La leadership nello studio legale cambia volto
Di leadership fino a qualche anno addietro non se ne parlava certo. Questo termine inglese non apparteneva alla cultura italiana e tantomeno a quella giuridica e legale. La figura, di latina memoria, che da sempre campeggiava in studio era il dominus, il “padrone di casa”. Già il termine dispiegava tutta la sua portata alla sola pronuncia: dominus è il titolare di studio, colui che ha fondato e conduce lo studio. Il progetto professionale per tutta la vita del dominus restava saldamente nelle sue mani e intorno a lui si riconoscevano solo giovani leve che ringraziavano per la bontà prestata nell’accoglierli alla pratica legale e la segretaria tuttofare, che come un’ombra portava a termine tutte incombenze che necessitava lo studio per funzionare quotidianamente. Punto. Il resto non c’era. Zero organizzazione, zero comunicazione, zero condivisione, poco o nessun coinvolgimento nei progetti di studio. Anzi, il buon praticante, una volta passato l’esame di abilitazione, diventata quasi sempre una potenziale spina nel fianco, una minaccia. Ecco che come un figlio deve cambiare casa per poter avviare la propria vita con regole proprie, così l’ex praticante, ora neo-avvocato (un tempo procuratore legale), prendeva le cose e si avviava verso la creazione del proprio studio. La storia si ripeteva di generazione in generazione, all’infinito.
La prima svolta: il 2008
Dopo circa sessant’anni di storia ciclica (partendo dalla neo Repubblica italiana), qualcosa comincia a cambiare nel 2008, anno della grande crisi economica e finanziaria che, partita dagli USA con il crollo Lehman Brothers, giungerà sulle coste italiane da lì a poco. Una seppur piccola percentuale di studi professionali, meno del 10% comincia ad interrogarsi sul come organizzare la professione per poter rimanere al passo con i tempi e così utilizzare al meglio gli strumenti che la tecnologia offre. Cominciano a comparire gli studi associati, le società tra professionisti e le prime reti di professionisti, i network. Soprattutto nel nord Italia e in particolare in Lombardia e Veneto gli studi cominciano a strutturarsi sul modello organizzativo aziendale, con all’interno professionisti, staff e manager. Quegli stessi studi capiscono l’importanza della comunicazione e del marketing per il proprio business, fornendo il proprio studio di un sito Internet e di una presenza sui social network. Qualcuno inserisce nell’organico vere e proprie figure dedicate, come marketing manager e office manager. Si dotano così di un business plan, di un business model, di software e gestionali evoluti. La maggior parte, tuttavia, continua anche se con fatica a condurre la professione vecchia maniera. Questo fino ad oggi, dove la pandemia e il lockdown hanno rappresentano veri e propri tsunami innovativi, costringendo chiunque a confrontarsi con il cambiamento dentro e fuori lo studio professionale. Dal 2020 le cose saranno necessariamente organizzate diversamente, indipendentemente dalla dimensione dello studio o dalla sua geolocalizzazione. Il perché? Per la semplice ragione che non ci sono più alternative: o si innova e si fa quello scatto in avanti come mentalità e approccio alla professione, o con buone probabilità si è destinati a non sopravvivere professionalmente a questo periodo e a ciò che porterà.
Leadership e vision in studio
Questo breve excursus ci fa capire perché oggi la figura del dominus non ha più ragion d’essere e risulta anacronistica. Lo studio professionale, indipendentemente dalla dimensione, ha bisogno di una guida, di una rotta da seguire e di un team affiatato che la segua con determinazione. Essere performanti sul mercato vorrà dire avere qualità di servizi, certo, ma con logica manageriale e imprenditoriale. Procedere “a braccio”, seguire l’istinto e attendere con il passaparola i risultati potrebbe decisamente non essere una buona strategia, anche se in passato per diverse generazioni ha funzionato. Bisogna capire che quella che stiamo vivendo non è un cambiamento, una evoluzione; è una rivoluzione, è una trasformazione copernicana di quanto prima si conosceva sul mercato dei professionisti e sullo studio professionale. Chi si trova a gestire ora uno studio potrà utilizzare tutto sommato ben poco dell’esperienza pregressa, in quanto molte dinamiche sono nuove per tutti. Pensate a chi oggi esercita la professione in co-working, oppure a chi ha parte dei collaboratori in smart working, o ancora chi si trova a lavorare stabilmente in network con accordi di rete professionale. Insomma, molti meccanismi sono fenomeni affrontati per la prima volta e quindi non possono attingere alle precedenti generazioni per trarre esperienza.
Questo deve essere anche il ruolo del leader di studio oggi. Deve essere il primo innovatore, il primo ad avere progetti chiari e saper comunicare per coinvolgere gli altri su tali progetti. Il leader non è il dominus, inteso come proprietario, titolare di studio. Il leader è una figura di guida, di stimolo, di ispirazione che potrebbe anche non corrispondere con il titolare di studio. Quello spesso coincide più con la figura del boss. Un leader è un aggregatore di cervelli, sa cosa serve nel proprio team e non ha paura di cercare e selezionare sul mercato le risorse adatte.
Inoltre, il leader è mosso da una vision, quindi obiettivi appassionati, che possono coinvolgere tutti e non sono individualistici e personali.
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