che assicuri la coerenza interna del sistema.
Oppostagli dal curatore l’eccezione di prescrizione presuntiva, il creditore – sulla scorta di quanto affermato dal riferito orientamento interpretativo – si trova sostanzialmente disarmato, perché la legge gli riserva, quale unico strumento volto a superare l’eccezione, il ricorso al giuramento decisorio, di cui, tuttavia, non potrebbe avvalersi.
A fronte di tale palese violazione del principio di parità delle armi, che costituisce il cardine della disciplina del giusto processo, una parte della giurisprudenza ha rilevato come il fatto che al curatore fallimentare non possa essere deferito il giuramento de veritate, non esclude che possa, invece, essergli deferito quello de scientia (ovvero de notitia), ai sensi dell’art. 2739, comma 2, c.c., a mente del quale il giuramento può essere deferito non solo sopra un fatto proprio del giurante, ma anche sulla conoscenza che questi abbia di un fatto altrui.
Nella sentenza che si annota, è questa la soluzione che, secondo i giudici di legittimità, consente di ristabilire il doveroso equilibrio e alla quale, dunque, deve darsi continuità, seppure con alcune precisazioni.
Innanzitutto, poiché a fronte della presunzione di avvenuta estinzione dell’obbligazione scaturente dall’eccezione di prescrizione presuntiva, l’ordinamento prevede, quale contraltare, che il creditore possa soltanto deferire il giuramento circa l’avvenuto pagamento, i giudici di legittimità affermano che l’una e l’altro vanno di pari passo: simul stabunt, simul cadent.
Di conseguenza, non è conforme al sistema ammettere che il curatore possa eccepire la prescrizione presuntiva e che il creditore non possa avvalersi del giuramento decisorio.
In secondo luogo, secondo l’impostazione tradizionale, la dichiarazione di non essere a conoscenza dei fatti equivale, nel caso di giuramento de veritate, a rifiuto di giurare, mentre assume il valore di giuramento in senso negativo, nel caso di giuramento de notitia, comportando che la lite debba essere decisa in senso favorevole al giurante e lasciando così in vita la presunzione di pagamento ricollegata all’eccepita prescrizione presuntiva.
Poiché, d’altro canto, è fisiologico che il curatore non abbia modo di sapere se il credito in relazione al quale eccepisce la prescrizione presuntiva sia stato effettivamente pagato oppure no (non appartenendo alla cerchia di persone che possono ragionevolmente avere contezza delle condotte tenute dall’imprenditore prima che venisse dichiarato fallito e che non abbiano un riscontro documentale, in presenza del quale, tuttavia, non avrebbe bisogno di opporre la prescrizione presuntiva), riconoscere alla sua dichiarazione di non sapere se il pagamento sia stato effettuato o no valore a sé favorevole, com’è a dirsi normalmente con riguardo al giuramento de notitia, significherebbe – di fatto – vanificare l’effettività dell’unico strumento di reazione attribuito al creditore e rompere l’equilibrio prefigurato dal legislatore.
Del resto, poiché nella prescrizione presuntiva è la presunzione di avvenuto pagamento, per effetto del tempo trascorso, a determinare l’estinzione del diritto, chi la eccepisce, a ben vedere, afferma implicitamente ma ineluttabilmente di avere pagato, pur non potendolo dimostrare documentalmente: è chiaramente contraddittorio, dunque, ammettere che il curatore possa opporla e, nel contempo, prevalere sul creditore dichiarando di non sapere se il debito sia stato estinto oppure no.
Non può considerarsi conforme a diritto, insomma, che il curatore, da un lato, formuli l’eccezione di prescrizione presuntiva, sostenendo implicitamente che il credito è stato estinto mediante pagamento e, dall’altro lato, affermi, contraddicendo se stesso, di non sapere se il pagamento sia avvenuto o meno.
Sulla scorta di tali considerazioni, improntate a un lodevole pragmatismo che, peraltro, non concede nulla in termini di rigore logico e sistematico, i giudici di legittimità evidenziano come il giuramento di cui all’art. 2960, comma 2, c.c. è da considerarsi alla stregua di una specie particolare rispetto a quello sulla conoscenza che il giurante ha di un fatto altrui disciplinato dall’art. 2739 c.c., giacché il curatore, eccependo la prescrizione presuntiva ed assumendo, quindi, che il pagamento è avvenuto e ha estinto il debito, si espone all’eventualità che il creditore gli deferisca il giuramento sulla effettiva veridicità del pagamento, subendo le conseguenze della scelta fatta.
In altre parole, la specifica situazione del curatore che, eccependo la prescrizione presuntiva, sostiene l’avvenuta esecuzione del pagamento (sicché non può, allo stesso tempo, affermare di ignorarla), non è perfettamente sovrapponibile a quella di chi sia stato chiamato a giurare sulla conoscenza di un fatto altrui: solo in questo secondo caso può, in effetti, applicarsi la regola secondo cui chi afferma di ignorare un fatto non ne ammette e non ne esclude l’esistenza, mentre ciò non può avvenire nel diverso caso in cui il deferimento del giuramento sia la conseguenza dell’affermazione – sia pure implicita – della verità del fatto, contenuta nell’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata.
Così, una volta acclarato il potere del curatore di formulare detta eccezione e la correlativa possibilità di deferirgli il giuramento de scientia di cui all’art. 2739, comma 2, c.c., occorre ammettere anche che la dichiarazione di ignorare se il pagamento sia avvenuto o meno produce, nei suoi confronti, gli stessi effetti che la medesima dichiarazione assume nel caso di giuramento de veritate.
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