Quando sussiste il rapporto di lavoro subordinato
Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 12 marzo 2019, n. 7044
Lavoro giornalistico – Fattispecie – Sussistenza – Continuità e disponibilità
MASSIMA
Deve ritenersi sussistente il rapporto di lavoro subordinato fra il giornalista e la società editrice del quotidiano laddove al lavoratore sussistono il vincolo di dipendenza e la continuità della disponibilità del lavoratore riferita ad un ben preciso settore informativo, connotata da continuità e sviluppatasi in un arco temporale più che apprezzabile.
COMMENTO
La statuizione della Corte di appello – in parziale riforma della sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta dal lavoratore nei confronti della società volta ad ottenere (i) il riconoscimento del rapporto di lavoro giornalistico subordinato con inquadramento come collaboratrice fissa e conseguente diritto al trattamento economico e normativo previsto dal c.n.l.g., nonchè (ii) la declaratoria di inefficacia e/o illegittimità del licenziamento intimato con reintegra nel posto di lavoro e risarcimento del danno – dichiarava che tra le parti era effettivamente intercorso un rapporto di lavoro giornalistico subordinato e condannava pertanto la società al pagamento in favore dell’appellato lavoratore di una somma di denaro a titolo di differenze retributive. La Corte di merito riteneva difatti che l’istruttoria svolta avesse dimostrato la sussistenza degli elementi sintomatici della subordinazione essendo emerso che al giornalista fosse stato affidato il settore del tempo libero, della cultura e dello spettacolo e che sussistesse il vincolo di dipendenza nonchè la continuità della disponibilità dell’appellante per l’intero periodo riferita ad un ben preciso settore informativo, connotata da continuità e sviluppatasi in un arco temporale più che apprezzabile (circa dieci anni). Avverso tale sentenza ricorreva per Cassazione la società sostenendo l’erronea valutazione del materiale probatorio che, se correttamente interpretato, avrebbe accertato la sussistenza di un rapporto di libera collaborazione giornalistica. La Corte di Cassazione ha tuttavia rigettato il ricorso richiamando a sostegno di tale decisione l’orientamento consolidato della medesima corte secondo la quale, con riferimento all’attività giornalistica, si è ritenuto che rilevano ai fini della individuazione del rapporto di lavoro subordinato l’ampiezza di prestazioni e l’intensità della collaborazione, che devono essere tali da comportare l’inserimento stabile del lavoratore nell’organizzazione aziendale, intendendo per stabilità il risultato di un patto in forza del quale il datore di lavoro possa fare affidamento sulla permanenza della disponibilità senza doverla contrattare volta per volta, dovendosi distinguere tra i casi, riconducibili al lavoro subordinato, in cui il lavoratore rimane a disposizione del datore di lavoro tra una prestazione e l’altra in funzione di richieste variabili e quelli, riconducibili al lavoro autonomo, in cui è invece configurabile una fornitura scaglionata nel tempo, ma predeterminata, di più opere e servizi in base ad unico contratto, con l’avvertenza che può influire nella distinzione anche il dato quantitativo relativo all’entità degli interventi del committente in corso d’opera. La Corte precisa che inoltre ai sensi dell’art. 2 del contratto nazionale di lavoro giornalistico del 10 gennaio 1959, reso efficace “erga omnes” con il D.P.R. 16 gennaio 1961, n. 153, la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato di collaborazione fissa, fra impresa giornalistica e giornalisti o pubblicisti, esige la continuità della prestazione, il vincolo della dipendenza e la responsabilità di un servizio, tali requisiti sussistendo quando il soggetto, sebbene non impegnato in un’attività quotidiana, che contraddistingue invece quella del redattore, adempia l’incarico ricevuto svolgendo prestazioni non occasionali rivolte ad esigenze informative di un determinato settore di vita sociale e assumendo la responsabilità del servizio; e l’accertamento della sussistenza di un tale rapporto implica sia l’impegno di redigere normalmente, e con carattere di continuità, articoli su argomenti specifici, sia un vincolo di dipendenza, che non venga meno nell’intervallo fra una prestazione e l’altra, tenendosi conto peraltro delle esigenze insite nel servizio svolto, sia, infine, l’inserimento sistematico del soggetto nell’organizzazione aziendale. Sulla scorta di tali motivazioni, la Corte rigetta il ricorso.
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