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Cass. Civ. , Sez. III  Ord. 16-12-2019  n. 33195 –  VIVALDI – Presidente, DI FLORIO – Relatore

Assicurazione sulla vita – successione legittima  –  testamentaria

(C.c., art. 1920, 536 ss.  c.c. )

Vanno sottoposte alle Sezioni Unite le seguenti questioni: a) se in materia di assicurazione sulla vita in favore di un terzo, in presenza della diffusa formula contrattuale, presente anche nel contratto in esame e genericamente  riferita ai “legittimi eredi”, detta espressione sia meramente descrittiva di coloro che, in astratto, rivestono la qualità di eredi legittimi o se debba intendersi, invece, che sia riferita ai soggetti effettivamente destinatari dell’eredità; b) se la designazione degli eredi in sede testamentaria possa interferire, in sede di liquidazione di indennizzo, con la individuazione astratta dei legittimi eredi; c) se, in tale seconda ipotesi, il beneficio indennitario debba ricalcare la misura delle quote ereditarie spettanti ex lege o se la natura di “diritto proprio” sancita dalla norma (cfr. art. 1920, ultimo comma, c.c.) imponga una divisione dell’indennizzo complessivo fra gli aventi diritto in parti uguali.

CASO

L’attore A.B. conveniva in giudizio una compagnia assicurativa al fine di ottenere una liquidazione, secondo principi successori e non sulla base della mera designazione contrattuale, delle somme spettategli a titolo di indennità relativamente a quattro polizze assicurative sulla vita.

Secondo i giudici di primo grado, che rigettarono la domanda dell’attore, sulla liquidazione di tali contratti assicurativi, sottoscritti negli anni 2008-2009 dal fratello defunto, avrebbero concorso anche i quattro nipoti – succeduti per rappresentazione alla sorella deceduta in data anteriore alla sottoscrizione delle polizze – seguendo la designazione contrattuale.

Contro la pronuncia della Corte d’Appello, che accoglieva invece l’impugnazione dell’attore, la compagnia assicurativa ha proposto ricorso in Cassazione adducendo due motivi.

La compagnia ricorrente, con il primo motivo, assume che le clausole generali, contenute nelle quattro polizze stipulate, con le quali si designano i beneficiari in caso di morte del contraente, indichino gli aventi diritto iure proprio all’indennità assicurativa. La fonte regolatrice del rapporto, lamenta la ricorrente, era di natura contrattuale e non successoria.

Con il secondo motivo, la compagnia, lamenta la violazione dei criteri ermeneutici prescritti dall’articolo 1362 c.c. e l’interpolazione del significato della clausola, essendo stato aggiunto impropriamente il riferimento alle “rispettive quote successorie”. In altre parole la compagnia assicurativa ritiene che i contratti dovessero essere interpretati, in primis, secondo la comune intenzione delle parti, valutando il comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto.

SOLUZIONE

La corte premette che l’articolo 1920 c.c. prevede, in materia di assicurazione sulla vita in favore del terzo, la designazione del beneficiario possa avvenire nel contratto di assicurazione o successivamente attraverso dichiarazione scritta, comunicata all’assicuratore, o per testamento e che essa è efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente.

La Corte, investita della questione interpretativa, relativamente all’individuazione dei beneficiari e alla misura dell’indennizzo da liquidare in loro favore, ha dapprima sostenuto che nel contratto di assicurazione sulla vita a favore di terzo, la disposizione contenuta nell’articolo 1920 c.c., comma 3, secondo cui per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio,  indicava che il diritto del beneficiario alla prestazione trovava fondamento nel contratto, ed era autonomo, e quindi non derivato da quello del contraente. Per questo motivo, quando in un contratto di assicurazione sulla vita, fin dall’origine, veniva prevista la liquidazione dell’indennità a favore dei beneficiari designati – o, in difetto, degli eredi – tale clausola doveva essere intesa nel senso che il meccanismo sussidiario di designazione del beneficiario fosse idoneo a far acquistare agli eredi i diritti nascenti dal contratto stipulato a loro favore (art. 1920 c.c., commi 2 e 3). A contrario, l’individuazione dei beneficiari- eredi andava effettuata attraverso l’accertamento della qualità di erede secondo le regole di delazione dell’eredità (testamentaria art. 475 c.c., comma 1, o legittima art. 565 c.c.). Laddove mancasse nel contratto un criterio di ripartizione, le quote dovevano presumersi uguali in quanto la fonte regolatrice del rapporto era di natura contrattuale senza un rinvio materiale alla disciplina codicistica in materia di successione. (Cass. 9388/1994, Cass. 4851/1980, Cass. 1205/1975).

