Manifestazione di volontà dei soci e “tassatività” delle specifiche modifiche statutarie
Decreto Tribunale Udine del 26 settembre 2017
Parole chiave: riduzione di capitale per perdite – modifiche dello statuto – nuovo minimo legale S.r.l. € 1 – cause di scioglimento della società
Scioglimento della S.r.l. per riduzione del capitale al di sotto del limite di € 10.000,00 ma non del limite di € 1.
“Il conservatore del registro delle imprese deve procedere all’iscrizione della dichiarazione di accertamento della causa di scioglimento della società a responsabilità limitata dovendosi tenere ferma, benché il minimo legale del capitale sociale sia ormai fissato a 1 euro, per le società costituite con un capitale di almeno 10 mila euro o che si siano dotate durante la loro esistenza di un siffatto capitale, la regola per cui la riduzione del capitale (di oltre un terzo e) al di sotto di 10 mila euro, unitamente alla mancanza di una deliberazione sociale di riduzione e contemporaneo aumento al minimo del capitale, costituisce una causa di scioglimento della società salvo che i soci adottino la positiva deliberazione di continuare l’attività sotto l’ombrello, e nel rispetto delle norme aggiuntive, dei commi quarto e quinto e dell’articolo 2463”
Disposizioni applicate: 2189 comma 3, 2463 comma 1 n. 4, 2463 commi 4 e 5, 2482-ter, 2484 c. 1 n. 4 c.c..
Il Tribunale di Udine, con Decreto del 26 settembre 2017, ha deciso sul ricorso proposto dal legale rappresentante di una società, costituita in forma di S.r.l. unipersonale, avverso il rifiuto del Conservatore del Registro delle imprese di iscrivere la dichiarazione di accertamento del verificarsi di una delle cause di scioglimento della società, in particolare la riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale (art. 2463 comma 1 n. 4 c.c.).
Nel caso di specie, il capitale sociale della società ricorrente si era ridotto al di sotto del minimo legale di € 10.000,00 (art. 2463 c. 1 n. 4 c.c.), pur rimanendo comunque superiore al nuovo minimo legale, pari a 1 €, introdotto dal comma 4 dell’art. 2463 c.c., così come modificato dal D.L. n. 76 del 2013, conv. in L. n. 9. La società era così incorsa in questa specifica causa di scioglimento non avendo posto in essere quanto previsto dall’art. 2482-ter c.c., vale a dire la riduzione del capitale ed il contestuale aumento fino a ristabilire l’equilibrio patrimoniale minimo richiesto ovvero la trasformazione, il socio manifestava quindi la volontà di sciogliere la società.
Le perdite della società non erano tuttavia tali da azzerare il capitale sociale, che pertanto non scendeva al di sotto di 1 euro (come previsto dai “nuovi” commi 4 e 5 dall’art. 2463 c.c.).
Orbene, la pronuncia in commento è occasione per soffermarsi sul tema, a dir il vero trasversale nel diritto, fra imperatività della norma e volontà del socio, ci si domanda fino a che punto la norma imperativa possa incidere sulla volontà del socio, quest’ultima invece chiaramente dispositiva, la quale non si sia espressamente manifestata nel senso della prosecuzione dell’attività sociale con il capitale ridotto (1 euro).
Altra questione affrontata dalla pronuncia in commento attiene, di conseguenza, al dovere o meno di qualificare il disallineamento tra il disposto dell’art. 2482-ter c.c. e il richiamo da questo operato al minimo stabilito dal comma 1 n. 4 dell’art. 2463 (€ 10.000) alla luce della modifica introdotta nel 2013.
Nell’affrontare tali questioni appare da subito ragionevole ritenere (accogliendo l’opinione maggioritaria) come il rinvio al limite di cui all’art. 2463 n. 4 c.c., richiamato in tema di riduzione dalla norma sopra citata (art. 2483 ter c.c.) sia il frutto di un difetto di coordinamento. Risulterebbe infatti assai arduo giustificare una siffatta “volontà” normativa, laddove da un lato si consente, in fase di costituzione, che una S.r.l. sia dotata di un capitale di 1 euro o comunque inferiore a € 10.000, ma, dall’altro, si impone in sede di ricostituzione di fissare tale capitale ad almeno 10.000 euro.
