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La sentenza del Tribunale di Vicenza n. 398 del 22 novembre 2022 esamina diversi importanti temi del diritto sindacale, pronunciandosi a definizione del giudizio di opposizione al decreto reso in un procedimento per repressione della condotta antisindacale ai sensi dell’art. 28 l. 20 maggio 1970, n. 300. In sintesi, la società opponente lamentava che erroneamente il Giudice della prima fase sommaria avesse dichiarato la sussistenza di una condotta antisindacale, consistita primariamente nella pretesa datoriale di sottrarsi alla vincolatività del Contratto Collettivo Nazionale fino a quel momento applicato, sulla motivazione dell’abbandono dell’associazione datoriale firmataria con adesione ad una diversa entità (firmataria di altro CCNL di settore), avvenuto dopo la scadenza del CCNL ma in costanza della clausola di ultrattività dallo stesso prevista. Conseguentemente, era stato censurato dal decreto del Giudice anche il connesso rifiuto opposto dalla società alla costituzione di RSA espresse dalle Organizzazioni Sindacali firmatarie del precedente CCNL disapplicato e all’esercizio da parte delle stesse del diritto di assemblea. Il Tribunale, nel confermare con sentenza la statuizione del decreto opposto circa la sussistenza di una condotta antisindacale, fa applicazione dei principi consolidati nella più recente giurisprudenza di merito e legittimità (prodottasi copiosamente, con un repentino passaggio da decenni di teoria a pochi anni di pratica, a seguito del noto cd. “Caso Fiat”), evidenziando in particolare l’impossibilità per il singolo datore di lavoro di recedere (o dare disdetta) da un accordo alla cui stipulazione non ha partecipato. In altre parole, il datore di lavoro che aderisca ad un’associazione datoriale stipulante un CCNL, o che anche solo abbia dimostrato nel tempo per fatti concludenti di applicare la disciplina contrattuale di un CCNL (su quest’ultimo aspetto specifico si vedano le recenti Cass., 11 novembre 2022, n. 33420; Cass., 13 gennaio 2022, n. 935; Cass., 30 dicembre 2021, n. 42001), non ha alcun potere di “disdettare” il contratto o di “recedere” dallo stesso, non essendo una parte stipulante (Cass., 20 agosto 2019, n. 21537; Trib. Roma, 27 maggio 2020; Trib. Roma, 28 luglio 2016, n. 83750). Rispetto a quanto appena detto, la sentenza in commento chiarisce altresì che il mero abbandono da parte del datore di lavoro dell’associazione datoriale stipulante, con adesione ad altra associazione, non genera l’automatica modifica della disciplina contrattuale applicabile, posto che il CCNL rimane vincolante in ogni caso fino alla sua naturale scadenza (Cass., 20 agosto 2019, n. 21537). Su questo punto il caso di specie si rivela particolarmente interessante, in quanto la società opponente pretendeva in realtà di essere sciolta dal regolamento contrattuale, fino a quel momento applicato, a partire da un momento in cui non solo la stessa aveva abbandonato l’associazione datoriale stipulante per aderire ad altra entità firmataria di diverso CCNL, ma il medesimo CCNL era stato disdettato dalle Organizzazioni Sindacali ed erano pendenti le trattative per il suo rinnovo, non ancora avvenuto. Il Tribunale di Vicenza, però, pone l’attenzione sulla presenza di una clausola contrattuale, contenuta nel medesimo CCNL, di ultrattività dello stesso fino al rinnovo (e di retroattività del nuovo CCNL stipulato), affermando che, se la società era vincolata dal CCNL senza possibilità di disdettarlo o di recedere non essendone parte stipulante, parimenti doveva considerarsi vincolante la clausola di ultrattività nello stesso contenuta, con il risultato di obbligare il datore di lavoro a rimanere legato all’applicazione di detto contratto fino al suo rinnovo, per poi continuare ad essere vincolato al nuovo CCNL rinnovato (con efficacia retroattiva). Un simile principio di diritto affermato dal Tribunale di Vicenza desta invero qualche perplessità, posto che, in concreto, non è facile comprendere in quale momento potrebbe allora intervenire il diritto del datore di lavoro di sciogliersi da un’associazione datoriale (e conseguentemente dal CCNL dalla stessa sottoscritto) per esercitare il proprio diritto di aderire liberamente ad una diversa associazione (applicando un diverso CCNL, purché coerente con il settore produttivo e merceologico di riferimento ai sensi dell’art. 2070 c.c.). Tale difficoltà nell’individuare il momento in cui il datore di lavoro può sciogliersi da una disciplina contrattuale sembrerebbe in contrasto con il principio, costantemente affermato in materia di contrattazione collettiva, per cui alcun soggetto può essere vincolato in modo perpetuo ad un rapporto di tipo privatistico (Cass., 11 maggio 2022, n. 14961; Cass., 17 settembre 2019, n. 23105); principio peraltro richiamato dallo stesso Tribunale di Vicenza, che conferma la libertà sindacale del singolo datore di lavoro di “determinarsi rispetto all’adesione o meno alle associazioni di categoria o alle regole che le parti sociali si sono date”. All’esito del ragionamento con cui il Tribunale di Vicenza ha dunque dichiarato illegittima la condotta a mezzo della quale la società opponente ha preteso di sottrarsi all’applicazione del CCNL fino a quel momento in vigore, è stata riconosciuta anche la natura antisindacale del rifiuto, fondato su tale “disdetta” del contratto, alla costituzione di RSA da parte delle Organizzazioni Sindacali stipulanti il contratto stesso e all’esercizio da parte loro del diritto di assemblea. I due aspetti appaiono infatti strettamente connessi, stante “la rilevanza in sé ai sensi dell’art. 28 St. lav. della condotta di [omissis] consistita nella disapplicazione del ccnl UNIC, annunciata con la comunicazione del novembre 2021. Tale contegno è infatti immediatamente ed autonomamente suscettibile di ledere l’immagine dei sindacati firmatari del contratto disapplicato e la relativa forza contrattuale, nonché di produrre diretti pregiudizi rispetto all’esercizio dei diritti sindacali all’interno dell’azienda, considerato che ai sensi dell’art 19 St. lav. la firma del contratto collettivo applicato all’unità produttiva è la condizione necessaria per la costituzione della rappresentanza sindacale aziendale”. Un principio del tutto simile è stato affermato, soltanto un giorno dopo la pubblicazione della sentenza in commento, anche dal Giudice del Lavoro di Napoli (Trib. Napoli, 23 novembre 2022, n. 6091), per il quale la decisione del datore di lavoro (pubblico) di applicare ai nuovi assunti un CCNL diverso da quello vigente per i dipendenti già in servizio lede gravemente i diritti delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del contratto applicato ai “vecchi” ma non ai “nuovi” lavoratori, privandole della prerogativa di rappresentare tutti i lavoratori dell’azienda e depotenziando la portata delle loro azioni di lotta e sensibilizzazione. Sabrina Grivet Fetà,  avvocatessa specialista in Reggio Emilia e dottoressa di ricerca nell’Università di Modena e Reggio Emilia Visualizza il documento: Trib. Vicenza, 22 novembre 2022, n. 398 Scarica il commento in PDF L'articolo Modifica unilaterale del Contratto Collettivo Nazionale applicato e condotta antisindacale sembra essere il primo su Rivista Labor - Pacini Giuridica.

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