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Tribunale di Roma, Sez VI^, civ. Sent. n. 3668 del 16 febbraio 2018

Art. 1575 c.c. – Art. 1576 c.c. – Art. 1578 c.c.

“Costituiscono vizi della cosa locata agli effetti dell’art. 1578 c.c. – la cui presenza non configura un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ai sensi dell’art. 1575 c.c., ma altera l’equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sull’idoneità all’uso della cosa stessa e consentendo la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo, ma non l’esperibilità dell’azione di esatto adempimento – quelli che investono la struttura materiale della cosa, alterandone l’integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se eliminabili e manifestatisi successivamente alla conclusione del contratto di locazione ’’

Il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore’’. […] invece sono riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 1576 c.c. ‘’ i guasti deterioramenti della cosa dovuti alla naturale usura o quegli accadimenti che determinino disagi limitati e transeunti nell’utilizzazione del bene, posto che in questo caso diviene operante soltanto l’obbligo del locatore di provvedere alle necessarie riparazioni ai sensi dell’art. 1576 c.c.[1] Dunque deve trovare applicazione la disciplina di cui all’art. 1576 c.c. con riferimento alle riparazioni necessarie dovute alla normale usura.’’

CASO

L’assegnatario di un azienda per la somministrazione al pubblico di bevande ed alimenti, a seguito di un’asta fallimentare conclusasi con il verbale di assegnazione della licenza, risulta affittuario in locali di proprietà del Comune di Roma Capitale. Poiché l’immobile si trova, a suo dire, in stato di inagibilità ed inutilizzabilità, cita in giudizio per le vie ordinarie il  Comune di Roma chiedendo un risarcimento dei danni per danno emergente e lucro cessante, collegato anche al fallimento di una trattativa inerente la mancata cessione del ramo di affitto di azienda.

Il Comune eccepisce l’occupazione senza titolo dei locali e chiede il rigetto delle domande, chiamando a manleva la propria compagnia assicuratrice.

Il Tribunale capitolino rileva l’erroneità del rito proposto, vertendo la controversia in materia locatizia, dispone la trasformazione del rito, concedendo alle parti i termini per le memorie integrative del rito locatizio.

La causa viene successivamente istruita e decisa.

SOLUZIONE

Il Tribunale di Roma rigetta la richiesta attorea per il risarcimento della manutenzione straordinaria per i guasti o deterioramenti dovuti alla normale usura, poiché, come riportato nel caso di specie, i danni lamentati derivano da difetti della struttura o comunque da vizi dell’immobile: viene confermato che non viene a configurarsi un inadempimento del locatore alle obbligazioni dell’art. 1575 c.c.

Tuttavia il giudice capitolino pur non accogliendo integralmente la richiesta  risarcitoria formulata da parte attrice, in quanto assume che l’onus probandi del ricorrente non può essere assolto per effetto della CTU – nella specie assolta in sede di accertamento tecnico preventivo – in quanto non può esonerare la parte dall’obbligo di fornire la prova di quanto assume, potendo essere negata dal giudice, qualora tenda a supplire la prova o compiere un’indagine esplorativa, accoglie solo la domanda per lucro cessante, conseguente alla perdita di guadagno del conduttore-assegnatario per mancata cessione di affitto di ramo d’azienda..

QUESITI

La questione è di interesse in quanto si occupa  di affrontare e definire le questioni inerenti la responsabilità del locatore nei rapporti tra privato ed Amministrazioni dello Stato, in ragione dell’obbligazione del locatore di mantenere la cosa in buono stato locativo.

La giurisprudenza e la dottrina insegnano che la responsabilità del locatore per gravi difetti, deve essere inquadrata attraverso il combinato disposto degli articoli 1581 e 1578 c.c. e non a quella di cui all’articolo 1576 c.c.

A vizi differenti, corrispondono differenti tutele tra quelle poste in essere dall’ordinamento.

I vizi della cosa locata che investono la struttura materiale della cosa e ne alterino l’integrità in modo da impedire o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se eliminabili e manifestatisi successivamente alla conclusione del contratto, consentono i rimedi della risoluzione del contratto o della riduzione del corrispettivo, non incidendo sull’azione di esatto adempimento.

