Estendibilità del fallimento alla holding personale di fatto
Tribunale di Vicenza, 21.1.2020 – Est. G. Limitone – Pres. G. Campo
Parole chiave: fallimento – eterodirezione – holding – estensione del fallimento
Massima: Non può dirsi integrato un fenomeno di holding quando non vi sia prova del completo assoggettamento alla volontà dell’holder da parte degli organi sociali (amministratori ed assemblea) delle controllate di fatto, le quali, nel caso che occupa, non sembrano essere dei semplici prestanome o comunque dei meri figuranti, come dovrebbe essere nel caso della holding.
Disposizioni applicate: 1 L. Fall. – 146 L.F. – 2497 c.c.
Il Tribunale di Vicenza attraverso il decreto 16.1.2020 (pubbl. il 21.1.2020), affronta nuovamente la delicata ed annosa questione della fallibilità per estensione della società di fatto capogruppo, così come individuata in seno alle vicende ed ai rapporti che hanno visto protagonisti l’organizzazione e la condivisione di partecipazioni da parte di soci comuni di società appartenenti allo stesso gruppo, ravvisando nell’eterodirezione da parte di un socio persona fisica, la possibile di estensione della procedura.
Caso
Il Fallimento F s.r.l. adiva il Tribunale di Vicenza al fine di far dichiarare fallita la holding personale, individuata nella forma di società di fatto, intercorrente tra A.G. e M.M.G., rispettivamente socio ed amministratore di F srl, ed avanzando altresì la richiesta di ristoro dei danni tutti subiti a seguito dell’eterodirezione alla quale la ricorrente era stata sottoposta.
A sostegno dei propri assunti la procedura concorsuale proponeva l’individuazione di una holding personale di fatto, risultante e confermata dalla presenza di un proficuo scambio di e-mail, intercorso tra i signori A.G. e M.M.G. ma anche tra loro e soggetti terzi, la lettura delle quali rileverebbe un’attività di eterodirezione da parte di tale società (di fatto) nei confronti di un gruppo di imprese riconducibili ai medesimi soggetti. Quanto asserito risultava ancor più confermato dalla circostanza che A.G. e M.M.G avevano rivestito, nelle diverse società del gruppo, ruoli diversi, ma tra loro chiaramente collegati, individuandosi talvolta nella qualità di socio, talaltra in quella di amministratore o di sindaco.
Soluzione
Il Tribunale di Vicenza, con il provvedimento in esame rileva – dopo un’attenta analisi dei rapporti societari e di governance intercorrenti tra i singoli soci e le diverse realtà – e con espresso riferimento alla giurisprudenza costante, che <<È configurabile una “holding” di tipo personale allorquando una persona fisica, che sia a capo di più società di capitali in veste di titolare di quote o partecipazioni azionarie, svolga professionalmente, con stabile organizzazione, l’indirizzo, il controllo ed il coordinamento delle società medesime, non limitandosi, così, al mero esercizio dei poteri inerenti alla qualità di socio. A tal fine è necessario che la suddetta attività, di sola gestione del gruppo (cosiddetta “holding” pura), ovvero anche di natura ausiliaria o finanziaria (cosiddetta “holding” operativa), si esplichi in atti, anche negoziali, posti in essere in nome proprio, fonte, quindi, di responsabilità diretta del loro autore, e presenti, altresì, obiettiva attitudine a perseguire utili risultati economici, per il gruppo e le sue componenti, causalmente ricollegabili all’attività medesima (Cass. 6 marzo 2017 n. 5520)>>.
Questioni applicate nella pratica
Quando si parla di gruppo, ci si riferisce ad un’aggregazione di unità produttive, autonome giuridicamente e tra loro anche eterogenee, sottoposte ad un’unica direzione e coordinamento (nonostante l’art. 10 della Legge 366/2001 di delega al Governo per la riforma del diritto societario, insistesse, riprendendo frequentemente ed in più punti la parola gruppo, per la previsione di una disciplina dettata e guidata dai principi di trasparenza <<tale da assicurare che l’attività di direzione e coordinamento contemperi adeguatamente l’interesse del gruppo, delle società controllate e dei soci di minoranza di queste ultime>>). La Riforma del 2003, non ha fornito una vera e propria definizione di gruppo, ma ha intitolato l’art. 2497 c.c. alla responsabilità derivante dall’abuso dell’attività di direzione e coordinamento, (si veda MAFFEI-ALBERTI, Il nuovo diritto delle società, III, Cedam, 2005, commento sub. Art. 2497).
