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Cass. Civ., Sez. VI, Ord., 21-02-2020 n. 4694 -D’ASCOLA– Presidente, TEDESCO – Relatore

Azione di riduzione – Tutela dei legittimari- Legittimario pretermesso- Successione necessaria

(C.c., art. 553 ss)

L’azione di riduzione proposta contro un soggetto che è legittimario al pari del legittimario attore implica che il convenuto abbia ricevuto una donazione o debba beneficiare di una disposizione testamentaria, per cui venga ad ottenere, oltre la rispettiva legittima, che è anche a suo favore intangibile, qualcosa di più, che contribuisce a privare, in tutto o in parte, della legittima il legittimario attore. In questo caso, il convenuto con l’azione di riduzione non deve proporre alcuna domanda o eccezione per contenere la riduzione nei limiti di quanto eventualmente sopravanzi a ciò che gli compete come legittimario, conseguendo tale risultato dall’applicazione delle norme di legge, senza che rilevi minimamente che la riduzione così operata non sia sufficiente a reintegrare la legittima dell’attore.

CASO

La Corte d’Appello di Messina, confermando la sentenza di primo grado, ha disposto la riduzione della disposizione testamentaria di T.A. in favore del figlio pretermesso U.T.A. e a scapito del coniuge C.A., nominata erede universale. In particolare, dopo aver calcolato le quote di riserva sulla somma di relictum e donatum, la Corte d’Appello ha stabilito che il coniuge dovesse subire la riduzione per l’intero valore della legittima del figlio, disattendendo l’eccezione del convenuto secondo il quale la riduzione doveva essere effettuata sulla differenza tra il valore del relictum e il valore della propria quota di riserva.

C.A. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, denunciando la violazione, sotto diverso profilo, delle norme e dei principi che governano l’azione di riduzione. In altre parole, secondo C.A. se il soggetto che subisce la riduzione è a sua volta legittimario, l’azione non può comportare il sacrificio della legittima dello stesso.

SOLUZIONE

La Corte di merito aveva ritenuto infondata la pretesa del coniuge, nominato erede universale, di circoscrivere la riduzione nei limiti della differenza fra il valore complessivo dei beni relitti e la quota a lui riservata. Di conseguenza, ha reintegrato la legittima del figlio per intero sui beni relitti, a scapito della legittima del coniuge, che il de cuius aveva a contrario preservato.

Inoltre, secondo il giudizio nel merito, non trovava applicazione nel caso di specie il criterio della riduzione proporzionale, ex art 558 c.c., comma 1, in quanto “la domanda di riduzione proposta dal legittimario attore non era stata contrastata da alcuna analoga e concorrente domanda del legittimario convenuto”.

La Corte di Cassazione ha ritenuto che, nel caso in esame, un’azione di riduzione del coniuge non è configurabile in quanto egli, per testamento, aveva ricevuto un valore superiore a quello della propria quota di riserva, mancando il presupposto essenziale dell’azione di riduzione ovvero la lesione di legittima. Inoltre, il legittimario convenuto, al fine di preservare l’integrità della propria quota di riserva della pretesa altrui, non deve proporre nessuna domanda o eccezione, potendo conseguire tale risultato dell’applicazione delle norme in tema di tutela dei legittimari.

L’articolo 558 c.c., secondo i giudici di legittimità, implica una pluralità di disposizioni riducibili e indica che la riduzione debba essere operata in modo da conservare, fra le disposizioni ridotte, la proporzione originaria voluta dal testatore; nel caso in esame la sola disposizione testamentaria riducibile era quella del coniuge e, per questo, si poneva il problema di stabilire la misura della lesione imputabile a quella disposizione. Inoltre, non si verifica l’esigenza del litisconsorzio necessario fra i destinatari di disposizioni lesive in quanto l’azione di riduzione può essere esercitata nei confronti di uno solo degli obbligati alla integrazione della quota spettante al legittimario e spiegare effetto nei suoi confronti in caso di accoglimento (Cass. 27770/2011). Chiaramente, l’azione esperita contro solo alcuni dei potenziali legittimari passivi, va mantenuta nei limiti in cui i convenuti siano tenuti a contribuire all’integrazione della legittima, secondo i principi stabiliti negli artt. 555, 558 e 559 c.c., abbia o non il legittimario agito contro tutti i beneficiari delle disposizioni lesive.