Viceversa rimangono esclusi dal perimetro applicativo dell’articolo 1578 c.c., ricadendo sotto l’art. 1576 c.c., quindi sotto l’obbligo del locatore di porvi rimedio,,  quei guasti o deterioramenti dovuti alla naturale usura o comunque gli accadimenti che determinino disagi limitati e  transeunti nell’utilizzazione del bene e la cui inosservanza da parte del locatore comporta l’inadempimento contrattuale[2] e che quindi giustificano il rimedio contrattuale dell’azione di esatto adempimento.

Calando i parametri applicativi delle norme al caso concreto, il Tribunale di Roma rigetta la domanda avanzata dal conduttore di esatto adempimento e condanna, in quanto qualifica di natura  strutturale i vizi riscontrati ed accertati sul bene  e quindi rientranti nella manutenzione straordinaria, atteso che, testualmente: “l’ordinamento giuridico non contempla il rimedio dell’esatto adempimento né sotto forma di condanna ad un facere specifico né sotto forma  di condanna al pagamento dell’equivalente”; attesi limiti applicativi di cui all’articolo 1578 c.c. e soprattutto le conseguenze giuridiche sulle domande proposte.

Tuttavia, il conduttore invoca l’esatto adempimento anche per le opere di manutenzione ordinaria e quindi quelle rientranti nell’ambito dell’articolo 1576 c.c. per le quali il rimedio dell’esatto adempimento è viceversa consentito ed applicato di tal che il locatore, deve eseguire durante la locazione “tutte le riparazioni necessarie”.

Orientamento consolidato della Suprema Corte[3] riconosce: “sono riconducibili alla fattispecie i guasti o deterioramenti della cosa dovuti alla naturale usura o quegli accadimenti che determinano disagi limitati e transeunti nell’utilizzazione del bene, posto che in questo caso diviene operante soltanto l’obbligo del locatore di provvedere alle necessarie riparazioni ai sensi dell’articolo 1576 c.c.”.

Pertanto, in ordine alle domande risarcitorie di parte ricorrente, il Tribunale correttamente rileva che risulta dimostrata nella fattispecie in esame: “il mancato adempimento dell’obbligo di mantenimento della cosa in buono stato locativo da parte del locatore”, che giustificherebbe, secondo il comma 2^ dell’art. 1578 c.c. il risarcimento dei danni derivanti da vizio della cosa.

Tuttavia, facendo corretta applicazione delle norme generali in materia di risarcimento contrattuale del danno, rileva che la prova non può essere demandata tout court alla CTU, che altrimenti assumerebbe natura esplorativa[4], vietata dall’ordinamento, dovendo invece essere assolta dalla parte danneggiata che invoca la tutela risarcitoria.

Di tal chè ne ricava, che al ricorrente compete il risarcimento unicamente delle voci di danno dimostrate e conseguenti alle effettive perdite economiche subite; per l’effetto respinge la richiesta risarcitoria piena richiesta e condanna Roma Capitale al pagamento dei soli danni da lucro cessante (perdita di guadagno) accertati (perdita di un contratto preliminare di affitto di ramo di azienda) comunque slegati dagli obblighi di manutenzione in capo al locatore.

Infine, altro motivo di interesse della sentenza in capo al giurista risulta essere “l’emblematica” difesa del convenuto-resistente Roma Capitale, nella parte in cui eccepisce come la cessione dell’azienda non avrebbe determinato la cessione del contratto di locazione, in quanto nel contratto di cessione “non vi sarebbe riferimento al contratto di locazione, che pertanto non può considerarsi ceduto”. Tuttavia il Tribunale rileva come l’eccezione è infondata, vuoi perché invece nella cessione di azienda vi è esplicito riferimento al contratto di locazione, vuoi in quanto il curatore fallimentare ha effettuato esplicita comunicazione ex art. 36 L.392/78 al locatore e quindi la predetta eccezione relativa al rapporto cedente-cessionario, non potrebbe essere sollevata dal locatore estraneo alle vicende del contratto di cessione di azienda.

[1] Cass. civ. 9 maggio 2008, n. 11514, Cass. civ. 15 maggio 2007, n. 11198

[2] Cass. Civ. Sez. 2^ n.24459 del 21.11.2011

[3] Cass. Civ. sez. III^ 9.5.2008 n.1154; Cass. Civ. 15.5.2007 n.11198.

[4] Ex plurimis: Cass. Civ. sez. III^  n.11317 del 21.7.2003

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