Nello stesso senso, un successivo orientamento ha ribadito che “nel contratto di assicurazione contro gli infortuni a favore del terzo – cui si applica la disciplina dell’assicurazione sulla vita – la disposizione contenuta nell’articolo 1920 c.c., comma 3, deve essere interpretata nel senso che il diritto del beneficiario alla prestazione dell’assicuratore trova fondamento nel contratto ed è autonomo, cioè non derivato da quello del contraente” (cit. Cass. 15407/2000).

In contrasto con gli orientamenti sopra riportati, la pronuncia della Cassazione n. 1910/2015 afferna che, pur acquistando il terzo un diritto proprio, non si possa distaccare dalle regole successorie.

La disciplina secondo cui, per effetto della designazione, il terzo acquista un proprio diritto ai vantaggi assicurativi, doveva essere interpretata nel senso che, ove veniva prevista la corresponsione dell’indennizzo agli eredi testamentari o legittimi, alla morte dello stipulante, le parti hanno: a) voluto individuare i beneficiari dei diritti nascenti dal negozio; b) determinare l’attribuzione dell’indennizzo in misura proporzionale alla quota in cui ciascuno è succeduto. Secondo l’orientamento, in assenza di specificazioni, lo scopo perseguito dallo stipulante era quello di assegnare il beneficio nella stessa misura regolata dalla successione, conformemente alla natura del contratto.

La giurisprudenza, successivamente a tale arresto, è tornata sugli orientamenti precedenti.

È stato ribadito che, nel contratto di assicurazione sulla vita, il beneficiario designato acquista, ex art. 1920 c.c., comma 3, un diritto proprio di natura contrattuale e che non entra a far parte del patrimonio ereditario del soggetto stipulante. La Corte riafferma, cioè, che la designazione di terzi beneficiari, mediante il riferimento agli eredi legittimi o testamentari, non equivale ad assoggettare il rapporto contrattuale alla disciplina codicistica in materia di successioni, trattandosi di una mera indicazione del criterio per l’individuazione dei beneficiari medesimi, in funzione dalla loro astratta appartenenza alla categoria dei successori indicata nel contratto (Cass. 26606/2016; Cass. 25635/2018).

Ad avviso del Collegio, il contrasto merita un stabile risoluzione. Le due differenti interpretazioni dell’articolo 1920 c.c., comma 3, comportano per i destinatari del vantaggio indennitario non indifferenti conseguenze economiche. Nella prima interpretazione, l’indennizzo – ispirato al valore meramente descrittivo dell’indicazione di eredi legittimi – viene suddiviso in parti uguali; nella seconda il quantum viene determinato pro quota sulla base delle regole successorie.

Per il contrasto evidenziato, la Corte rimette la questione alle Sezioni Unite.

QUESTIONI

L’art. 1920 c.c., sancisce che “per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”. Ciò comporta che le polizze vita non rientrano nell’asse ereditario e non vengono computate per formare le quote degli eredi.

Per effetto della designazione, che avviene con atto unilaterale inter vivos o con testamento del disponente a favore di terzo, i beneficiari, all’apertura della successione dell’assicurato, anche qualora siano eredi legittimi del contraente, acquistano il diritto a beneficiare della prestazione, da parte della compagnia assicuratrice, sulla base del contratto di assicurazione e non per la disciplina successoria. (Cass.  n. 4484/1994; Cass. n. 15407/2000). In tal modo, la vicenda successoria dello stipulante non può interferire con su tale peculiare trasmissione di ricchezza. (L. Bugiolacchi, Assicurazione sulla vita e nuova designazione del beneficiario per disposizione incompatibile: il rapporto tra forma e natura dell’atto di designazione, in Resp. Civ. prev., 2004, p. 825 s.s. ).