La tesi alla quale pertanto aderisce il Tribunale friulano nella sua pronuncia è quella che opta per un’interpretazione “estensiva” delle norme, in base alla quale è possibile che una società già costituita continui ad operare nonostante le perdite abbiano eroso il capitale al di sotto di € 10.000,00, purché quest’ultimo non risulti inferiore a 1 euro.
Non solo quindi in fase di costituzione della società, a fini meramente agevolativi, secondo una interpretazione più stringente delle norme, sarebbe possibile avvalersi della facoltà di determinare un capitale inferiore a € 10.000,00, ma anche nel corso della vita sociale, sebbene il Legislatore imponga la formazione di una riserva legale “accelerata”, destinando una parte degli utili netti annuali (il 20% degli stessi, e non il 5% ex art. 2430 c.c.) a riserva indisponibile, fino al raggiungimento dell’importo di € 10.000,00.
Occorre tuttavia che ciò sia oggetto di apposita delibera, la quale ben può manifestarsi nel medesimo contesto assembleare in cui viene deliberata la riduzione di capitale per perdite.
Si ritiene invero che qualora il socio non decida in tal senso, optando per il nuovo capitale minimo, egli in realtà stia implicitamente accettando le conseguenze del verificarsi della causa di scioglimento; in quanto, avrebbe potuto rimuovere le conseguenze della causa di scioglimento, avvalendosi del “paracadute” del capitale a 1 euro.
In tal senso vediamo come la modifica statutaria sia necessaria e debba essere tassativamente riferita alla disponibilità dei soci di mantenere il capitale sociale a 1 euro soltanto, in quanto manifestazione di volontà dei soci espressa nelle forme di legge.
Invero la decisione del Tribunale di Udine non manca di ricordare come nel caso di specie alla riduzione del capitale per perdite non ha fatto seguito “una deliberazione sociale di riduzione e contemporaneo aumento al minimo del capitale” e che tale riduzione “costituisce una causa di scioglimento della società (art. 2484, comma 1, n. 4, c.c.), salvo aggiungere l’ulteriore possibilità alternativa che i soci adottino la positiva deliberazione di continuare l’attività sotto l’ombrello, e nel rispetto delle norme aggiuntive, dei commi 4° e 5° dell’art. 2463”.
Di notevole interesse è peraltro l’orientamento, sul punto, della prassi notarile (cfr. massima n. 143 del Consiglio Notarile di Milano) secondo la quale a seguito della modifica del 2013 tutte le S.r.l., anche a prescindere dall’ammontare del capitale possono, in alternativa: a) deliberare una riduzione a copertura delle perdite con capitale sociale d’arrivo anche inferiore a € 10.000 sia nell’ipotesi di perdita oltre il terzo del capitale (2482 bis e 2482 ter c.c.) sia nell’ipotesi di perdita entro il terzo (cd. perdita fisiologica, per la quale l’assemblea potrebbe astrattamente deliberare anche di “portarla a nuovo” e rimandare la riduzione all’esercizio successivo); b) deliberare un aumento a pagamento ovvero gratuito del capitale (art. 2481 e ss. c.c.) ad un ammontare inferiore a € 10.000, anche in seguito a riduzione o azzeramento del capitale a copertura di perdite.
Una riduzione di capitale così come messa in atto nella fattispecie in esame, alla luce della volontà del socio di non voler continuare l’attività sociale, neppure al di sotto del minimo legale dei 10.000,00 euro, in applicazione della normativa di favore introdotta nel 2013, ha spinto il Tribunale di Udine ad accogliere il ricorso, ordinando al Conservatore del Registro imprese di iscrivere la dichiarazione di accertamento della causa di scioglimento della compagine sociale.
Il nuovo minimo legale consente ora ai soci della s.r.l. di scegliere, in via del tutto alternativa, tra fissare il capitale sociale ad almeno 10.000 euro oppure fissarlo tra 9.999 e 1 euro. La tendenza del Legislatore testimonia sempre più come la teoria del capitale sociale quale garanzia del creditori sia ormai rassegnata alle polveri di taluni (seppur autorevoli) manuali di diritto commerciale. D’altro canto quale funzione di garanzia potrebbe assolvere il nuovo capitale minimo pari a 1 euro, se non solo quello simbolico?
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