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La pandemia di Covid-19 ha colto tutti di sorpresa e ha, ovviamente, riflessi – anche pesanti – sui contratti pendenti. Il nostro legislatore ha pensato di introdurre una disposizione speciale (l’art. 103 comma 2-ter d.l. n. 18 del 2020) in tema di appalti privati. La norma prevede una proroga automatica dei termini di inizio e di fine lavori, proroga comprensibile per la difficoltà (se non l’impossibilità) di effettuare i lavori durante la pandemia. L’art. 103 decreto Cura-Italia stabilisce però anche che i lavori già eseguiti debbano essere immediatamente pagati. La regola aiuta gli appaltatori, in grave crisi con il Coronavirus, ma rischia di creare problemi finanziari ai committenti, obbligati a pagare subito quanto – in base al contratto – avrebbero potuto pagare alla fine dell’esecuzione dell’appalto o comunque più tardi.

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L’art. 103 comma 2-ter d.l. n. 18 del 2020 prevede che “nei contratti tra privati, in corso di validità dal 31 gennaio 2020 e fino al 31 luglio 2020, aventi ad oggetto l’esecuzione di lavori edili di qualsiasi natura, i termini di inizio e di fine lavori si intendono prorogati per un periodo pari alla durata della proroga di cui al comma 2. In deroga ad ogni diversa previsione contrattuale, il committente è tenuto al pagamento dei lavori eseguiti sino alla data di sospensione dei lavori”. La disposizione si riferisce ai contratti fra privati. Sono dunque esclusi dal campo di applicazione gli appalti pubblici.

L’art. 103 d.l. n. 18 del 2020 si riferisce ai contratti aventi a oggetto l’esecuzione di lavori edili. Si tratta dunque di contratti di appalto. L’art. 1655 c.c. definisce l’appalto come “il contratto col quale una parte assume … il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”. Mentre in generale gli appalti possono riguardare sia opere sia servizi, la disposizione speciale concerne invece solo i lavori edili, con esclusione pertanto degli appalti di servizi. A rigore, inoltre, la norma non fa riferimento ad “appalti”, ma discorre più generalmente di “lavori edili”. Se ne può dedurre che la denominazione del contratto non abbia rilievo ai fini dell’applicabilità dell’art. 103. Si consideri che, oltre al contratto di appalto, vi è la figura del contratto d’opera, che viene definito dall’art. 2222 c.c. come segue: “quando una persiona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV”. Anche un contratto d’opera può avere ad oggetto lavori edili. In definitiva l’art. 103 d.l. n. 18 del 2020 riguarda sia gli appalti sia i contratti d’opera aventi ad oggetto lavori edili.

L’art. 103 comma 2-ter d.l. n. 18 del 2020 specifica poi che si deve trattare di contratti “in corso di validità dal 31 gennaio al 31 luglio 2020”. Bisogna dunque che siano contratti la cui esecuzione è già stata iniziata, ma che non sia ancora completamente terminata, alle due date indicate. Non pare invece abbia rilievo la data di conclusione del contratto. Si prenda il seguente esempio. Si immagini che il contratto sia stato concluso il 15 gennaio 2020 e preveda l’inizio dei lavori il 15 marzo 2020. Si tratta di un contratto che ricade nel campo di applicazione dell’art. 103, pur essendo stato concluso a gennaio. Essendo previsto un termine di inizio lavori a marzo, detto termine sarà prorogato a 90 giorni dopo la cessazione dello stato di emergenza.

L’art. 103 comma 2-ter d.l. n. 18 del 2020 prevede una proroga automatica dei termini di inizio e di fine lavori. La durata della proroga è uguale alla durata della proroga prevista dal comma 2. L’art. 103 comma 2 prevede che “tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati … in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza”. Questa disposizione riguarda gli appalti pubblici, non quelli privati. Il comma 2-ter concerne invece gli appalti privati e statuisce che, così come vi è una proroga automatica della validità della documentazione concernente gli appalti pubblici, vi è una proroga automatica dei termini di inizio e di fine lavori negli appalti privati.

