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Parole chiave

locazione commerciale – affitto d’azienda – qualificazione – contratto – conversione – indici – interpretazione – bene – azienda – preesistenza – unità produttiva – godimento – pertinenze – rito

Sintesi

La linea distintiva tra contratto di locazione commerciale di bene immobile e affitto d’azienda non è netta nelle sue applicazioni pratiche. È pertanto indispensabile un ragionato e corretto inquadramento dell’accordo, al momento della sua redazione, per evitare il rischio di una sua riqualificazione in sede giudiziale che comporterebbe l’applicazione di una diversa disciplina, dalle conseguenze inattese e spesso non volute da almeno una delle parti. Nella prassi commerciale questo produce un contenzioso diffuso, spesso generato dalla richiesta dell’affittuario di conversione del rapporto di affitto di azienda in locazione commerciale, che gli vedrebbe riconosciute maggiori tutele. Ma qualche volta anche dalla richiesta del locatore, che intende valersi dei procedimenti speciali di sfratto per liberare l’immobile. L’orientamento più recente e reiterato della Corte di Cassazione ribadisce gli indici essenziali per identificare un affitto d’azienda rispetto ad una locazione commerciale, ponendo il focus sulla preesistenza dell’organizzazione aziendale e sulla effettiva intenzione delle parti.

La richiesta di conversione dell’affittuario in rapporto locatizio

La richiesta dell’affittuario, in sede giudiziale, di conversione del rapporto di affitto di azienda  ex art. 2562 c.c. (o ramo di essa) in locazione commerciale (disciplinato dalla L. 27 luglio 1978, n. 392 “Disciplina delle locazioni di immobili urbani”) è volta ad ottenere il riconoscimento delle maggiori tutele previste dalla normativa vincolistica sulle locazioni a favore del locatario, rispetto all’affittuario. In particolare, al fine di ottenere la riqualificazione, l’affittuario dovrà provare che, a prescindere dalla denominazione adottata dalle parti, l’oggetto del contratto non è il godimento (a fronte del pagamento del canone) di un complesso organizzato e unitario di beni mobili e immobili, materiali ed immateriali, capace di produrre beni o servizi ma la mera messa a disposizione dell’immobile con le eventuali pertinenze.

La conversione del contratto d’affitto d’azienda in locazione commerciale comporterà non solo l’applicazione delle relative norme suppletive, in caso di carenze nella regolamentazione pattizia, ma anche la possibilità di sostituzione delle clausole contrattuali in contrasto con le norme inderogabili della disciplina locatizia.

Il bene di cui si concede il godimento: distinzione tra immobile e azienda

Il focus sarà da porre sulla tipologia di bene di cui si concede il godimento. Una distinzione valida anche per differenziare la compravendita di bene immobile rispetto alla cessione d’azienda: occorre distinguere tra complesso già organizzato in forma aziendale al momento della conclusione del contratto rispetto ad un semplice bene immobile, seppur dotato di beni e servizi strumentali al godimento dell’immobile in quanto tale.

Più precisamente, nella locazione di un bene immobile, seppur con pertinenze, la convenzione negoziale “ha per oggetto un bene, l’immobile concesso in godimento, che assume una posizione di assoluta ed autonoma centralità nell’economia contrattuale, secondo la sua consistenza effettiva e con funzione prevalente ed assorbente rispetto agli altri elementi che, legati materialmente o meno ad esso, assumono, comunque, carattere di accessorietà, rimanendo ad esso collegati sul piano funzionale in una posizione di coordinazione-subordinazione” (v. Cass. 3888/2020; Cfr anche Cass. 20815/ 2006; Cass. 24376/2017). Al contrario, continua la medesima sentenza, nel contratto di affitto di azienda “lo stesso immobile è considerato non nella sua individualità giuridica, ma come uno degli elementi costitutivi del complesso dei beni (mobili ed immobili) legati tra loro da un vincolo di interdipendenza e complementarietà per il conseguimento di un determinato fine produttivo, così che oggetto del contratto risulta proprio il complesso produttivo unitariamente considerato, secondo la definizione normativa di cui all’art. 2555”.

