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L’assoggettamento degli interessi di mora alla disciplina antiusura è al centro di un intenso dibattito dottrinale e giurisprudenziale, in sintesi riassumibile come segue.

Un diffuso indirizzo giurisprudenziale, anche di legittimità, afferma che gli interessi di mora (autonomamente considerati) debbano essere inclusi nelle soglie d’usura. In primo luogo, è evidenziato che la locuzione concernente gli interessi « promessi o convenuti, a qualunque titolo » (art. 1, comma 1, D.L. n. 394/2000, convertito in L. n. 24/2001), induce a ritenere che la normativa antiusura sia applicabile, oltre che agli interessi corrispettivi e compensativi, anche a quelli di mora.

La Cassazione ha posto a sostegno di questo indirizzo l’esistenza di un « principio di omogeneità di trattamento degli interessi, pur nella diversità di funzione » e la circostanza che « il ritardo colpevole … non giustifica il permanere della validità di una obbligazione così onerosa e contraria alla legge ».

Il fondamento giuridico di tale impostazione è la naturale fecondità del denaro, per cui ogni tipo di interesse è remunerativo; in sostanza, alla base dell’assoggettamento degli interessi moratori alla L. n. 108/1996 è posto il richiamato “principio di omogeneità di trattamento” degli interessi, desumibile dall’allineamento dei tassi moratori a quelli pattuiti per i corrispettivi previsto dall’art. 1224, comma 1, c.c.

La circostanza che gli interessi moratori non concorrano a determinare il TEGM non appare di ostacolo ai fini della loro rilevanza usuraria. La loro mancata inclusione fra gli elementi da considerare ai fini della determinazione del TEGM è giustificata, infatti, dalla necessità di evitare l’innalzamento del tasso soglia immettendo nel suo calcolo una voce che attiene alla patologia (non fisiologia) del rapporto e meramente eventuale.

Un altrettanto compatto filone giurisprudenziale esclude, invece, la possibilità di applicare la normativa antiusura agli interessi moratori. È rilevato che le “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura” emanate dalla Banca d’Italia stabiliscono (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG) che dal calcolo del tasso di interesse delle operazioni oggetto di rilevazione sono esclusi « gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo »: ne consegue  l’illegittimità matematico-finanziaria e giuridica di operare un confronto tra due realtà disomogenee, il tasso-soglia desunto dal TEGM pubblicato (privo degli interessi di mora) e il TEG del singolo rapporto (comprensivo degli interessi moratori).

Insomma, il c.d. principio di omogeneità di confronto esige che la valutazione di usurarietà sia realizzata tra entità (TEG e TEGM) omogenee. Tale ultimo profilo (simmetria di confronto) è autorevolmente valorizzato dalla Cassazione (Cass. nn. 12965/2016 e 22270/2016 e Cass., Sez. Un. n. 16303/2018). La mancanza di un tasso soglia ad hoc degli interessi moratori ha altresì indotto alcuni Tribunali ad escludere la loro assoggettabilità alla disciplina sull’usura oggettiva (restando impregiudicata l’eventuale verifica dell’usura “soggettiva” o “in concreto”).

Un altro ordine di considerazioni è di natura testuale: l’art. 1815, comma 2, c.c., ove contempla gli interessi « convenuti » e l’art. 644, comma 1, c.p., che si riferisce ad interessi « in corrispettivo » di una prestazione di denaro o di altra utilità, attestano che il legislatore richiede la corrispettività degli interessi ai fini usurari, per cui ad essere colpiti dalla normativa antiusura sarebbero solo gli interessi corrispettivi (che attengono alla fase fisiologica del rapporto).

Sulla scia dei rilievi che precedono è altresì affermata la differenza concettuale e funzionale degli interessi moratori (rispetto a quelli corrispettivi), aventi natura risarcitoria/sanzionatoria, ai fini della loro esclusione dal campo di applicazione della normativa antiusura (agganciata alla corrispettività degli interessi) nonché l’assenza di diretta correlazione tra le condizioni di erogazione del credito e gli interessi di mora.

Le Sezioni Unite della Cassazione n. 19597/2020, dirimendo il contrasto giurisprudenziale, hanno definitivamente stabilito che gli interessi moratori sono assoggettati alla normativa antiusura.    Al riguardo, è argomentato che esiste l’esigenza primaria di non lasciare il debitore alla mercé del finanziatore, il quale, se è subordinato al rispetto del limite della soglia usuraria quando pattuisce i costi complessivi del credito, non può dirsi immune dal controllo quando, scaduta la rata o decorso il termine pattuito per la restituzione della somma, il denaro non venga restituito e siano applicati gli interessi di mora, alla cui misura l’ordinamento (cfr. art. 41 Cost.) e la disciplina ad hoc dettata dal legislatore ordinario non restano indifferenti.

Gli interessi moratori sono comunque convenuti e costituiscono un possibile debito per il finanziato: è stato dunque enunciato il seguente principio di diritto: « La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso ».

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