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Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 4 ottobre 2019, n. 24873

Contratto di lavoro – rapporto di lavoro autonomo seguito da rapporto di lavoro subordinato – identità di mansioni svolte – subordinazione ab initio

Massima

Deve riconoscersi la sussistenza di un rapporto subordinato anche in epoca anteriore alla stipula del contratto di lavoro subordinato laddove i testimoni confermino che il lavoratore svolgeva precedentemente le stesse mansioni in favore del datore di lavoro (Nel caso di specie il rapporto di lavoro riguardava un geometra il quale veniva inserito nello studio professionale di un ingegnere, inizialmente come lavoratore autonomo e, successivamente, come lavoratore subordinato, pur restando invariate le condizioni di lavoro e le mansioni complessive svolte dal geometra sia prima che dopo la stipulazione del contratto di lavoro subordinato).

Commento

La vicenda sottoposta al vaglio della Cassazione verteva sulla qualificazione da dare a un rapporto di collaborazione intercorso tra un geometra, titolare di partita iva, e uno studio professionale. La citata collaborazione aveva avuto luogo dal 1996 al 2002, quando le parti avevano deciso di stipulare un contratto di lavoro subordinato durato fino al 2005 e cessato per dimissioni del lavoratore. Secondo la Corte territoriale con la stipula del contratto di lavoro subordinato e la conseguente erogazione delle retribuzioni tramite busta paga era stato evidentemente ammesso un rapporto subordinato dalla data indicata sino alle dimissioni. Peraltro, detto rapporto non appariva diverso in alcun modo da quello precedente – ossia il rapporto di collaborazione in essere prima della stipulazione del contratto di lavoro – risultando concordemente da tutte le deposizioni, sia di parte attrice che convenuta, che la modalità della prestazione non era cambiata dopo la stipula del citato contratto di lavoro. Di conseguenza, secondo il ragionamento della Corte territoriale, se da tale epoca era stato intrattenuto un rapporto subordinato era evidente che anche prima lo stesso tipo di rapporto intercorreva tra le due parti. Contro tale decisione proponeva ricorso per cassazione il titolare dello studio professionale lamentando, tra l’altro, la violazione delle regole governanti l’onere della prova in quanto la Corte di merito avrebbe obliterato completamente l’onere della prova gravante sull’attore e financo gli elementi sui quali tale prova doveva essere raggiunta, giungendo così a fondare la sua pronuncia su di una mera personalistica presunzione, peraltro contrastata espressamente dalle prove in causa, presunzione sintetizzata nel fatto che nel giugno del 2002 tra le parti interveniva un contratto lavoro subordinato, sicché se da tale data si intratteneva un simile rapporto di lavoro era evidente che anche prima lo stesso tipo di rapporto intercorresse tra le parti. Stante la natura della doglianza sollevata in sede di legittimità – palesemente incentrata sulla prospettazione di una diversa ricostruzione della vicenda storica rispetto a quella operata dalla Corte di merito – la Cassazione ha ribadito che spetta al giudice del merito accertare il comportamento tenuto dalle parti nell’attuazione del rapporto di lavoro al fine della conseguente qualificazione dello stesso come lavoro autonomo ovvero come lavoro subordinato e la relativa valutazione non è censurabile in Cassazione ove correttamente ed adeguatamente motivata.

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