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Corte di Cassazione V Sezione Penale – Sentenza n. 49499 del 5 luglio 2018 (pubblicata il 29 ottobre 2018)

Parole chiave: bancarotta fraudolenta patrimoniale – bancarotta documentale – concorso – condotta anteriore dell’intraneus – terzo extraneus – comportamento postumo

Deve quindi addivenirsi alla conclusione che un comportamento postumo del terzo extraneus non è idoneo a configurare la fattispecie del concorso con il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso dall’intraneus, dovendo la condotta del terzo essere anteriore o comunque concomitante a quella distrattiva dell’imprenditore fallito (o dell’amministratore della società fallita)

Disposizioni applicate: art. 110 c.p. – art. 216 e 223 l.f.

La Quinta Sezione della Corte di Cassazione Penale con la sentenza n. 49499 del 5 luglio 2018 si è occupata del tema del concorso del terzo extraneus (i.e. il professionista di fiducia) nei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, entrambi causati dalla condotta dell’intraneus (i.e. l’amministratore della società poi dichiarata fallita).

Ai fini di una corretta qualificazione delle condotte è necessario specificare che, con riferimento ai reati fallimentari: il ruolo di intraneus è assunto del soggetto che riveste la qualifica richiesta dalla norma penale fallimentare (nel caso di specie l’amministratore della società dichiarata fallita, il quale aveva posto in essere in prima persona le condotte distrattive dei beni aziendali); mentre il ruolo di extraneus è ricoperto dal soggetto non in possesso delle qualifiche richieste dalla norma penale, (nella fattispecie il professionista di fiducia della società fallita, il quale aveva con le proprie condotte illecite tentato di ritardare la dichiarazione di fallimento al fine di garantire l’impunità all’amministratore).

La Quinta Sezione, con la pronuncia in commento, osserva come le condotte illecite del professionista di fiducia extraneussiano state commesse in un periodo successivo rispetto alla perpetrazione delle condotte distrattive” dell’intraneus, e ciò basta per escludere la configurabilità di un concorso del primo nei fatti di bancarotta perpetrati dall’amministratore della società.

E’ bene premettere come, osserva la Corte, la consumazione del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale si cristallizzi con la declaratoria di fallimento dovendosi aver riguardo a tale momento e non a quello del compimento dell’atto antidoveroso per la verifica dell’esistenza di un pregiudizio ai creditori” (cfr. Cass. Pen., Sez. V, 24 marzo 2017 n. 17819), in quanto nelle more potrebbe anche astrattamente verificarsi l’eventualità della così detta “bancarotta riparata”.

L’esatta individuazione del momento consumativo delle condotte contestate ai soggetti coinvolti riveste pertanto un ruolo decisivo. Se è pur vero infatti che le condotte poste in essere dall’extraneus erano cronologicamente collocabili in un momento antecedente la dichiarazione di fallimento (i.e. la cessione di quote sociali e la trasformazione regressiva della società), è parimenti vero che tali condotte venivano attuate in un momento cronologicamente e causalmente successivo al compimento degli atti distrattivi da parte dell’amministratore della società fallita.

Pertanto, da tale individuazione temporale non si può, sic et simpliciter, concludersi per il concorso di un soggetto terzo nel reato compiuto dall’intraneus, difettando da un lato un apporto causale nella realizzazione dell’evento e dall’altro un previo suggerimento o consiglio del professionista extraneus in termini di adesione psicologica del soggetto ai fatti contestati (cd. concorso morale).

Di tenore analogo sono le considerazioni svolte dalla Suprema Corte anche in merito alla seconda condotta contestata (bancarotta documentale) dal momento che “il giudice d’appello, nell’impossibilità di individuare il momento in cui le scritture contabili sono state soppresse od occultate, attribuisce il ruolo di concorrente al ricorrente (n.d.r. il professionista extraneus) sulla scorta della semplice collocazione temporale nel periodo in cui quest’ultimo già assisteva professionalmente” la società. Né può dirsi rilevante l’apporto dell’extraneus, in termini di causazione dell’evento, consistente nella cessione delle quote, nella modifica delle denominazione sociale e nella sostituzione dell’amministratore “costituendo fatti del tutto neutri non determinanti alcuna conseguenza patrimoniale negativa in capo alla società”.

Nel caso di specie non essendovi, conseguentemente, alcun nesso di causalità tra la condotta posta in essere dall’extraneus e il dissesto della società, potendosi distinguere tre momenti ben distinti: i) quello nel quale sono state poste in essere le condotte distrattive dell’amministratore (senza alcun coinvolgimento, neppure morale del terzo extraneus); ii) quello successivo nel quale il terzo extraneus ha compiuto gli atti finalizzati ad evitare la dichiarazione di fallimento; iii) quello conclusivo della consumazione del reato di bancarotta con la dichiarazione di fallimento; la Corte ha concluso, ragionevolmente, per l’annullamento senza rinvio della sentenza del Giudice d’Appello “perché il fatto così contestato non sussiste”.

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