Due recenti decisioni della Suprema Corte hanno affrontato il tema del requisito della
specificità nella contestazione disciplinare.
La questione è rilevante su diversi piani.
Anzitutto la materia disciplinare riguarda le possibili sanzioni irrogabili ai lavoratori subordinati e quindi
anche il licenziamento per motivi soggettivi: un’area questa certamente molto sensibile.
In secondo luogo le norme e i principi che disciplinano la materia disciplinare hanno efficacia generalizzata in quanto si è ritenuto riguardano basilari garanzie di difesa del lavoratore: e così tutti i datori di lavoro e tutti i lavoratori, compresi tra l’altro i dirigenti.
Per questi ultimi emblematiche Cass.,sez. un., 30 marzo 2007, n. 7880 e, di recente, Cass. 20 giugno 2017, n. 15204.
L’art. 7 L. 300/1970, rubricato
“Sanzioni disciplinari” è stato oggetto di elaborazioni e integrazioni da parte di dottrina e giurisprudenza.
E’ orientamento orma consolidato che la contestazione disciplinare debba essere
tempestiva e
specifica.
La tempestività mira a evitare che il datore di lavoro che non contesti prontamente una condotta benché potenzialmente rilevante – ritenendola quindi per sé di fatto priva di rilievo – la possa poi utilizzare contro il lavoratore per altre finalità non connesse all’addebito. Si tratta quindi di un requisito volto ad evitare la deviazione causale dell’atto disciplinare in un contesto di scorrettezza e malafede. Essa è poi coerente con la finalità difensiva della procedura che è volta a consentire al lavoratore di poter articolare un’efficace difesa, che sarebbe invece minata dalla distanza temporale dei fatti contestati.
La specificità, a sua volta, ha sia l’appena descritta funzione difensiva, poiché solo un perimetro circoscritto consente di prendere posizione sull’addebito, sia un rilievo sostanziale, giacché non si può ritenere rilevante qualcosa che prima ancora è incerto e indeterminato.
Secondo la prima sentenza qui segnalata,
Cass., 7 ottobre 2022, n. 29332, nell’apprezzare la sussistenza del requisito della specificità della contestazione, il giudice di merito deve verificare – benché al di fuori di
schemi rigidi e prestabiliti – se la contestazione offra le indicazioni
necessarie ed
essenziali per individuare nella sua
materialità i
fatti addebitati, tenuto conto del loro contesto, ed altresì verificare se la mancata precisazione di alcuni elementi di fatto abbia determinato un’
insuperabile incertezza nell’individuazione dei comportamenti imputati, tale da pregiudicare in concreto il
diritto di difesa.
Ciò che viene in rilievo nella pronuncia è anzitutto la mancanza di
schemi predefiniti. Quindi si potrebbe ritenere legittima una descrizione del fatto accompagnata ad esempio da tabelle e
slide esplicative, con l’uso all’occorrente di tecniche di
legal design che ormai, per la loro straordinaria efficacia, non possono più essere relegate a meri fenomeni di costume o a mode.
La pronuncia fa poi riferimento ai
fatti addebitati, quindi ai fatti storici (
“nella sua materialità”). L’esposizione deve
far comprendere al lavoratore l’addebito e il giudice è tenuto ad accertare
“se la mancata precisazione di alcuni elementi di fatto abbia determinato un’insuperabile incertezza nell’individuazione dei comportamenti imputati, tale da pregiudicare in concreto il diritto di difesa”. In sostanza la contestazione deve dare al lavoratore le
“indicazioni necessarie ed essenziali” per individuare il fatto.
Quindi, se vogliamo trarre un’implicazione da questi principi, giacché la correttezza e la buona fede debbono essere reciproche, la contestazione deve essere tale che il lavoratore non possa ragionevolmente affermare di non avere capito ciò che
invece era comprensibile.
In questo contesto la pronuncia fa conseguire
“la piena ammissibilità della contestazione per relationem”. E in effetti la fattispecie riguardava una contestazione di addebito avente ad oggetto comportamenti ritenuti gravemente lesivi del vincolo fiduciario, di cui a ripetute segnalazioni ed a
dettagliata relazione sottoscritta da diversi collaboratori. Il contenuto degli addebiti, specifico rispetto al contesto e dettagliato in una relazione, era stato considerato esaustivo e coerente con l’esercizio del diritto di difesa, in concreto garantito anche mediante la consegna di copia della relazione.
Assai importante, quale parte della contestazione, ossia del mezzo per porre il lavorate nella condizione di comprendere l’addebito, è anche l’esposizione – quando non sia evidente – dello rilievo dei fatti nello specifico contesto lavorativo. Del resto nella pronuncia, a proposito dell’indicazione dei fatti, si precisa
“tenuto conto del loro contesto”.
L’apprezzamento del requisito della specificità va condotto secondo i canoni ermeneutici applicabili agli atti unilaterali ed è riservato al giudice di merito.
Anche l’altra decisione che qui si segnala, ossia
Cass., ordinanza 30 settembre 2022, n. 28502, affronta il tema della specificità.
Il caso riguardava una contestazione disciplinare, alla quale era poi seguito un licenziamento, avente ad oggetto una serie di irregolarità, riscontrate a seguito di una relazione ispettiva e costituite dall’omessa segnalazione di numerose operazioni bancaria sospette o irregolari sotto diversi profili. La Corte territoriale aveva rilevato che la contestazione disciplinare appariva oscura ed ambigua in alcuni punti e che di fatto mancasse una chiara indicazione del comportamento lavorativo atteso.
