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licenziamento-per-superamento-del-comporto-e-disabilita-nascoste-sotto-la-cenere-le-braci-della-discriminazione-indiretta
Con l’ordinanza in commento (6 novembre 2023, n. 30866) la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla sentenza della Corte d’Appello, territorialmente competente, in merito al ricorso, proposto da un lavoratore licenziato per giusta causa, a seguito di procedimento disciplinare (v., tra le tante, Cass.  11 luglio 2023, in Labor, 22 novembre 2023, con nota di NEGRI, Non integra la giusta causa di licenziamento l’utilizzo del lavoratore, nei propri scritti difensivi, di espressioni sconvenienti e/o offensive nei confronti del datore di lavoro, e Cass., 13 aprile 2022, n. 12038, ivi, 2 maggio 2022, con nota di POSO, Il licenziamento per giusta causa per gravissime irregolarità commesse, sistematicamente, nell’istruttoria di numerose pratiche relative all’indennità Naspi e nella gestione delle pratiche di rilascio del pin. Quale rilevanza per il Codice di comportamento (di natura disciplinare) adottato dall’Inps?). In particolare, nel caso di specie, il lavoratore, coinvolto in un contenzioso civile sul TFR, querela in sede penale, pur consapevole della non veridicità della condotta denunciata, il datore di lavoro per appropriazione indebita del TFR. Orbene, la rappresentazione dolosa del lavoratore di fatti non veritieri, finalizzata esclusivamente a ledere l’onore e la rispettabilità del datore di lavoro, fonda la conseguente contestazione e integra la giusta causa di recesso di cui all’ art. 2119 c.c. intesa come «causa che non consenta la   prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto». La condotta del lavoratore è tale  da intaccare gravemente il vincolo di fiducia di cui all’art. 2105 c.c., norma in continua evoluzione giurisprudenziale, la cui portata ricomprende tutte le condotte «che, per la loro natura e le loro conseguenze, appaiono in contrasto con i doveri connessi all’inserimento del lavoratore nella struttura e nella organizzazione dell’impresa o creano situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi dell’impresa stessa o sono idonei, comunque, a ledere il vincolo fiduciario del rapporto stesso» e  il cui contenuto necessita  di integrarsi con i canoni di correttezza e buona fede contemplati agli artt. 1175 c.c. e 1375 c.c.. In questa ottica, la Corte distrettuale, conferma la sentenza del giudice di prime cure, ribadisce che le «prerogative legittimamente azionabili da ogni cittadino» non sono lese laddove la condotta posta in essere dal lavoratore in mala fede danneggi ingiustamente il datore di lavoro. Il lavoratore licenziato ricorre in cassazione deducendo tre autonomi motivi di ricorso, ritenuti infondati dal Collegio: 1) «Con il primo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 2119 c.c., 18 legge n. 300/1970, 2697 c.c., 2909 c.c., 333 c.p.c., 46 R.D. n.  148/1931: sostiene insussistenza del fatto contestato per avere rispettato il principio di continenza formale e sostanziale degli atti depositati in sede penale su consiglio dei propri legali; 2)Con il secondo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 2697 c.c., 333 c.p.p., 115 e 116 c.p.c., 2727 e 2729 c.c.: sostiene la mancanza di giusta causa e la propria buona fede; 3) con il terzo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione dell’art. 43 R.D. n.148/1931 all. A, che prevede l’applicazione di sanzione conservativa nel caso di  “calunnie o diffamazioni verso l’azienda o verso altri agenti”: sostiene erronea applicazione da parte dell’azienda dell’art. 45  R.D. cit., che punisce con la destituzione «chi dolosamente  rechi o tenti di recare danno all’azienda nei contratti per lavori, provviste, accolli, e vendite o in qualunque altro ramo del  servizio». La Suprema Corte richiama i propri consolidati orientamenti giurisprudenziali (cfr. Cass. n. 29526/2022, Cass., n. 1379/2019, Cass., n. 22375/2017) sulla configurazione della condotta del lavoratore «non pertinente all’effettiva tutela del diritto di credito». L’esercizio del diritto di critica, nel caso di specie, è fonte di responsabilità laddove il lavoratore ricorre ai pubblici poteri «in maniera strumentale e distorta, ossia agendo nella piena consapevolezza dell’insussistenza dell’illecito o dell’estraneità allo stesso dell’incolpato» integrando, un comportamento lesivo del rapporto di fiducia e, dunque,  una giusta causa di licenziamento. Ugualmente non meritevole di accoglimento il secondo motivo di ricorso per il quale la Suprema Corte afferma il principio di diritto secondo cui «l’attività di integrazione del precetto normativo di cui all’art. 2119 c.c. (norma cd. elastica), compiuta dal giudice di merito non può essere censurata in sede di legittimità se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza del giudizio di sussunzione del fatto concreto, siccome accertato, nella norma generale» (cfr. Cass. n. 13534/2019, e giurisprudenza ivi richiamata; cfr. anche Cass. n. 985/2017, n. 88/2023, n. 26043/2023; v. anche, Cass. n. 14063/2019, n. 16784/2020, n. 17321/2020). Infine, la Corte esclude la sussistenza del vizio di sussunzione, denunciato con il terzo motivo, in quanto l’addebito contestato al lavoratore configura un’ipotesi di strumentalizzazione della condotta pregiudizievole posta in essere, «desunta dalla consapevole omissione di circostanze significative nella descrizione dei fatti con riferimento alle somme già percepite e alla superflua duplicazione di questioni già oggetto di contenzioso civile tra le parti» non il reato di calunnia o diffamazione. Alla luce di quanto sopra, si riconosce alla pronuncia in commento il merito di aver ampliato, in assenza di un elenco tassativo di giuste cause di licenziamento, il novero delle fattispecie di licenziamento per giusta causa e al contempo rafforzato la stringente relazione esistente tra giusta causa e lesione del rapporto fiduciario rendendo inapplicabile, altre sanzioni di tipo conservativo a tutela dell’interesse del datore di lavoro. Maria Aiello, primo tecnologo CNR, responsabile Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare, sede di Catanzaro Visualizza il documento: Cass., ordinanza 6 novembre 2023, n. 30866 Scarica il commento in PDF L'articolo Legittimo il licenziamento per giusta causa del lavoratore che querela il datore di lavoro pur essendo consapevole della non veridicità della condotta denunciata sembra essere il primo su Rivista Labor - Pacini Giuridica.

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