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La Suprema Corte, nella sentenza de qua (Cass., 6 dicembre 2023, n. 34090), ha sancito il principio per cui, una volta disposto il trasferimento del pubblico dipendente, per consentirgli l’assistenza a familiare disabile, questo non può essere revocato per l’intervenuto decesso dell’assistito nel corso del giudizio; secondo gli ermellini occorre, invece, seguire le regole proprie della mobilità dei pubblici dipendenti ispirate dalla necessità di rispettare le priorità fra più aspiranti e di verifiche sulla disponibilità dei posti (Cassazione civile, Sez. lav., sentenza 6 dicembre 2023, n. 34090). Ciò porta a dire che il nuovo trasferimento, per quanto basato sul venir meno in corso di causa del presupposto fattuale che l’aveva legittimato, non estingue retroattivamente il preesistente diritto della lavoratrice, ma importa il sorgere di situazioni soggettive, per entrambe le parti del rapporto di lavoro, nuove e, come tali, potenzialmente deducibili in altro giudizio e non nel presente. In breve, il diritto al trasferimento che sia stato riconosciuto ed attuato prima del sopravvenire di circostanze nuove e modificative del pregresso assetto fattuale, si cristallizza quale oggetto del giudizio che lo riguarda (Lamonaca, Le agevolazioni ed i limiti al trasferimento dei lavoratori che prestano assistenza ai disabili gravi, in LG, 2014, 12, 1051 ss.; Buoso, Trasferimento (implicito) e salvaguardia delle esigenze di assistenza del familiare disabile a seguito di pronuncia di illegittimità del termine, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, 2016, II, 480 ss.; Mesiti, L’handicap e il divieto di trasferimento del lavoratore, in LG, 2013, 5, 506 ss.; Bonardi, I diritti dimenticati dei disabili e dei loro familiari in seguito alle recenti riforme, in RGL, 2011, I, 779 ss., in part. 811 ss.). Ciò significa che tale processo ha l’effetto soltanto di definire se esisteva il diritto al trasferimento così attuato e non altro, sicché non vi è alcuna efficacia di giudicato rispetto a fattispecie diverse, riguardanti un eventuale nuovo trasferimento attuato, da attuare o potenzialmente attuabile in ragione (anche) del venir meno dei presupposti che giustificarono il primo trasferimento e comunque nel rispetto di altre concorrenti posizioni soggettive attive di altri aspiranti e di ogni altra verifica necessaria, in punto di fatto e di diritto. Un dipendente del Ministero della Giustizia, ha agito in giudizio per ottenere il riconoscimento del diritto al trasferimento per assistere un familiare disabile, ai sensi dell’art. 33, comma 5, L. n. 104/1992. La domanda è stata accolta dal Tribunale di Agrigento. Dopo che il Tribunale ha riconosciuto il diritto al trasferimento per vicinanza a familiare disabile, la Corte d’appello ha confermato la decisione, anche se nel corso del giudizio d’appello il familiare disabile è deceduto. Il Ministero della Giustizia ha quindi proposto ricorso per cassazione. La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha osservato come il decesso del familiare, per il quale era stato chiesto il trasferimento da parte del pubblico dipendente, si sia verificato solo in grado di appello e dopo che vi era stata condanna del MIUR ad attuare il trasferimento. Il MIUR afferma solo che il diritto al trasferimento non vi è più proprio in ragione del decesso del predetto familiare. La Cassazione fa presente che il venire meno nel corso del processo di un fatto costitutivo anteriormente esistente e per il quale vi sia già stato accoglimento della domanda può operare secondo diverse modalità. Infatti, esso può comportare l’immediato ripristino della situazione su cui esso incide, oppure il ripristino può avvenire solo a certe ed ulteriori condizioni (D’Andrea, I diritti del familiare del disabile: una questione ancora aperta, in MGL, 2009, 7, 525 ss.; Calafà, Disabilità e lavoro: il diritto di scelta della sede del lavoratore (non solo) pubblico, in RGL, 2008, II, 890 ss.; Laforgia, Il trasferimento del lavoratore invalido: la complessa ponderazione degli interessi contrapposti, in LG, 2007, 2, 181 ss.; Senatori, Limiti al diritto di scelta della sede del lavoro per l’assistenza al parente handicappato: il caso dell’obiettiva impossibilità per contrasto con esigenze aziendali, in Rivista Italiana di Diritto del Lavoro, 2003, II, 339 ss.) Nella prima ipotesi, ferma la possibilità di far accertare, eventualmente, la legittimità della situazione anteriormente esistente e realizzata fino al momento del verificarsi di quel fatto, la deduzione di quest’ultimo all’interno del processo nei termini utili alla deduzione dei fatti rilevanti nel merito comporterà la pronuncia sull’inesistenza del diritto; per converso, la mancata deduzione può comportare preclusioni di giudicato rispetto alla valorizzazione di esso in altra sede. Questo perché la situazione giuridica soggettiva