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Cass. civ., Sez. Terza, Sent. 02/05/2024, n. 11737, Pres. Scarano, Est. Tassone.

Franchising – abuso del diritto – durata minima del contratto

[1] Nel contratto di franchising a tempo indeterminato (anche nel caso di franchising cd. light, implicante oneri ed investimenti non cospicui), l’affiliante deve attendere tre anni per poter recedere. Diversamente il recesso è contrario a buona fede, abusivo ed arbitrario, in quanto questo periodo costituisce il lasso di tempo minimo sufficiente all’ammortamento dell’investimento da parte dell’affiliato. In sede di sentenza definitiva, il giudice resta vincolato dalla sentenza non definitiva (anche se non passata in giudicato), sia in ordine alle questioni definite, sia per quelle che ne costituiscano il presupposto logico necessario, senza poter più risolvere le stesse questioni in senso diverso e, ove lo faccia, il giudice di legittimità può rilevare d’ufficio tale violazione (Cass. 6689/2012; Cass., 05/10/2020, n. 21258). La modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali.

Disposizioni applicate

Art. 3 L. 129/2004

CASO

In data 1.4.2008 una società ha sottoscritto con V.I. un contratto di franchising a tempo indeterminato relativo ad un punto vendita a Milano; in data 22.1.2010 la stessa società ha stipulato un contratto di affitto di ramo d’azienda con V.G., società partecipata da V.. Successivamente in data 27.11.2011 la società e V.I. hanno rinnovato il contratto di franchising; il 21.1.2013 V.I. comunica alla società il recesso dal contratto di affiliazione del 2011 con un preavviso di tre mesi e la conseguente cessazione ipso iure degli effetti del collegato contratto di affitto di azienda.

La Corte d’Appello di Milano ha accertato l’illegittimità del recesso del contratto di affiliazione commerciale da parte di V.I. e l’illegittima condotta tenuta da V.I. nel periodo di preavviso, oltre che la violazione del divieto di concorrenza da parte di V.G..

La società ha quindi impugnato la sentenza di secondo grado.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione afferma che nel contratto di franchising a tempo indeterminato, l’affiliante deve attendere tre anni per poter recedere, diversamente il recesso è contrario a buona fede, abusivo ed arbitrario, in quanto questo periodo costituisce il lasso di tempo minimo sufficiente all’ammortamento dell’investimento da parte dell’affiliato. In sede di sentenza definitiva, il giudice resta vincolato dalla sentenza non definitiva (anche se non passata in giudicato), sia in ordine alle questioni definite, sia per quelle che ne costituiscano il presupposto logico necessario, senza poter più risolvere le stesse questioni in senso diverso e, ove lo faccia, il giudice di legittimità può rilevare d’ufficio tale violazione.

QUESTIONI

La Corte di Cassazione dichiara infondato il motivo di ricorso esaminato nel presente contributo e rigetta il ricorso per i seguenti motivi.

L’art. 3, comma 3 della L. 129/2004 sancisce che “qualora il contratto sia a tempo determinato, l’affiliante dovrà comunque garantire all’affiliato una durata minima sufficiente all’ammortamento dell’investimento e comunque non inferiore a tre anni. È fatta salva l’ipotesi di risoluzione anticipata per inadempienza di una delle parti”.

La norma quindi prevede letteralmente una durata minima solo nell’ipotesi di contratto a tempo determinato, nulla prevedendo al riguardo nell’ipotesi in cui il contratto sia a tempo indeterminato.

La Corte d’appello ha affermato l’illegittimità del recesso di V.I. dal contratto di franchising stipulato con la società ricorrente, con ogni conseguenza anche in ordine alla cessazione del contratto di affitto di ramo d’azienda stipulato con V.G. perché come nel contratto di franchising a tempo determinato, anche in quello indeterminato (come quello di specie) risulta contrario a buona fede, abusivo e arbitrario, il recesso dell’affiliante prima del decorso della durata minima di almeno tre anni, tenuto conto che questo periodo costituisce il lasso di tempo minimo sufficiente all’ammortamento dell’investimento da parte dell’affiliante.

Secondo la tesi dell’affiliante, invece, il recesso sarebbe stato legittimo in quanto il contratto in questione era un contratto di affiliazione commerciale c.d. light, che implica pochi costi e investimenti per l’affiliato e, inoltre, si sarebbe trattato di un unico rapporto di franchising, nonostante la presenza di due contratti successivi 2008 e 2011, cosicché – complessivamente – il rapporto contrattuale è durato più di tre anni, dal momento che il recesso è del gennaio 2013.

La Corte non accoglie queste argomentazioni in quanto il secondo contratto di franchising (settembre 2011) conteneva la clausola ai sensi della quale detto contratto rappresenta “l’intera ed unica convenzione tra le parti che sostituisce ogni precedente accordo orale e scritto intercorso tra le parti” e, pertanto, è un nuovo contratto con obbligo di assicurare in ogni caso la durata minima di tre anni, anche in presenza di contratto light.

In sintesi, con tale pronuncia, la Corte ha affermato che anche nel contratto di franchising a tempo indeterminato (come anche nel caso di franchising c.d. “light”), l’affiliante è obbligato ad attendere tre anni prima di poter esercitare il diritto di recesso. Infatti, in caso contrario, tale recesso risulta essere contrario a buona fede, abusivo e arbitrario. Ciò perché tale periodo costituisce il lasso di tempo minimo sufficiente all’ammortamento dell’investimento da parte dell’affiliato.

Infatti, se è pur vero che nel contratto a tempo indeterminato ciascuna parte – applicando i principi generali – può recedere nei tempi a propria discrezione, salvo solo osservare un termine di congruo preavviso, applicando rigidamente questa regola al caso dell’affiliazione commerciale si avrebbero conseguenze paradossali: con il contratto a tempo indeterminato, l’affiliante potrebbe recedere dopo pochi mesi senza rispettare la durata minima di tre anni con conseguenze facilmente immaginabili a danno dell’affiliato.

Secondo la Corte quindi, che accoglie la ricostruzione effettuata dalla corte milanese, come nel franchising a tempo determinato, anche nel caso di contratto di franchising a tempo indeterminato, quale appunto quello oggetto di causa, risulta contrario a buona fede, ed in ultima analisi abusivo ed arbitrario, il recesso dell’affiliante prima del decorso della durata minima di almeno tre anni.

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