Regime autorizzativo per le locazioni di breve periodo e compatibilità con il diritto dell’Unione Europea
Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande Sezione, 22 settembre 2020 (Cause riunite C-724/18 e C-727/18)
Parole chiave
Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2006/123/CE – Ambito di applicazione – Locazione di locali ammobiliati ad una clientela di passaggio – Regime di autorizzazione preventiva – Giustificazione – Offerta insufficiente di alloggi – Proporzionalità – Condizioni di rilascio delle autorizzazioni.
Disposizioni applicate
Dir. 2006/123/CE: Art. 4, par. 6 – Art. 9, par. 1, lett. b) – Art. 10, par. 2, lett. da d) a g)
CASO
Due società proponevano nella capitale francese appartamenti in locazione per brevi periodi, senza la previa autorizzazione delle autorità locali prevista dalla normativa francese. Il combinato disposto degli articoli L.631-7 e L. 631-7-1 del Codice dell’edilizia e degli alloggi francese richiede ai proprietari di locali situati in un Comune con più di 200.000 abitanti o in quelli di tre dipartimenti limitrofi di Parigi che intendono concedere appartamenti in locazione in maniera reiterata e per brevi periodi, di ottenere un’autorizzazione di cambio d’uso dal Comune in cui sono situati gli immobili. Le condizioni per l’autorizzazione, insieme al regime delle compensazioni, sono stabiliti con delibera del Consiglio Comunale, tenendo conto delle caratteristiche dei mercati delle abitazioni e della necessità di non aggravare la scarsità di alloggi. La ratio del regime è garantire un’offerta sufficiente ed economicamente accessibile di alloggi destinati alla locazione di lungo termine.
La violazione oggetto di tale controversia veniva accertata in primo grado e poi in appello, infine vagliata dalla Corte di Cassazione francese. Nell’ambito delle impugnazioni proposte dalle due proprietarie veniva contestata la compatibilità di tale normativa con la Direttiva n.123 del 2006 (“Direttiva servizi”). La Direttiva mira ad eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra gli stessi e stabilisce i casi e le condizioni in cui è possibile subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione (art. 9, par. 1, lett. b) e art. 10, par. 2, lettere da d) a g)). La Corte di ultima istanza francese ha sospeso il procedimento e rimesso la questione sulla compatibilità con il diritto UE alla Corte di Giustizia.
SOLUZIONE
Chiamata a pronunciarsi, la Grande Sezione ha stabilito che gli artt. 9, paragrafo 1, lettera b), e 10, paragrafo 2, lettere da d) a g) della Direttiva 2006/123 devono essere interpretati nel senso che non ostano “ad una normativa di uno Stato membro che, per motivi diretti a garantire un’offerta sufficiente di alloggi destinati alla locazione a lungo termine economicamente accessibili, assoggetta talune attività di locazione dietro corrispettivo di locali ammobiliati destinati ad abitazione ad una clientela di passaggio che non vi elegge domicilio, esercitate in maniera reiterata e per brevi periodi, ad un regime di autorizzazione preventiva applicabile in determinati comuni le cui autorità locali determinano, nell’ambito stabilito da tale normativa, le condizioni di rilascio delle autorizzazioni previste da tale regime[…]”
QUESTIONI
La Sentenza si inserisce sulla scia del dibattito sempre più frequente sul territorio delle grandi città europee, che vede contrapposti proprietari o gestori di appartamenti dati in locazione per brevi periodi e autorità locali.
Nel definire la questione pregiudiziale la Corte di Giustizia ha innanzitutto affermato che la “locazione dietro corrispettivo di locali ammobiliati destinati ad abitazione ad una clientela di passaggio che non vi elegge domicilio, esercitata in maniera reiterata e per brevi periodi, sia a titolo professionale che a titolo non professionale” rientra “nella nozione di «servizio», ai sensi dell’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123”. La direttiva in questione definisce “servizio” qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo 57 TFUE, fornita normalmente dietro retribuzione.
La Corte ha poi chiarito che una normativa nazionale che assoggetta ad autorizzazione preventiva l’esercizio di talune attività di locazione di locali destinati ad abitazione rientra nella nozione di “regime di autorizzazione” ai sensi del punto 6 dell’art. 4 della Direttiva 2006/123.
Con i quesiti successivi i giudici europei entrano nel vivo dell’argomento controverso e affrontano, valutando separatamente: prima di tutto la ragione giustificatrice che regge il regime di autorizzazione della normativa francese, poi la legittimità dei criteri di rilascio di tale autorizzazione.
Ai sensi della “Direttiva servizi” gli Stati Membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione solo a condizione che esso non sia discriminatorio nei confronti del prestatore interessato, che sia giustificato da un motivo imperativo di interesse generale e, infine, che l’obiettivo perseguito da tale regime non possa essere conseguito tramite una misura meno restrittiva.
Secondo la Corte di Giustizia europea le finalità di contrastare la scarsità di alloggi destinati alla locazione di lungo periodo e quindi di rispondere al peggioramento delle condizioni di accesso a tali alloggi costituiscono obiettivi espressione del diritto riconosciuto dalla Costituzione francese ad un alloggio adeguato, e come tale, motivo imperativo di interesse generale ai sensi della Direttiva 2006/123. La normativa francese viene poi considerata proporzionata all’obiettivo perseguito, in quanto è materialmente circoscritta ad un’attività specifica di locazione, prevede, se necessario, un regime di compensazione, esclude dal suo ambito di applicazione gli alloggi che costituiscono la residenza principale del locatore e ha una portata geografica limitata.
Quanto ai criteri di rilascio delle autorizzazioni, essi devono essere: “giustificati, commisurati all’obiettivo di interesse generale, chiari e inequivocabili, oggettivi, resi pubblici preventivamente e infine, trasparenti ed accessibili.” Il regime di autorizzazione previsto dalla normativa in esame definisce gli obiettivi che le autorità locali devono prendere in considerazione e gli elementi oggettivi in funzione dei quali i Comuni devono determinare le condizioni di rilascio. Pertanto, è considerato dalla Corte sufficientemente chiaro ed oggettivo. Infine, concludono i giudici, un regime di pubblicità che vede i verbali delle sedute del Consiglio comunale affissi in municipio e pubblicati online sul sito Internet del Comune interessato è sufficiente a soddisfare i requisiti di pubblicità, trasparenza e accessibilità richiesti dalla Direttiva, in quanto consente a qualsiasi interessato di essere immediatamente informato dell’esistenza di una normativa che possa pregiudicare l’accesso o l’esercizio dell’attività in questione.
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