Disconoscimento di paternità per adulterio: certezza e non sospetto di una relazione idonea a determinare il concepimento
Cassazione civile sez. I, ordinanza del 17/09/2020 n.19324
Disconoscimento di paternità – Applicazione delle legge straniera – Contrarietà all’ordine pubblico –
(Art. 16 e 33 L. n. 218/95 – Artt. 235 e 244 c.c.)
La datazione della scoperta dell’adulterio, il cui onere probatorio incombe su chi introduce l’azione di disconoscimento della paternità, e la retrodatazione di tale data eventualmente allegata dai convenuti, restano sottoposte alla stessa regola.
E’ necessaria la conoscenza di una vera e propria relazione, o di un incontro idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere, non essendo sufficiente un’infatuazione, la semplice relazione sentimentale, o la mera frequentazione della moglie con un altro uomo.
CASO
La vicenda riguarda un bimbo nato da genitori rumeni dopo soli due mesi dalla celebrazione del matrimonio, e dunque concepito al di fuori di questo. Nel corso del giudizio di separazione dei coniugi svoltosi in Romania, era emerso che il marito aveva scoperto, qualche anno dopo, l’adulterio della moglie.
L’uomo muore senza poter iniziare l’azione di disconoscimento della paternità che è introdotto in Italia, presso il Tribunale di Como, dai nonni paterni del bambino.
Il caso si segnala per due profili giuridici risolti dalla Cassazione.
Il giudice di merito aveva dichiarato inammissibile la domanda presentata dai genitori del defunto padre.
In seguito dell’impugnazione presentata dagli attori, la Corte d’appello di Milano, aveva ritenuto applicabili gli artt. 54 e 55 Codul Familie rumeno, in ragione del collegamento di cui alla L. n. 281 del 1995, art. 33, comma 3.
Tale normativa prevede che l’azione di disconoscimento di paternità possa essere iniziata soltanto dal presunto padre ed eventualmente continuata dagli eredi, e pertanto esclude la legittimazione ad agire degli ascendenti.
Inoltre, anche se fosse stata applicabile la legge sostanziale italiana, a parere dei giudici, l’azione sarebbe stata tardivamente introdotta poiché decorso più di un anno dal momento della scoperta dell’adulterio da parte del marito ai sensi dell’art. 244 c.c..
Per la cassazione della sentenza di rigetto dell’appello, propongono ricorso i nonni, prospettando tre motivi di doglianza.
La non contrarietà della legge straniera ai principi di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo.
Il primo motivo di ricorso riguarda la mancata applicazione della legge italiana da parte del giudice. Nel punto in cui la legge rumena non consente agli eredi del defunto padre di agire per il disconoscimento, si porrebbe in contrasto con l’ordine pubblico interno e internazionale. La Corte di Cassazione ritiene fondato il motivo. Il tribunale avrebbe dovuto disapplicare la legge rumena e fare ricorso alla normativa italiana.
La Corte richiama la recente interpretazione del concetto di ordine pubblico. Prima di applicare la disciplina straniera alla fattispecie, il giudice deve verificare che non sia contraria a quei principi fondamentali che caratterizzano l’ordinamento interno e internazionale, quali la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo (Cass. Civ. n. 19405/2013).
Si tratta di un insieme di valori fondanti dell’ordinamento in senso ampio in dato memento storico, per cui si fa riferimento al diritto vivente derivante dall’interpretazione fornita dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria (Cass Civ. S.U. n. 12193/2019).
La limitazione imposta dalla legge rumena contrasta – a parere della Cassazione – non solo con il diritto di iniziativa processuale riconosciuto dall’art. 24 Cost., art. 6 CEDU e art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ma crea anche, in violazione dell’art. 3 Cost., un’irragionevole disparità di trattamento fra eredi del titolare dell’azione a seconda del comportamento processuale tenuto in vita dal padre.
Il favor veritatis, che è alla base della disciplina sulla filiazione (insieme ai valori di certezza e stabilità degli status e dei rapporti familiari) impone di ritenere che il presunto padre non possa considerarsi l’unico arbitro dell’iniziativa volta al disconoscimento.
La certezza dell’adulterio e il termine di decorrenza di un anno per l’azione di disconoscimento.
Il secondo punto in questione riguarda l’accertamento della tempestività dell’azione di disconoscimento, che deve avvenire entro l’anno dalla scoperta dell’adulterio della moglie.
Si discute se la scoperta sia collegata al mero sospetto o alla frequentazione della moglie con altri uomini o se sia necessaria la certezza di una relazione sessuale idonea a causare il concepimento di un bambino.
La giurisprudenza lega il momento della scoperta, e quindi in dies a quo della decorrenza di un anno, dal momento in cui il marito ha conosciuto con certezza, l’esistenza di una condotta della moglie idonea al concepimento per opera di altri.
Gli attori avevano ricollegato il momento della certezza dell’accaduto ad una telefonata della donna in cui rivelava al coniuge di aver concepito il figlio con un altro uomo.
Anche su questo punto la Cassazione ha dato ragione ai ricorrenti, evidenziando che i giudici di merito avrebbero errato nel valorizzare il fatto della mera frequentazione della moglie con altri uomini, così retrodatando la presunta conoscenza dell’adulterio.
L’eventuale precedente conoscenza di frequentazioni con altri uomini avrebbe al più ingenerato dei dubbi nel presunto padre e sarebbe risultata quindi irrilevante al fine di far decorrere il termine di decadenza di cui all’art. 244 c.p.c..
Questioni sulla correlazione tra prove genetiche e prova dell’adulterio.
La Cassazione ha dichiarato assorbito un terzo motivo di ricorso, riguardante il rifiuto da parte della madre di sottoporre il figlio al test del DNA, a fronte del quale il giudice non varrebbe applicato la sanzione processuale ai sensi dell’art. 116 c.p.c.
Secondo la Corte, infatti, la prova della paternità sotto il profilo logico-giuridico viene in rilievo solo dopo l’accertamento della tempestività dell’azione, stanti gli stretti limiti di decadenza individuati dalla legge.
In giurisprudenza si è affrontata spesso la questione se le prove genetiche possono essere utilizzate nel processo se non sia in precedenza provato l’adulterio della moglie?
La sentenza in oggetto non si discosta dall’orientamento prevalente secondo cui il test del DNA può essere usato anche per dimostrare l’adulterio ma ciò non incide comunque sul decorso del termine di un anno, che ha inizio dalla conoscenza del fatto adulterio e dal momento in cui il marito ne sia venuto a conoscenza.
Si tratta di un’interpretazione formalistica della norma basata sulla scelta del legislatore di privilegiare la certezza dello status di figlio rispetto alla verità della paternità. (Cass. Civ. n. 7581/2013 e Cass. Civ. n. 7965/2017
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