Secondo dottrina prevalente (N. Gasperoni, (Voce) Assicurazione sulla vita, in Enc. Giur. III, Roma, 1988, p. 14; A. De Gregorio, G. Fanelli, A. La Torre, Il contratto di assicurazione, Milano, 1987, p. 220; A. Polotti di Zumaglia, Assicurazione sulla vita, in Dig. Disc. Priv. Sez. comm., XVI, Torino 1999, p. 442) la clausola attributiva del vantaggio al terzo costituisce elemento normale e non essenziale dell’assicurazione sulla vita. Al di fuori del caso in cui il contraente riservi a se stesso la somma assicurata, in tutti gli altri casi una designazione generica o specifica di uno o più beneficiari può mancare [oppure quando l’originaria designazione viene revocata senza essere sostituita da una nuova] (…): in questi casi, il diritto alla somma assicurata farà parte del patrimonio del contraente e, eventualmente, si trasferirà ai suoi eredi secondo le ordinarie norme sulla successione ereditaria. (A. De Gregorio, G. Fanelli, A. La Torre, Il contratto di assicurazione, Milano, 1987, p. 220).

Si deve ricordare che nel contratto di assicurazione per il caso di morte, il beneficiario designato acquista, ai sensi dell’art. 1920, comma 3, c.c., un diritto proprio che trova la sua fonte nel contratto e che non entra a far parte del patrimonio ereditario del soggetto stipulante non potendo, di conseguenza, essere oggetto delle sue disposizioni testamentarie.

Si sottolinea che il tema è stato oggetto di una recente pronuncia di merito: “Nell’assicurazione sulla vita a favore di terzo il beneficiario acquista, per effetto della designazione, un diritto proprio nei confronti dell’assicurazione: egli, dunque, non acquista il diritto al pagamento dell’indennità a titolo di legato o di quota ereditaria, ma iure proprio in base alla promessa fatta dall’assicuratore di pagare il capitale al momento del verificarsi dell’evento assicurato. Conseguentemente, l’obbligazione di pagamento gravante sull’assicuratore discende esclusivamente dal contratto di assicurazione e dalla designazione del beneficiario, mentre la morte dell’assicurato, evento assicurato, rappresenta il momento di consolidamento del diritto già acquisito inter vivos e non mortis causa. Non cadendo in successione e non rientrando nell’asse ereditario, le polizze vita non vengono computate per formare le quote degli eredi.” (Tribunale Potenza, 08/01/2020, n.19).

Un dubbio si pone in caso di premorienza del beneficiario allo stipulante di una assicurazione sulla vita per caso di morte, premesso che tale diritto si trasmette agli eredi del beneficiario, in applicazione dell’articolo 1412, comma 2, c.c., salvo che il beneficiario non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto diversamente e purché detta designazione non sia avvenuta tramite testamento. Si discute a quale titolo avvenga in questo caso la trasmissione del beneficio agli eredi del beneficiario premorto: iure proprio (G. Mirabelli , Dei contratti in generale, Torino, 1958, p. 401)  o iure hereditatis (F. Messineo, Il contratto in generale, in Tratt. Dir. Civ. comm. Cucu-Messineo, Milano, 1972, II, p. 148). I sostenitori del primo indirizzo ritengono che il contrario orientamento urti con i principi morali del contratto di assicurazione sulla vita, i sostenitori del secondo orientamento ritengono che ci si trovi davanti ad un caso di “normale” successione mortis causa, in quanto il de cuius, in vita, per effetto della designazione, aveva già acquisito il diritto al beneficio.  Diverse sono le conseguenze a seconda che l’acquisto dell’indennità assicurativa avvenga iure proprio o iure hereditatis. Nel primo caso, il beneficiario non avrà bisogno di accettare l’eredità per conseguire la somma indennitaria, a contrario, per l’acquisto a titolo derivato, l’accettazione dell’eredità deve considerarsi necessaria. L’applicabilità dell’articolo 1923, comma 2, è possibile solo quando l’acquisto avviene iure proprio mentre, in caso di acquisto a titolo derivato, gli eredi potranno azionare gli strumenti successori al fine di recuperare, non solo i premi pagati, ma l’intera somma.