Nell’analisi della fattispecie posta all’esame, preme individuare quando l’attività di direzione e coordinamento possa riportare ad una holding cosiddetta “pura”, ove il semplice possesso dei diversi pacchetti azionari, contribuisce all’impulso unitario, piuttosto che ad una “holding operativa”, ove invece l’attività si estrinseca nel supporto continuativo, funzionale ed economico delle diverse società del gruppo e quando a tale distinzione possa o debba altresì distinguersi una holding di tipo personale, caratterizzata dalla proprietà e dalla gestione in capo ad una sola persona fisica di più società di capitali, coordinate tra loro da una stabile organizzazione ed un coordinamento professionali. A tali definizioni, necessita affiancarsi il concetto di holding personale, che esercita l’attività direttiva anche attraverso l’esercizio di funzioni economiche e finanziarie a sostegno e supporto delle società del gruppo (con il noto “caso Caltagirone” Cass. 26.2.1990, n. 1439, ex multis in Corr. Giur., 1990, I, p. 372, con nota di RUSSO; in Dir. Fall., 1990, II, p. 1005, con nota di STRAMIGNONI, Il fallimento della società collaterale; in Fallimento, 1990, p. 495, con nota di LAMANNA, La holding quale impresa commerciale (anche individuale) e il dogma della personalità giuridica; in Giur. It., 1990, p. 1973 e ss, con nota di WEIGMANN; in Società, 1990, IV, p. 598, con nota di SCHIANO DI PEPE, L’imprenditore holding; in Giust. Civ., 1990, I, p. 622, con note di SANTARSIERE, Verso un assetto giuridico della holding, e di FARINA, Società, holding, holding personale di attività d’impresa; in Giur. Comm., 1991, II, p. 366, con nota di RONDINONE, Esercizio della direzione unitaria e ed acquisto della qualità di imprenditore commerciale; in Riv. Dir. Comm., 1991, II, p. 515, con note di LIBONATI, Partecipazione in società ed esercizi di attività economica in forma di impresa e di SAMBUCCI, L’attività mediata dell’impresa holding; in Riv. Dir. Imp., 1991, p. 315, con nota di JORIO, Gruppo di imprese, holding e socio tiranno).
La Giurisprudenza ha distinto la holding pura, << (omissis) quel tipo di aggregazione societaria che assolve una funzione puramente strumentale e che mediante il possesso di uno o più pacchetti azionari, e l’esercizio dei poteri inerenti esplichi l’attività di direzione e coordinamento>>, dalla holding operativa, <<la quale esplica l’attività direttiva anche mediante l’esercizio di funzioni economiche e finanziarie nei confronti delle società possedute, ponendo così uno stretto legame tra il grado di diversificazione degli investimenti della holding ed il ruolo che questa può assumere nel coordinamento finanziario del gruppo>>.
Due i rilievi.
In primo luogo, si ritiene sia preventivamente necessario individuare nell’asserita attività esercitata da D.G. e M.M.G. una holding personale di fatto. Tale quesito trova nel Tribunale di Vicenza riscontro negativo, non potendosi individuare nell’organizzazione e gestione di D.G. – seppur molto “spinta” rispetto alla mera consulenza – una gestione verticale delle società.
La cooperazione di natura orizzontale e non assorbente del ruolo dell’amministratore di diritto, meglio individuato quale Advisor dell’organo amministrativo, dirime altresì l’ulteriore requisito, tipico della holding in presenza di una gestione della società verticale, dell’esautoramento degli organi interni delle società del gruppo, nel giudizio non presenti nemmeno quali litisconsorti facoltativi.
In conclusione, il Tribunale di Vicenza rigettando il ricorso presentato dal Fallimento di F s.r.l., ha precisato che <<Non può dirsi integrato un fenomeno di holding quando non vi sia prova del completo assoggettamento alla volontà dell’holder da parte degli organi sociali (amministratori ed assemblea) delle controllate di fatto, le quali, nel caso che occupa, non sembrano essere dei semplici prestanome o comunque dei meri figuranti, come dovrebbe essere nel caso della holding. Non è possibile quindi esprimere un giudizio certo sull’esistenza di una holding, sia pure solo operativa, negli univoci termini prospettati dal Fallimento ricorrente>>
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