Interessi moratori e usura: la soluzione delle Sezioni Unite
Cass. civ. Sez. Un. 18 settembre 2020, n. 19597 – Pres. Mammone – Rel. Nazzicone
[1] Interessi moratori – Usura – Contratto – Applicazione della disciplina antiusura – Contratto di mutuo
(Cod. civ. art. 1815)
[1] “La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso.”
CASO
[1] Con sentenza del 30 luglio 2014, la Corte d’Appello di Genova ha respinto le impugnazioni, principale ed incidentale, avverso la decisione del Tribunale della stessa città con la quale era stato revocato il decreto ingiuntivo di Euro 18.500,94, oltre interessi al tasso del 17,57% annuo, emesso su istanza della FC Factor s.r.l. contro P.A. a titolo di rate insolute, capitale residuo, interessi moratori e penale, relativi ad un finanziamento concesso con un contratto di credito.
La corte territoriale, in particolare, ha confermato l’applicabilità della L. 7 marzo 1996, n. 108 agli interessi moratori, in virtù del fatto che il D.L. 29 dicembre 2000, n. 394, nel fornire l’interpretazione autentica dell’art. 644 c.p. e art. 1815 c.c., comma 2, fa riferimento agli interessi convenuti “a qualunque titolo” ed il criterio di cui alla L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 4, è applicabile anche per l’accertamento del carattere usurario degli interessi moratori pattuiti anteriormente all’entrata in vigore del D.M. 25 marzo 2003, che ha provveduto per la prima volta alla rilevazione del tasso di mora, sicchè, venendo in rilievo, nella fattispecie concreta, un interesse di mora del 18% annuo (superiore al cd. tasso soglia), la relativa clausola è nulla, ai sensi dell’art. 1815 c.c., comma 2, non rilevando il tasso in concreto applicato, pari al 17,57% annuo, in quanto, da un lato, esso deriva da una clausola comunque nulla, e, dall’altro lato, si tratta di una clausola vessatoria.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a dieci motivi, la Santander Consumer Bank s.p.a., in qualità di avente causa della Banca Ifis s.p.a., per effetto della retrocessione del credito precedentemente ceduto.
SOLUZIONE
[1] Con ordinanza interlocutoria del 22 ottobre 2019 n. 26946 la prima Sezione civile ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni unite, la risoluzione della questione di massima particolare importanza, ex art. 374, co. 2, c.p.c., relativa all’applicabilità della disciplina antiusura agli interessi moratori ed alle conseguenze dell’avvenuto superamento del tasso soglia. La questione che ha motivato la rimessione alla Sezioni Unite riguarda la necessità di stabilire, stante la presenza di due rigidi e contrapposti orientamenti sul punto, se la disciplina prevista dall’ordinamento con riguardo agli interessi usurari (art. 1815 cod. civ. e art. 644 cod. pen., nonché L. n. 108 del 1996, art. 2, D.L. n. 394 del 2000, convertito dalla L. n. 24 del 2001, e relativi decreti ministeriali, nella specie D.M. 22 marzo 2002) sia estensibile agli interessi moratori.
QUESTIONI
[1] Le Sezioni Unite, con la sentenza in commento, hanno dato risposta positiva al quesito di diritto relativo all’applicabilità della disciplina antiusura agli interessi moratori analizzando preliminarmente le due tesi contrapposte creatasi sul punto.
