Azione possessoria e tutela parti comuni del fabbricato: legittimazione attiva e limiti regolamentari
Tribunale di Milano – Quarta sez. civile – Ordinanza n. 5966/2019 del 17.12.2019
Condominio – parte comune – servitù negativa – legittimazione attiva amministratore di condominio – azioni possessorie – muri perimetrali.
“Il regolamento di condominio predisposto dall’originario unico proprietario dell’intero edificio, ove accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, assume carattere convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti non solo con riferimento alle clausole che disciplinano l’uso o il godimento dei servizi o delle parti comuni, ma anche a quelle che restringono i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca.”
“I condomini di un edificio, come l’amministratore loro rappresentante istituzionale, hanno sulle parti comuni dello edificio stesso, il possesso (corpore vel animo), e quindi hanno diritto ad agire, nel concorso di tutti i requisiti per tale azione, per la tutela possessoria in relazione ad atti compiuti da un condomino che interessino la facciata dell’edificio comune”.
CASO
La controversia involge una questione possessoria – ricorrente in ambito condominiale – consistente nella costruzione da parte di un condomino di una canna fumaria e/o di esalazione, sulla facciata interna e nell’area del cortile condominiale comune, in violazione anche del regolamento condominiale, nella parte in cui proibiva la modifica delle parti comuni senza previa autorizzazione dell’amministratore di condominio.
Il regolamento contrattuale condominiale vietava innovazioni e modifiche:
“3) qualsiasi modifica al fabbricato, anche qualora avvenisse nelle singole proprietà, pure non modificando l’estetica e la simmetria esteriore, dovrà essere autorizzata dall’Amministrazione del condominio. 4) Ogni variazione o intaccature ai muri divisori interni ed ai muri maestri dovrà ottenere il preventivo consenso scritto dell’Amministrazione di condominio, la quale, a sua volta, potrà a sua discrezione interpellare un ingegnere da retribuire a spese di chi intende apportare la variazione stessa”.
Dunque il Condominio, di fronte all’abuso commesso dal resistente, ricorreva all’autorità giudiziaria competente, proponendo azione a tutela del possesso ex art. 703 c.p.c., relativamente alla lesione al compossesso della parte comune condominiale, operata dalla costruzione realizzata, chiedendo la riduzione in pristino stato e/o comunque “tutti gli opportuni provvedimenti che risultassero necessari per la tutela dei diritti del Condominio”.
SOLUZIONE
Il Giudice, esaminata la documentazione, riteneva che la costruzione della canna fumaria risultasse in violazione del regolamento condominiale, a prescindere dal coinvolgimento dell’estetica e comunque valutando che il regolamento contrattuale possa imporre limiti al diritto dei singoli condomini (art. 1102 c.c.) anche maggiori anche rispetto alle previsioni legislative .
Pertanto il Tribunale accoglieva la domanda principale del Condominio ed ordinava al resistente, la rimozione della costruzione in oggetto con rimessione in pristino allo stato di fatto quo ante.
QUESTIONI
- La legittimazione attiva dell’amministratore di condominio
Riguardo l’eccezione di carenza di legittimazione attiva in capo all’amministratore di condominio, sollevata dal resistente, il Tribunale ritiene pacifica la legittimazione attiva dell’amministratore che deriva dalle stesse norme del codice civile ex art. 1130 c.c., comma 1, n.4.
Da tali norme discende non solo la legittimazione alla tutela tramite proposizione di azioni possessorie volte alla reintegra, ma anche per l’azione di manutenzione. “…Ciò poiché tale azione si collega al potere dell’amministratore di esercitare gli atti conservativi sui beni di proprietà comune del condominio”[1].[2]
Inoltre, afferma il giudicante che: “I condomini di un edificio, come l’amministratore loro rappresentante istituzionale, hanno sulle parti comuni dello edificio stesso, il possesso (corpore vel animo), e quindi hanno diritto ad agire, nel concorso di tutti i requisiti per tale azione, per la tutela possessoria in relazione ad atti compiuti da un condomino che interessino la facciata dell’edificio comune”.
Del resto, sotto un profilo squisitamente procedurale, il giudice a quo, rileva che comunque la carenza di legittimazione attiva dell’amministratore, risulta superata nel caso in esame, in cui è comunque intervenuta anche una condomina (intervento ad adiuvandum).
