Secondo la recente pronuncia della Corte di Cassazione – ordinanza 27 settembre 2024, n. 25850 – la retribuzione corrisposta durante le ferie non deve essere inferiore rispetto a quella corrisposta nel corso dei giorni di lavoro, in quanto non deve costituire una dissuasione dal beneficiarne.
Con la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 2346/2023 era stato accolto l’appello proposto contro la sentenza del Tribunale di Napoli n. 2146/2022 e, in riforma di detta sentenza, la Corte territoriale aveva dichiarato il diritto del lavoratore di percepire, per ciascun giorno di ferie, una retribuzione dell’indennità perequativa, dell’indennità compensativa e dell’indennità di turno.
Al riguardo, è possibile richiamare i principi espressi dalla Corte di Cassazione nelle pronunce n. 13425/19 e n. 22401/20202 secondo le quali ad ogni lavoratore deve essere riconosciuto il diritto di percepire, durante il periodo feriale, la stessa retribuzione che percepisce
“normalmente” durante lo svolgimento della propria attività lavorativa.
Le predette sentenze hanno a suo tempo esaminato la suindicata problematica concernente la questione della retribuzione feriale in relazione alla normativa e alla giurisprudenza europea, con particolare riferimento alla incidenza su di essa delle voci retributive variabili.
In merito, la Corte di Giustizia Europea unitamente alla Cassazione hanno sancito che, essendo le ferie un diritto tutelato dalla Carta dei Diritti dell’Uomo, dalla Carta Fondativa dell’Unione Europea. ed in Italia, dalla Costituzione il lavoratore in ferie deve percepire lo stesso stipendio di come quando lavora, per evitare che un regime di vita inferiore, quale quello che si verificherebbe con meno stipendio, faccia optare il lavoratore a rinunciare ad un suo fondamentale diritto.
In particolare la suindicata pronuncia della Cassazione n. 22401/2020 ha evidenziato che: “
il diritto del lavoratore a ferie retribuite trova una disciplina sia nel diritto interno (art. 36, comma 3°, Cost.: “il lavoratore ha diritto…a ferie annuali retribuite”; art. 2109, comma 2°, cod. civ.: il prestatore di lavoro ha diritto “ad un periodo annuale di ferie retribuite”; art. 10 d.lgs. n. 66 del 2003, ratione temporis applicabile: “… il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo…di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane”), sia in quello dell’Unione (Art. 7 Direttiva n. 2003/88/CE)”.
E così prosegue in un passo motivazionale significativo: “
Per ciò che riguarda, in particolare, “l’ottenimento di un pagamento” a titolo di ferie annuali, la Corte di Giustizia, sin dalla sentenza 16 marzo 2006, cause riunite C-131/04 e C-257/04, Robinson-Steele e altri (punto 50), ha avuto occasione di precisare che l’espressione “ferie annuali retribuite”, di cui all’articolo 7, n. 1 della Direttiva n. 88 del 2003, intende significare che, per la durata delle ferie annuali, “deve essere mantenuta” la retribuzione; in altre parole, il lavoratore deve percepire la retribuzione ordinaria per tale periodo di riposo (negli stessi sensi, anche sentenza CGUE 20 gennaio 2009 in C-350/06 e C-520/06, Schultz-Hoff e altri, punto 58). L’obbligo di monetizzare le ferie è volto a mettere il lavoratore, in occasione della fruizione delle stesse, in una situazione che, a livello retributivo, sia paragonabile ai periodi di lavoro (v. sentenze citate Robinson-Steele e altri, punto 58, nonché Schultz-Hoff e altri, punto 60). Maggiori e più incisive precisazioni si rinvengono nella pronuncia della Corte di Giustizia 15 settembre 2011, causa C-155/10, Williams e altri (punto 21), dove si afferma che la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore e che una diminuzione della retribuzione idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione”.
Con successiva ordinanza n. 33713 del 4 dicembre 2023, la Corte di Cassazione ha affermato che la nozione di retribuzione durante il periodo di godimento delle ferie è influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenze Robinson Steele del 2006; Schultz-Hoff e altri, 20.1.2009, cause C-350/06 e C520/06; Williams e altri, 13.12.2018, C-155/10; To.He., 13.12.2018, C-385/17) che ha inteso assicurare al lavoratore una situazione che, a livello retributivo, sia sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria erogata nei periodi di lavoro, sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione.
Quest’ultima ordinanza della Cassazione n. 33713/2023 unitamente a quella del 14 giugno 2024, n. 16603 hanno formato recentemente oggetto di commento da parte di L. Pelliccia,
La Cassazione ancora sul computo della retribuzione spettante durante le ferie e sul riparto dell’onere probatorio per la richiesta dell’indennità sostitutiva”, in www.rivistalabor.it ,1° ottobre 2024
, cui si rinvia anche per gli ulteriori riferimenti.
Qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è infatti incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace tutela della loro salute e sicurezza (in questo senso anche la recente C.G.U.E. 13.1.2022, C-514/20).
Va ricordato che le sentenze della Corte di Giustizia dell’UE hanno efficacia vincolante, diretta e prevalente sull’ordinamento nazionale, così come confermato dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 168/1981 e n. 170/1984, ed hanno perciò
“valore di ulteriore fonte del diritto comunitario, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito della Comunità” (Cass. n. 22577/ 2012 e Cass. n. 13425/2019).
Di tali principi si è fatta interprete la Suprema Corte che, in più occasioni, ha ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE (con la quale sono state codificate, per motivi di chiarezza, le prescrizioni minime concernenti anche le ferie contenute nella direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, cfr. considerando 1 della direttiva 2003/88/CE, e recepita anch’essa con il D.L.vo n. 66 del 2003), per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo “
status” personale e professionale del lavoratore .
Del pari, con riguardo all’indennità spettante in caso di mancato godimento delle ferie, la Suprema Corte ha affermato che detta indennità deve comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo “
status” personale e professionale del lavoratore (Cass. civ. sentenza n. 37589 del 2021).
Ritornando alla pronuncia qui segnalata, la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie è fortemente influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha precisato che con l’espressione «
ferie annuali retribuite» contenuta nell’art. 7, nr. 1, della direttiva nr. 88 del 2003 si vuole fare riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, «
deve essere mantenuta» la retribuzione con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire in tale periodo di riposo la retribuzione ordinaria (nello stesso senso CGUE 20 gennaio 2009 in C-350/06 e C- 520/06, S.-H. e altri).
Ciò che si è inteso assicurare è una situazione che, a livello retributivo, sia sostanzialmente equiparabile a quella ordinaria del lavoratore in atto nei periodi di lavoro sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione (cfr. C.G.U.E. W. e altri, C-155/10 del 13 dicembre 2018 ed anche la causa T.H. del 13/12/2018, C-385/17). Qualsiasi incentivo o sollecitazione che risulti volto ad indurre i dipendenti a rinunciare alle ferie è infatti incompatibile con gli obiettivi del legislatore europeo che si propone di assicurare ai lavoratori il beneficio di un riposo effettivo, anche per un’efficace tutela della loro salute e sicurezza (cfr. in questo senso anche la recente C.G.U.E. del 13/01/2022 nella causa C-514/20).
Di tali principi si è fatta interprete la medesima Corte di Cassazione che in più occasioni ha ribadito che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE (con la quale sono state codificate, per motivi di chiarezza, le prescrizioni minime concernenti anche le ferie contenute nella direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, considerando 1 della direttiva 2003/88/CE, e recepita anch’essa con il d.lgs. n. 66 del 2003), per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo
“status” personale e professionale del lavoratore.
Anche con riguardo al compenso da erogare in ragione del mancato godimento delle ferie, pur nella diversa prospettiva cui l’indennità sostitutiva assolve, si è ritenuto che la retribuzione da utilizzare come parametro debba comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all’esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo
“status” personale e professionale del lavoratore (Cass. n. 37589/2021).
La Corte di Cassazione premette che la nozione di retribuzione da applicare durante il periodo di godimento delle ferie è fortemente influenzata dalla interpretazione data dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale “
ha precisato che con l’espressione “ferie annuale retribuite” contenuta nell’articolo 7, nr.1, della direttiva n. 88 del 2003 si vuole fare riferimento al fatto che, per la durata delle ferie annuali, deve essere mantenuta” la retribuzione con ciò intendendosi che il lavoratore deve percepire in tale periodo di riposo la retribuzione ordinaria. Ciò che si è inteso assicurare è una situazione equiparabile a quella ordinaria del lavoratore in atto nei periodi di lavoro sul rilievo che una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie, il che sarebbe in contrasto con le prescrizioni del diritto dell’Unione”.
E ritiene, in conclusione, che l’interpretazione delle norme collettive aziendali che regolano gli istituti di cui era stata chiesta l’inclusione nella retribuzione feriale che è quella di assicurare un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale.
Nicola Niglio, consigliere della Presidenza del Consiglio dei ministri – Scuola Nazionale dell’Amministrazione
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Cass., ordinanza 27 settembre 2024, n. 25850
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Lo stipendio erogato durante le ferie deve essere uguale a quello del periodo di lavoro sembra essere il primo su
Rivista Labor - Pacini Giuridica.