Con riferimento, poi, al tema generale rimesso con l’ordinanza in commento alle Sezioni Unite, si ricorda (Buttaro L., Assicurazione sulla vita, Enciclopedia Giurdica, III, 1958) che in linea generale la designazione del beneficiario può anche essere generica: non è necessario i beneficiari vengano singolarmente individuati, ma è sufficiente che essi siano determinabili per relationem (l’assicurato dichiara di nominare beneficiari dell’assicurazione i propri eredi). In questo caso, si presenta peraltro la necessità di precisare l’epoca alla quale ci si deve riferire per determinare gli aventi diritto alla prestazione dell’assicuratore e cioè se l’assicurato ha voluto attribuire il beneficio alla moglie ed ai figli esistenti al momento della designazione ovvero a quello in cui si verifica l’evento previsto nel contratto.

Il problema si sviluppa a partire da questo assunto: ammessa la designazione per relationem al novero degli eredi legittimi, ci si chiede se tale relatio sia vincolante non solo con riferimento ai soggetti beneficiari, ma anche alle quote della successione ab intestato.

La designazione dei terzi beneficiari del contratto, mediante il riferimento alla categoria degli “eredi legittimi o testamentari” equivale per la giurisprudenza prevalente ad una mera indicazione del criterio per la individuazione dei beneficiari medesimi in funzione della loro astratta appartenenza alla categoria dei successori indicata nel contratto. Qualora i beneficiari siano individuati negli eredi legittimi, gli stessi sono da identificarsi con coloro che, “in linea teorica e con riferimento alla qualità esistente al momento della morte dello stipulante, siano i successibili per legge, indipendentemente dalla loro effettiva chiamata all’eredità” (Cass. n.25635/2018).

Ciò comporta che la successiva istituzione testamentaria di uno di questi ultimi quale “erede universale” non è di per sé idonea a manifestare univocamente la volontà di revoca, anche tacita, della designazione avvenuta nel contratto (Cass. n.26606/2016).

Seguendo questo filo logico, la risposta delle Sezioni Unite dovrebbe essere negativa: quando l’assicurato designa quali beneficiari gli eredi legittimi, li designa in parti uguali, a prescindere quindi dalle quote che la successione legtitima dispone, in quanto la relatio è diretta a riempire solo una lacuna in merito ai soggetti, e non invece in merito alle proporzioni di ripartizione del beneficio.

Al contrario, l’orientamento sopra citato della sentenza di Cassazione n. 1910/2015 inverte l’ordine argomentativo: l’assicurato ha richiamato la successione legittima non solo per individuare i beneficiari, ma per replicarne il funzionamento. Anche questa strada, minoritaria ma certamente non priva di fondamento, potrebbe essere seguita dalle Sezioni Unite.

C’è da segnalare, da ultimo, che il regolamento IVASS n. 41 del 2 agosto 2018 incoraggia la designazione del beneficiario in forma nominativa : “sono state replicate mutatis mutandis le norme di attuazione europee relative al documento base dei rami danni (il DIP Danni ovvero l’IPID disciplinato dal Regolamento di Esecuzione UE 2017/1469) (…) stata incoraggiata la facoltà del contraente di designare un beneficiario in forma nominativa e, nei casi in cui questi manifesti esigenze specifiche di riservatezza, un referente terzo, prevedendo nel modulo di polizza appositi spazi destinati ad accogliere i dati necessari alla loro identificazione”.

L'articolo Designazione dei “legittimari eredi” quali beneficiari della polizza vita  sembra essere il primo su Euroconference Legal.

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