Locazione di bene o affitto d’azienda secondo la Suprema Corte, n. 3888/2020

Sul punto, la Corte di Cassazione n. 3888 del 17 febbraio 2020, richiamando alcuni suoi precedenti (v. Cass. S.U. 5087/ 2014; Cass. 13319/2015) ha chiarito i criteri che consentono di distinguere tra locazione di un immobile e affitto di azienda (o ramo della stessa).

Il caso prendeva origine dalla conclusione di un contratto di affitto di ramo azienda di un punto vendita in un centro commerciale. Oggetto dell’affitto erano locali al grezzo ed alcune pertinenze.

Sia il Giudice di primo grado, che la Corte d’Appello qualificavano il contratto come cessione-affitto d’azienda “per via del fatto che le parti hanno inteso trasferire unitariamente un complesso di beni mobili ed immobili dotato di potenzialità produttiva, ancorchè l’attività non fosse iniziata al momento della conclusione del contratto” (Cass. 3888/2020).

Secondo la Corte di Appello, in particolare, che quel complesso di beni costituisse un “unitario complesso organizzato a fini produttivi”, emergeva da indici come “la collocazione del bene all’interno del centro commerciale, la possibilità di sfruttare le aree comuni, il godimento altresì delle attrezzature, il diritto di ricevere i servizi, il diritto di utilizzare il know how.”

A detta della Corte di Cassazione invece, la Corte di merito è incorsa in un errore di sussunzione dei fatti materiali nella fattispecie astratta corretta.

Gli indici di distinzione secondo la Suprema Corte

Secondo la Corte di Cassazione, infatti, per comprendere la distinzione, occorre innanzitutto identificare l’elemento che caratterizza l’azienda, ovvero “l’organizzazione impressa per l’esercizio di un’attività”.

Riprendendo i suoi precedenti, la Corte ha ribadito che può parlarsi di azienda solo quando la pluralità di beni è organizzata dall’imprenditore per lo svolgimento della propria attività antecedentemente alla stipula del contratto di affitto. Al contrario c’è locazione (con pertinenze) quando l’impresa è iniziata per la prima volta dall’affittuario ed è costui a dare per la prima volta organizzazione dei beni concessi in godimento.

Due, in sintesi, gli indici di distinzione riconosciuti essenziali:

  • occorre in primo luogo determinare “la preesistenza di una organizzazione in forma di azienda dei beni oggetto di contratto, mancando la quale non si può dire che sia stato ceduto il godimento di un’azienda o di un suo ramo;
  • in secondo luogo, solo “ove si accerti che i beni erano al momento del contratto organizzati per l’esercizio dell’impresa già dal dante causa”, occorre verificare se le parti abbiano inteso trasferire o concedere il godimento del complesso organizzato, oppure semplicemente di un bene immobile, rispetto al quale gli altri beni e servizi risultano strumentali al godimento del bene, restando poi libero l’avente causa di organizzare ex novo un’azienda propria. E ciò tenendo conto che un complesso di beni organizzato costituisce azienda se i beni sono tali da poter costituire, attraverso l’organizzazione di cui si è detto, un’azienda vera e propria,

Nel caso in esame, secondo la Corte Suprema doveva tenersi conto “del fatto che, nella fattispecie, i beni ceduti, insieme al locale erano costituita da un massetto, un registratore ed un gabinetto, ossia da cespiti la cui cessione, di per sé, non integra un trasferimento di ramo aziendale”. 

La disciplina sostanziale e processuale: differenze

Rilevante per la disciplina applicabile, la qualificazione nell’una o nell’altra tipologia.

A titolo di esempio, nell’affitto di azienda non si applicano le previsioni di cui alla L. n. 392/1978. Dunque, ad esempio, all’affittuario non sono riconosciuti ex lege il diritto di prelazione in caso di vendita (art.3.) e l’indennità di avviamento (art.34) così come non c’è un vincolo minimo di durata del contratto (art.1). Inoltre, per l’affitto di azienda, non rilevano le problematiche locatizie relative allo step rent (c.d. canone a scaletta) e alla tipicità dei casi di recesso a favore del locatore prima della scadenza (art. 59).

Da un punto di vista processuale, in entrambe le ipotesi il rito applicabile è quello locatizio ex art. 447 bis c.p.c.. In caso di affitto di azienda, tuttavia, il locatore non può valersi del procedimento speciale per l’intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione o per morosità prevista dagli artt. 657 e 658 c.p.c.

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