La parte finale del comma 2-ter dell’art. 103 d.l. n. 18 del 2020 concerne invece i termini di pagamento e statuisce, con una certa “brutalità”, che il committente deve pagare subito i lavori eseguiti. La logica del legislatore è la seguente: a causa della pandemia i lavori non possono essere svolti e i termini vengono prorogati automaticamente, ma – siccome l’appaltatore non può aspettare fine alla cessazione della proroga per essere pagato – ha diritto di essere pagato subito.

Per comprendere bene la tematica dei pagamenti negli appalti si deve partire dal testo legislativo: l’art. 1665 c.c. è rubricato “verifica e pagamento dell’opera”. La disposizione prevede che “salvo diversa pattuizione … l‘appaltatore ha diritto al pagamento del corrispettivo quando l’opera è accettata dal committente” (art. 1665 comma 5 c.c.). Tuttavia, siccome l’accettazione è successiva al compimento dell’opera, ne consegue che – come regola standard – l’appaltatore viene pagato quando i lavori sono terminati.

Nella prassi, ciò non avviene quasi mai, per diverse ragioni:

  • l’appaltatore potrebbe avere bisogno di anticipi per avviare i lavori (al posto di una banca è il committente a finanziare i lavori);
  • oppure i lavori dureranno a lungo e non è fattibile che vi sia un unico pagamento alla fine (si pensi solo all’esigenza per l’appaltatore di pagare con cadenza mensile i propri dipendenti);
  • e comunque l’appaltatore potrebbe non fidarsi del committente, e desiderare che quest’ultimo paghi un po’ alla volta;
  • per tacere del fatto che il committente, se imprenditore, potrebbe nelle more del pagamento essere assoggettato a procedure concorsuali.

Nella prassi sono diffusi gli appalti c.d. “a stato avanzamento lavori” (SAL). I lavori vengono segmentati in varie fasi e, alla fine di ogni fase, vengono effettuati controlli sulla bontà dei lavori e vengono effettuati pagamenti parziali.

L’art. 103 comma 2-ter d.l. n. 18 del 2020 incide prepotentemente sulle pattuzioni che committente e appaltatore si sono dati in merito alle tempistiche di pagamento. La disposizione prevede difatti che i lavori eseguiti vengano pagati subito “in deroga ad ogni diversa previsione contrattuale”. Ciò significa che, anche se è stato previsto un unico termine finale per il pagamento oppure più termini ad avanzamento lavori, tutte le previsioni contrattuali sono inefficaci e l’appaltatore può chiedere il pagamento della quota di lavori già effettuati. Il senso della norma è quella di assicurare agli appaltatori liquidità. Tuttavia l’art. 103 decreto Cura-Italia potrebbe, per converso, generare problemi di liquidità in capo ai committenti. Come fa il committente a trovare il danaro per pagare immediatamente tranche di lavori svolti quando, in base al contratto, aveva termini molto posteriori?

Il legislatore emergenziale ha poi omesso di occuparsi di un altro aspetto molto importante: la possibile contestazione di difformità o vizi dell’opera. La nuova disposizione stabilisce che il committente debba pagare subito; e tuttavia: può rifiutarsi di pagare se i lavori eseguiti presentano difformità o vizi? A questo riguardo giova ricordare l’orientamento della Corte di cassazione (13 settembre 2016, n. 17959), secondo cui in caso di contestazione da parte del committente sull’entità dei lavori eseguiti dall’appaltatore, spetta a quest’ultimo la prova dell’entità e della natura dei lavori che egli assume di avere eseguito senza ricevere il pagamento.

L’art. 103 comma 2-ter d.l. n. 18 del 2020 avrà poi impatto significativo non solo sui termini di esecuzione dei lavori e sui termini di pagamento, ma anche sulle penali. Nella prassi degli appalti non è raro che si prevedano delle penali per il caso di ritardo nell’esecuzione dei lavori. A questo riguardo si può osservare che l’art. 103 pare impedire l’applicazione di penali. La logica è la seguente: se l’adempimento è divenuto impossibile per la pandemia e per le misure di contenimento del Governo, i termini previsti per l’adempimento cessano di operare; ne consegue che anche le penali non potranno operare.

L'articolo Gli appalti privati nell’art. 103 del decreto Cura-Italia: la legislazione speciale con il Covid-19 sembra essere il primo su Euroconference Legal.

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