è sempre la medesima. È pur vero che, in linea di massima, l’esistenza di un diritto oggetto di lite va sempre verificata al momento della decisione, ma tale regola generale incontra un limite quando si tratti, come nella vicenda in esame, d’un trasferimento che, una volta disposto, non può essere revocato improvvisamente per il solo venir meno delle condizioni fattuali che in origine lo giustificavano, dovendosi invece seguire le regole proprie della mobilità dei pubblici dipendenti ispirate dalla necessità di rispettare le priorità fra più aspiranti e le verifiche sulla disponibilità dei posti. In altre parole, un nuovo trasferimento dell’odierna controricorrente (ossia del pubblico dipendente che ha ottenuto il trasferimento per assistere il familiare, poi deceduto in corso di causa) in direzione opposta necessita di ulteriori valutazioni rispetto al posto da riassegnare, che in ipotesi potrebbe anche non esistere più o essere stato legittimamente assegnato ad altri (Dentici, Handicap del familiare e trasferimento del lavoratore, in DL, 2002, II, 301 ss.; Figurati, Osservazioni in materia di tutela del lavoratore familiare di portatore di handicap, in MGL, 2001, 349 ss.). Ciò porta a dire che il nuovo trasferimento, per quanto basato sul venir meno in corso di causa del presupposto fattuale che l’aveva legittimato, non estingue retroattivamente il preesistente diritto della lavoratrice, ma importa il sorgere di situazioni soggettive, per entrambe le parti del rapporto di lavoro, nuove e, come tali, potenzialmente deducibili in altro giudizio e non nel presente. In breve, il diritto al trasferimento che sia stato riconosciuto ed attuato prima del sopravvenire di circostanze nuove e modificative del pregresso assetto fattuale, si cristallizza quale oggetto del giudizio che lo riguarda. Ciò significa che tale processo ha l’effetto soltanto di definire se esisteva il diritto al trasferimento così attuato e non altro, sicché non vi è alcuna efficacia di giudicato rispetto a fattispecie diverse, riguardanti un eventuale nuovo trasferimento attuato, da attuare o potenzialmente attuabile in ragione (anche) del venir meno dei presupposti che giustificarono il primo trasferimento e comunque nel rispetto di altre concorrenti posizioni soggettive attive di altri aspiranti e di ogni altra verifica necessaria, in punto di fatto e di diritto. Nel caso in esame, quindi, il diritto dell’odierna controricorrente esisteva quando il trasferimento fu attuato: il successivo venir meno dei suoi presupposti legali (il decesso del familiare da assistere) non lo estingue, ma eventualmente radica il presupposto (o uno dei presupposti) affinché sia disposto un nuovo trasferimento (Vallauri, Esiste un diritto al trasferimento in corso di rapporto per il lavoratore che debba assistere un familiare handicappato?, in NGCC, 2000, I, 33 ss.; Tatarelli, Il trasferimento del lavoratore che assiste un familiare handicappato, in MGL, 1999, 923 ss.; Valente, Diritto all’assistenza del parente handicappato come diritto della persona e limite al potere datoriale di trasferimento, in RGL, 1998, II, 251 ss.). Ma ciò riguarda una situazione soggettiva nuova e diversa, estranea alla presente cognizione. La Cassazione, nel rigettare il ricorso del Ministero, osserva, dunque, che gli effetti di una tale sopravvenienza possono essere duplici: o il venir meno del fatto costitutivo è deducibile, di per sé, come fatto nuovo secondo le regole del processo e allora la deduzione comporta la dichiarazione da parte del giudice dell’estinzione del diritto al trasferimento. Oppure se il fatto nuovo viene ad incidere su di una situazione modificatasi (ad es. il posto precedente è stato legittimamente occupato da altro dipendente, magari, come nel pubblico impiego, per effetto di concorso), la deduzione del venir meno di un fatto costitutivo non potrebbe in ogni caso essere ritualmente dedotta e quindi estinguere retroattivamente il preesistente diritto del lavoratore, ma comporterebbe il sorgere di situazioni soggettive nuove, fondate anche su fatti ulteriori e, come tali, potenzialmente deducibili in altro giudizio e non in quello in commento, cristallizzato sulla legittimità del trasferimento riconosciuto dal Tribunale (D’Andrea, I diritti del familiare del disabile: una questione ancora aperta, in MGL, 2009, 7, 525 ss.;  Calafà, Disabilità e lavoro: il diritto di scelta della sede del lavoratore (non solo) pubblico, in RGL, 2008, II, 890 ss.). Giuseppe Maria Marsico, dottorando di ricerca in diritto privato e dell’economia e funzionario giuridico-economico-finanziario Visualizza il documento: Cass., 6 dicembre 2023, n. 34090 Scarica il commento in PDF L'articolo Sulla legittimità del trasferimento per assistere il familiare disabile, anche se deceduto in corso di causa sembra essere il primo su Rivista Labor - Pacini Giuridica.

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