La tesi restrittiva
I fautori della tesi restrittiva, che adducono a sostegno ampia giurisprudenza di merito, numerosa dottrina e pronunce dell’Arbitro bancario e finanziario, espongono vari importanti argomenti:
a) lettera delle norme: l’art. 1815, comma 2, cod. civ., si riferisce ai soli interessi corrispettivi, contemplati pacificamente al comma 1 della disposizione; l’art. 644 cod. pen., comma 1, incrimina chi si fa “dare o promettere” interessi usurari “in corrispettivo di una prestazione di denaro“; del pari, l’inciso “a qualunque titolo“, contenuto nel D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1, con riguardo agli interessi da considerare come usurari, è collocato dopo le parole “promessi o convenuti“, non immediatamente dopo il termine “interessi“, dovendosi quindi riferire ai costi accessori del credito convenuti dalle parti “a titolo” di commissioni, remunerazioni o spese, secondo quanto previsto della disposizione di legge oggetto dell’interpretazione autentica;
b) legislatore storico del 2001: i lavori preparatori non hanno valore normativo, ma di tenue indizio ermeneutico;
c) funzione degli interessi: gli interessi corrispettivi hanno funzione remunerativa, i moratori, invece, risarcitoria; vi è, dunque, una netta diversità di causa e di funzione tra interesse corrispettivo ed interesse moratorio, in quanto l’interesse corrispettivo costituisce la remunerazione concordata per il godimento diretto di una somma di denaro, avuto riguardo alla normale produttività della moneta, mentre l’interesse di mora, secondo quanto previsto dall’art. 1224 cod. civ., rappresenta il danno conseguente l’inadempimento di un’obbligazione pecuniaria;
d) ratio della norma: il fondamento della disciplina introdotta dalla riforma di cui alla L. n. 108 del 1996 non è tanto quello di predisporre uno strumento per calmierare o livellare il mercato del credito quanto quella di mitigare il “rischio bancario”; il legislatore non ha inteso indirizzare in modo autoritario ed antinomico, rispetto all’autonomia privata, il mercato dei capitali ma, nel rispetto del principio, ha mirato al corretto funzionamento del mercato medesimo, attraverso la repressione delle condotte devianti rispetto alle sue dinamiche spontanee, nell’interesse non solo dei finanziati, ma anche degli operatori istituzionali ed, in ultima analisi, della stabilità del sistema;
e) evoluzione storica: rileva l’attuale conformazione del diritto positivo, con la distinzione degli interessi a seconda della loro funzione;
f) previsione dell’art. 1284, co. 4, cod. civ.: secondo la norma, se “le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali“: essendo, invero, sovente il tasso della disciplina speciale, di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 5 superiore al tasso-soglia usurario, allora, ai fini dell’usura, non possono rilevare gli interessi moratori convenzionali, perchè, altrimenti, la norma ammetterebbe una “usura legale“;
g) mancato rilievo degli interessi moratori nel tasso soglia dei D.M.: nelle voci computate dai decreti ministeriali al fine della rilevazione del tasso medio non sono inclusi gli interessi di mora, mentre i due dati – T.e.g. del singolo rapporto e T.e.g.m. determinante il tasso soglia – devono essere omogenei: onde nel T.e.g. del singolo rapporto gli interessi moratori non devono essere conteggiati.
La tesi estensiva
I fautori della tesi estensiva (in tal senso cfr. Cass. 17 ottobre 2019, n. 26286; Cass. 13 settembre 2019, n. 22890; Cass. 30 ottobre 2018, n. 27442; Cass. 6 marzo 2017, n. 5598; Cass. 4 aprile 2003, n. 5324) oppongono:
a1) lettera delle norme: la legge – art. 1815, comma 2, cod. civ., art. 644 cod. pen., comma 4, L. n. 108 del 1996, art. 2, comma 4 e D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1, conv. dalla L. n. 24 del 2001 – non distingue tra tipi di interessi ed, anzi, in alcuni di tali articoli si parla espressamente di pattuizione “a qualsiasi titolo“; mentre la stessa apertura espressamente apportata dal D.L. n. 185 del 2008, art. 2-bis, comma 2, convertito dalla L. n. 2 del 2009, alle voci confluenti nel T.e.g. dovrebbe indurre a ricomprendervi oggi anche gli interessi di mora;
b1) legislatore storico del 2001: nei lavori preparatori della L. n. 24 del 2001, si afferma che si voleva considerare l’usurarietà di ogni interesse “sia esso corrispettivo, compensativo o moratorio“;