- La limitazione del godimento della parte comune
Appurato che lavori effettuati dalla resistente, costituissero una modifica delle parti comuni, il Tribunale osservava che la modifica di una parte comune condominiale o della sua destinazione “per mano” di un singolo condomino sottrae la destinazione di questa alla specifica funzione ed al compossesso, così legittimando i rimanenti condomini ad agire a tutela del proprio diritto, attraverso l’azione di reintegrazione ex art. 1168 c.c. ed azione di manutenzione ex art. 1170 c.c. qualora sopprima, turbi o renda più gravosa la modalità di esercizio della cosa comune.[3]
“In tema di azioni a difesa del possesso, la distinzione tra spoglio e molestia va posta non già sul piano della quantità, bensì su quello della natura dell’aggressione all’altrui possesso, nel senso che lo spoglio incide direttamente sulla cosa che ne costituisce l’oggetto, sottraendola in tutto o in parte alla disponibilità del possessore, mentre la molestia si rivolge contro l’attività di godimento del possessore, disturbandone il pacifico esercizio ovvero rendendolo disagevole o scomodo.[4]”
Va da se che la realizzazione di una canna fumaria e/o di esalazione (comunque di un manufatto) in appoggio al muro perimetrale di un edificio condominiale, costituisca modifica della cosa comune, che ciascun condomino può apportare a propria cura e spese, entro i confini previsti dall’articolo 1102 c.c. (uso paritario altrui, assenza pregiudizio stabilità, sicurezza e decoro)[5].
- Le conseguenze dell’accettazione del regolamento condominiale predisposto dell’originario unico proprietario dell’edificio
Nella fattispecie in esame sussisteva un regolamento contrattuale che vietava non solo le innovazioni ma anche le semplici modifiche della cosa comune, a prescindere “dall’estetica”, subordinandone la realizzazione all’autorizzazione dell’amministratore del condominio.
A prescindere dalla legittimità di una clausola regolamentare che attribuisca tale “potestas” all’amministratore e non all’assemblea, la Suprema Corte di cassazione da tempo ha affermato: “Il regolamento di condominio predisposto dall`originario unico proprietario dell`intero edificio, ove accettato dagli iniziali acquirenti dei singoli piani e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, assume carattere convenzionale e vincola tutti i successivi acquirenti non solo con riferimento alle clausole che disciplinano l`uso o il godimento dei servizi o delle parti comuni, ma anche a quelle che restringono i poteri e le facoltà dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, venendo a costituire su queste ultime una servitù reciproca.[6]”
La giurisprudenza di legittimità affermi come la costituzione di servitù prediali sulle parti comuni, a vantaggio dei piani e degli appartamenti, possa essere ammessa, quando il condomino non usa delle cose comuni “iure proprietatis”, ma “iure servitutis”.
Viene da sé che quando ciascun condomino utilizza le proprietà comuni nel rispetto della loro destinazione, ne godrà in virtù di un diritto di condominio, invece quando ne gode secondo diversa destinazione (iure servitutis, per l’appunto), gli altri partecipanti avranno diritto di impedire tale forma abusiva di godimento, tanto quanto di consentirla espressamente.
Tornando al caso specifico, il giudice della reintegra ha affermato che la canna fumaria, nonostante la mancata autorizzazione, costituisce di per sé una violazione della servitù negativa instauratasi tra i condomini in forza del regolamento condominiale accettato, che vieta ai singoli condomini di eseguire qualsivoglia costruzione (innovazione e/o modifica) sulle parti comuni, senza il consenso scritto..
Pertanto, nel caso in esame, l’opera realizzata sia la si voglia qualificare come canna fumaria sia come di esalazione: “integra uno spoglio o quantomeno turbativa nel possesso corrispondente all’esercizio di detta servitù, possesso esercitato da tutti i condomini sulle parti comuni dell’edificio”, in quanto i muri delimitanti l’edificio, detti “muri perimetrali”, costituiscono elemento strutturale comune a tutti i condomini, che dunque ne hanno il compossesso[7] e qualunque modifica, non consentita, costituisce violazione delle parti comuni, a prescindere se l’opera si rifletta negativamente sull’insieme dell’armonico aspetto dello stabile[8].
[1] Cass. Sez. II, 27 luglio 2007, n.16631
[2] Cass. Sez. II, 18 luglio 1984, n.4195
[3] Cass. Sez. II, 5 agosto 2005, n.16496
[4] Cass. Sez. II, 16 aprile 1981, n.2298
[5] Cass. 1995/7069; 1985/41099
[6] Cass. Sez. II, 15 aprile 1999, n.3749
[7] Cass. 23453 del 16/12/2004
[8] Cass. 16.5.2000 n.6341
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