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La decisione delle Sezione Unite n. 8770/2020 sollecita l’attenzione degli operatori del diritto bancario e finanziario perché ha operato un’interessante ricognizione sulla natura e validità dei contratti derivati interest rate swap, affrontando anche la controversa questione della loro stipulazione da parte degli enti pubblici.

Si riassumono di seguito gli aspetti essenziali della sentenza, al fine di offrire un preliminare approccio alla articolata decisione.

L’interest rate swap è un derivato cd. over the counter (OTC) ossia un contratto: a) in cui gli aspetti fondamentali sono dati dalle parti e il contenuto non è eteroregolamentato come, invece, accade per gli altri derivati, cd. standardizzati o uniformi, essendo elaborato in funzione delle specifiche esigenze del cliente (per questo, detto bespoke); b) perciò non standardizzato e, quindi, non destinato alla circolazione; c) consistente in uno strumento finanziario rispetto al quale l’intermediario è tendenzialmente controparte diretta del proprio cliente.

Posto che l’interest rate swap è il contratto derivato che prevede l’impegno reciproco delle parti di pagare l’una all’altra, a date prestabilite, gli interessi prodotti da una stessa somma di denaro, presa quale astratto riferimento e denominato nozionale, per un dato periodo di tempo, gli elementi essenziali di un interest rate swap, individuati dalla Cassazione, sono:

a) la data di stipulazione del contratto (trade date);

b) il capitale di riferimento, detto nozionale (notional principal amount), che non viene scambiato tra le parti, e serve unicamente per il calcolo degli interessi;

c) la data di inizio (effective date), dalla quale cominciano a maturare gli interessi (normalmente due giorni lavorativi dopo la trade date);

d) la data di scadenza (maturity date o termination date) del contratto;

e) le date di pagamento (payment dates), cioè quelle in cui sono scambiati i flussi di interessi;

f) i diversi tassi di interesse (interest rate) da applicare al detto capitale.

Ciò che distingue l’IRS dalla comune scommessa è la complessità della vicenda e la professionalità dei soggetti coinvolti, sicché l’impostazione più attenta rinviene la causa dell’IRS nella negoziazione e nella monetizzazione di un rischio; l’IRS consiste in una sorta di scommessa finanziaria differenziale (in quest’ultimo aggettivo essendo presente un riferimento alla determinazione solo probabilistica dei suoi effetti ed alla durata nel tempo del rapporto).

Gli swap sono negozi a causa variabile, perché suscettibili di rispondere ora ad una finalità assicurativa ora di copertura di rischi sottostanti; la funzione che l’affare persegue va individuata esaminando il caso concreto; in mancanza di una adeguata caratterizzazione causale, detto affare sarà connotato da una irresolutezza di fondo che renderà nullo il relativo contratto perché non caratterizzato da un profilo causale chiaro e definito (o definibile).

Riguardo alla stipulazione dei derivati, swap ed IRS, da parte degli Enti pubblici in generale e degli Enti locali, in particolare, la decisione è giunta alle seguenti conclusioni:

il riconoscimento della legittimazione dell’Amministrazione a concludere contratti derivati, sulla base della disciplina vigente fino al 2013 (quando la legge n. 147 del 2013 ne ha escluso la possibilità) e della distinzione tra i derivati di copertura e i derivati speculativi, in base al criterio del diverso grado di rischiosità di ciascuno di essi, comporta che solamente nel primo caso l’Ente locale può dirsi legittimato a procedere alla loro stipula;

in tema di contratti derivati, stipulati dai Comuni italiani sulla base della disciplina normativa vigente fino al 2013 (quando la legge n. 147 del 2013 ha escluso la possibilità di farvi ulteriore ricorso) e della distinzione tra i derivati di copertura e i derivati speculativi, in base al criterio del diverso grado di rischiosità di ciascuno di essi, pur potendo l’Ente locale procedere alla stipula dei primi con qualificati intermediari finanziari nondimeno esso può utilmente ed efficacemente procedervi solo in presenza di una precisa misurabilità/determinazione dell’oggetto contrattuale, comprensiva sia del criterio del mark to market sia degli scenari probabilistici, sia dei cd. costi occulti, allo scopo di ridurre al minimo e di rendere consapevole l’ente di ogni aspetto di aleatorietà del rapporto, costituente una rilevante disarmonia nell’ambito delle regole relative alla contabilità pubblica, introduttiva di variabili non compatibili con la certezza degli impegni di spesa riportati in bilancio;

ove l’IRS negoziato dal Comune incida sull’entità globale dell’indebitamento dell’ente, l’operazione economica deve, a pena di nullità della pattuizione conclusa, essere autorizzata dal Consiglio comunale, tenendo presente che la ristrutturazione del debito va accertata considerando l’operazione nel suo complesso, comprendendo – per il principio di trasparenza della contabilità pubblica – anche i costi occulti che gravano sulla concreta disciplina del rapporto di swap;

l’autorizzazione alla conclusione di un contratto di swap da parte dei Comuni italiani, specie se del tipo con finanziamento upfront, ma anche in tutti quei casi ín cui la sua negoziazione si traduce comunque nell’estinzione dei precedenti rapporti di mutuo sottostanti ovvero anche nel loro mantenimento in vita, ma con rilevanti modificazioni, deve essere data, a pena di nullità, dal Consiglio comunale ai sensi dell’articolo 42, comma 2, lett. i), TUEL di cui al D. Lgs. n. 267 del 2000 [laddove stabilisce che «Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali: (…) – spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi (…)»]; non potendosi assimilare ad un semplice atto di gestione dell’indebitamento dell’Ente locale con finalità di riduzione degli oneri finanziari ad esso inerenti, adottabile dalla giunta comunale in virtù della sua residuale competenza gestoria ex art. 48, comma 2, dello stesso testo unico.

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