c1) funzione degli interessi: entrambi gli interessi costituiscono la remunerazione di un capitale di cui il creditore non ha goduto, nel primo caso volontariamente, nel secondo caso involontariamente;
d1) ratio della norma o interpretazione finalistica: il criterio oggettivo previsto dalla L. n. 108 del 1996 intende tutelare le vittime dell’usura e il superiore interesse pubblico all’ordinato e corretto svolgimento delle attività economiche, fini che sarebbero vanificati ove si escludessero dall’ambito di applicazione gli interessi moratori; inoltre, in caso contrario, per il creditore potrebbe addirittura essere più conveniente l’inadempimento, con la possibilità, ad esempio, di fissare termini di adempimento brevissimi per indurre facilmente la mora e lucrare gli interessi;
e1) evoluzione storica: gli interessi moratori sono sorti per compensare il creditore dei perduti frutti del capitale non restituito, e quindi per riprodurre, sotto forma di risarcimento, la remunerazione del capitale; l’opinione secondo cui gli interessi moratori avrebbero una funzione diversa da quelli corrispettivi sorse per aggirare il divieto canonistico di pattuire interessi; la presenza della duplicazione normativa ex artt. 1224 e 1282 cod. civ. dipende dall’unificazione dei codici civile e commerciale;
f1) previsione dell’art. 1284, co. 4, cod. civ.: non rileva quanto stabilito da tale norma – secondo cui il saggio degli interessi legali diviene, dal momento della proposizione della domanda giudiziale, quello pari al tasso proprio dei ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali – perchè ivi il maggior tasso degli interessi legali ha la diversa funzione sanzionatorio/deflattiva a carico del debitore inadempiente, per i casi in cui l’inadempimento perseveri pur dopo la proposizione della domanda giudiziale (che risulterà fondata) e non discende dalla semplice mora;
g1) mancato rilievo degli interessi moratori nelle tasso soglia dei D.M.: è incontestato che le voci, computate nei decreti ministeriali al fine della rilevazione del tasso medio, escludano gli interessi moratori; ma ciò non ha rilievo ermeneutico, dato che la disciplina secondaria non può costituire un vincolo alle interpretazioni giurisprudenziali degli enunciati, pena un’inammissibile inversione metodologica. In sostanza, la circostanza che i decreti ministeriali di rilevazione non includano gli interessi moratori nella definizione del T.e.g.m., e quindi del relativo tasso-soglia, potrà, semmai, rilevare ai fini della verifica di conformità dei decreti medesimi, quali atti amministrativi, alla legge che attuano: però, in nessun caso il giudice è vincolato dal contenuto della normazione secondaria nell’esercizio del suo potere-dovere ermeneutico.
Le Sezioni Unite, dopo aver riportato le due tesi contrapposte, hanno avallato la tesi estensiva sostenendo che, alla luce delle rationes legis sottese alla disciplina antiusura (come la tutela del fruitore del finanziamento, la repressione della criminalità economica, la direzione del mercato creditizio e la stabilità del sistema bancario) ed in particolare dell’esigenza di piena tutela del soggetto debitore, il concetto di interesse usurario e la relativa disciplina repressiva non possono ritenersi estranei all’interesse moratorio.
Secondo il Supremo Collegio, infatti, “l’esigenza primaria è quella di non lasciare il debitore alla mercé del finanziatore: il quale ultimo, se è subordinato al rispetto del limite della soglia usuraria quando pattuisce i costi complessivi del credito, non può dirsi immune dal controllo quando, scaduta la rata o decorso il termine pattuito per la restituzione della somma, il denaro non venga restituito e siano applicati gli interessi di mora, alla cui misura l’ordinamento (cfr. art. 41 Cost.) e la disciplina ad hoc dettata dal legislatore ordinario non restano indifferenti”.
La disciplina antiusura, pertanto, intende sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi, convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, inclusi gli interessi moratori che sono comunque convenuti e costituiscono un possibile debito per il finanziato.
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