In conclusione, la Corte di Cassazione afferma il seguente principio di diritto: “L’azione di riduzione proposta contro un soggetto che è legittimario al pari del legittimario attore implica che il convenuto abbia ricevuto una donazione o debba beneficiare di una disposizione testamentaria, per cui venga ad ottenere, oltre la rispettiva legittima, che è anche a suo favore intangibile, qualcosa di più, che contribuisce a privare, in tutto o in parte, della legittima il legittimario attore. In questo caso, il convenuto con l’azione di riduzione non deve proporre alcuna domanda o eccezione per contenere la riduzione nei limiti di quanto eventualmente sopravanzi a ciò che gli compete come legittimario, conseguendo tale risultato dall’applicazione delle norme di legge, senza che rilevi minimamente che la riduzione così operata non sia sufficiente a reintegrare la legittima dell’attore”.

QUESTIONI

La legittima è un diritto di successione che spetta inderogabilmente ad alcune categorie di successibili, c.d. legittimari, anche contro la volontà del defunto (art. 457 co. 3 c.c.). Tale categoria comprende i discendenti legittimi e naturali, il coniuge e, in mancanza dei discendenti, anche gli ascendenti. Il diritto di legittima, si sostanzia nel potere di ottenere, direttamente o mediante l’azione giudiziaria, una parte “netta” del patrimonio del de cuius (c.d. quota di legittima o di riserva). La base sulla quale si deve effettuare il calcolo della quota (frazionaria) di legittima si ottiene aggiungendo al relictum (i.e. l’attivo, la massa dei beni e dei diritti compresi nell’asse ereditario), il donatum, ovvero i beni donati dal defunto in vita, e detraendo dal computo i debiti ereditari.

Gli articoli 553 a 564 c.c. indicano i principi che governano la tutela dei legittimari, e tra l’altro disciplinano l’azione di riduzione, che è l’azione spettante al legittimario che sia stato pretermesso (cioè non nominato nel testamento) o leso (cioè che abbia ricevuto valori complessivamente inferiori alla sua quota riservata).

In merito all’azione di riduzione, la dottrina (G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Giuffrè, Milano, 2009, p. 535) ha sottolineato come questa, in realtà, sia formata da tre azioni autonome fra loro: è solo con l’azione di riduzione in senso stretto che si dichiara l’inefficacia, totale o parziale, delle disposizioni testamentarie e delle donazioni che eccedono la quota di cui il testatore poteva disporre. Successivamente, l’azione di restituzione contro i beneficiari delle disposizioni ridotte e di restituzione contro i terzi hanno entrambe lo scopo di recuperare dal patrimonio del legittimario i beni oggetto delle disposizioni lesive rese inefficaci dall’azione di riduzione.

Nel caso in commento il figlio del de cuius, pretermesso nel testamento del padre, agisce per chiedere la riduzione delle disposizioni testamentarie che nominano la moglie del de cuius erede universale. I giudici di merito, nel procedere alla riduzione delle disposizioni testamentarie, attraverso l’applicazione dell’articolo 558 c.c., avevano operato la riduzione “in modo da spostare la lesione da un legittimario all’altro” (parole della Corte di Cassazione), in quanto il legittimario convenuto non aveva espresso alcuna domanda volta a salvaguardare la propria quota di riserva. Secondo l’articolo 554 c.c. le disposizioni testamentarie lesive, eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre, sono soggette a riduzione nei limiti della quota medesima. Per cui, sarà necessario ridurre le disposizioni testamentarie nella misura occorrente affinché il legittimario consegua un attivo patrimoniale tale da soddisfare il suo diritto di legittima (M. Bianca, Diritto Civile. Successioni, Giuffrè, Milano, p. 214).

Come ricorda la dottrina (Mengoni, Successioni per causa di morte. Parte speciale. Successione necessaria, 4a ed., in Tratt. Cicu, Messineo, Milano, 2000, p. 270), le disposizioni devono essere ridotte proporzionalmente, secondo l’art. 558 c.c., disapplicato nel giudizio di merito; ciò al fine di conservare tra le disposizioni ridotte lo stesso rapporto di valore stabilito dal testatore.

Inoltre, nel caso di specie, il convenuto, nominato erede universale, aveva ricevuto un valore superiore a quello della propria quota di riserva, e pertanto non era legittimato a chiedere l’azione di riduzione in sede riconvenzionale in quanto mancava il presupposto essenziale per promuovere tale azione. Sul punto la Corte di Cassazione ha affermato un principio secondo il quale “fra i legittimati passivi dell’azione di riduzione, può essere, anche qualche soggetto che è legittimario, al pari del legittimario attore; quando, però abbia ricevuto una donazione, o debba beneficiare di una disposizione testamentaria, per cui venga ad ottenere, oltre la rispettiva legittima, qualcosa in più, che contribuisce a privare, in tutto o in parte, della legittima il legittimario attore, l’integrazione non va fatta a scapito della legittima del legittimario convenuto, che cosi verrebbe lesa contro le disposizioni di legge, ma della sua disponibile” (Cass. n. 708/1964).

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