Nel confermare il punto di vista della sentenza impugnata, La Suprema Corte – non potendo effettuare una valutazione nel merito – ribadisce che la contestazione disciplinare deve essere specifica, nel senso che deve contenere l’
esposizione puntuale delle circostanze essenziali del fatto ascritto all’incolpato, al fine di consentire a quest’ultimo il pieno
esercizio del
diritto di difesa. Risulta pertanto illegittimo il licenziamento laddove la lunga contestazione disciplinare non contesta in modo preciso i comportamenti addebitati all’incolpato, essendo frutto di un frettoloso copia e incolla dalla nota di servizio degli ispettori.
Ribadiscono i principi sopra illustrati, declinandoli in specifiche casistiche, diversi interessanti precedenti.
Cass., 20 marzo 2018, n. 6889 affronta un caso in cui la corte territoriale, malgrado la descrizione in dettaglio della condotta addebitata, non aveva valutato se la mancata indicazione dei nominativi di tutte le colleghe molestate – di cui una era stata individuata, nella lettera di contestazione, con le iniziali del nome e del cognome – avesse effettivamente determinato un’insuperabile incertezza nell’individuazione dei comportamenti imputati, tale da pregiudicare in concreto il diritto del lavoratore a difendersi.
Cass., 15 maggio 2014, n. 10662 riguarda un caso in cui la contestazione disciplinare faceva riferimento ad accuse formulate in sede penale (di associazione per delinquere, estorsione, falso, ricettazione aggravati), fatti contestati però indipendentemente dalla eventuale qualificazione della loro valenza penale ma con riferimento specifico al contrasto dei suddetti comportamenti ai doveri d’ufficio, come tratteggiati dalla contrattazione collettiva. I giudici hanno rilevato che in materia disciplinare non è richiesta l’osservanza di schemi prestabiliti e rigidi come invece accade nella formulazione dell’accusa nel processo penale, assolvendo la contestazione esclusivamente alla funzione di consentire al lavoratore incolpato di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa.
Analogamente Cass., 6 dicembre 2017, n. 29240 che ha ritenuto ammissibile la contestazione
per relationem, mediante il richiamo agli atti del procedimento per sequestro conservativo effettuato dalla Corte dei Conti nell’ambito dell’azione erariale esercitata nei confronti del dipendente, ove le ragioni del sequestro, riassunte nel verbale della Guardia di Finanza ad esso allegato, siano state portate a conoscenza dell’interessato, risultando così rispettati i principi di correttezza e di garanzia del contraddittorio
Cass., 9 ottobre 2015, n. 20319 ha ritenuto legittima la contestazione
per relationem che conteneva il richiamo agli atti del procedimento penale instaurato a carico del lavoratore, per fatti e comportamenti rilevanti anche ai fini disciplinari, ove le accuse formulate in sede penale siano a conoscenza dell’interessato, risultando rispettati in tal modo i principi di correttezza e garanzia del contraddittorio.
Cass., 1 agosto 2017, n. 19103 afferma che la violazione dei requisiti fondamentali della contestazione disciplinare, individuati nella specificità, immediatezza ed immutabilità, determina la nullità del provvedimento sanzionatorio irrogato. Infatti tali requisiti
“sono volti a garantire il diritto di difesa del lavoratore incolpato, diritto che sarebbe compromesso qualora si consentisse al datore di lavoro di intimare il licenziamento in relazione a condotte rispetto alla quali il dipendente non è stato messo in condizione di discolparsi, perché non tempestivamente contestate, perché diverse dalle condotte oggetto della iniziale contestazione, perché non adeguatamente definite nelle loro modalità essenziali ed essere così esattamente individuabili”. Nel caso specifico la Corte territoriale aveva ritenuto che la contestazione disciplinare risultava formulata in termini generici, recando riferimenti a fatti privi di collocazione temporale e riferiti a soggetti non specificati; in particolare non era stato chiarito
“il contesto” nel quale sarebbero state fornite le informazioni all’ex dipendente né
“i tempi e i soggetti dai quali sarebbe stata ascoltata la conversazione telefonica” nel corso della quale erano stati espressi dalla lavoratrice i giudizi denigratori.
Interessante è anche Cass., 30 maggio 2018, n. 13667 ha escluso che una lettera, finalizzata ad ottenere una dichiarazione di inesistenza della situazione di incompatibilità segnalata con esposto anonimo, potesse integrare una valida contestazione disciplinare.
L’assenza di specificità della contestazione disciplinare, oltre al piano difensivo, ha un’implicazione
sostanziale, poiché l’incertezza vizia di irrilevanza l’accusa, dato che non si può ritenere rilevante qualcosa che prima ancora è indeterminato.
Una contestazione indefinita è tale da compromettere sia la verifica di sussistenza del
fatto materiale contestato, sia quella di corrispondenza delle condotte poste a base del licenziamento con le
previsioni dei contratti collettivi, inevitabili essendo perciò le implicazioni sul
piano sanzionatorio.
Per un orientamento sui due profili rinvio, quanto al primo, a Del Punta
“Il «fatto materiale»: una riflessione interpretativa” in
Labor, 2016, fascicolo 5-6, p. 343 e ss.; quanto al secondo a Negri
“La tutela reintegratoria di cui all’art. 18, comma 4, st. lav., è applicabile anche laddove la sanzione conservativa sia prevista da norme collettive contenenti clausole generali o elastiche” in
Labor, 10 agosto 2022, e, mi sia consentito, al mio “Due interessanti pronunce in materia di licenziamenti disciplinari” in HR On Line n. 12, 2022.
Filippo Capurro, avvocato in Milano
Visualizza i documenti:
Cass.,ordinanza 30 settembre 2022, n. 28502;
Cass., 7 ottobre 2022, n. 29332
Scarica il
commento in PDF
L'articolo
La specificità nella contestazione disciplinare tra essenzialità, comprensibilità e certezza sembra essere il primo su
Rivista Labor - Pacini Giuridica.