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Si segnalano due recenti decisioni della Cassazione, di significativo impatto operativo.

Con la sentenza n. 11543/2019, i giudici di legittimità hanno affrontato l’annosa questione della incompleta produzione degli estratti conto, fornendo dettagliate indicazioni operative riguardo alla distribuzione degli oneri probatori tra banca e correntista.

Nei rapporti bancari di conto corrente, è osservato, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali o anatocistici a carico del correntista e si riscontri la mancanza di una parte degli estratti conto, il primo dei quali rechi un saldo iniziale a debito del cliente, occorre distinguere il caso in cui il correntista sia convenuto da quello in cui sia attore in giudizio.

Nella prima ipotesi, l’accertamento del dare e avere può attuarsi con l’impiego di ulteriori mezzi di prova idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; possono inoltre valorizzarsi quegli elementi, quali ad esempio le ammissioni del correntista stesso, atti quantomeno ad escludere che, con riferimento al periodo non documentato da estratti conto, questi abbia maturato un credito di imprecisato ammontare (tale da rendere impossibile la ricostruzione del rapporto di dare e avere tra le parti per il periodo successivo), così che i conteggi vengano rielaborati considerando pari a zero il saldo iniziale del primo degli estratti conto prodotti; in mancanza di tali dati la domanda deve essere respinta.

In caso, invece, di domanda proposta dal correntista, l’accertamento del dare e avere può del pari attuarsi con l’utilizzo di prove che forniscano indicazioni certe e complete atte a dar ragione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto; ci si può inoltre avvalere di quegli elementi che consentano di affermare che il debito nell’intervallo non documentato sia inesistente o inferiore al saldo passivo iniziale del primo degli estratti conto prodotti o che permettano addirittura di affermare che in quell’arco di tempo sia maturato un credito per il cliente stesso; diversamente si devono elaborare i conteggi partendo da tale saldo debitore.

Nell’ordinanza n. 6987/2019 la Cassazione si è, invece, occupata delle modalità di adeguamento dei contratti di finanziamento in essere alla data di entrata in vigore della Delibera CICR 9.2.2000.

Al riguardo, i giudici hanno stabilito che la dichiarazione di incostituzionalità del terzo comma dell’art. 25, D.Lgs. n. 342/1999 non inficia la possibilità di utilizzare le previsioni che disciplinano l’adeguamento dei contratti in essere. In particolare, è rilevato che il citato art. 25, comma 3, contemplava due norme: rispettivamente, la sanatoria di validità delle clausole anatocistiche contenute nei contratti di c/c già stipulati e la delega al CICR per stabilire modalità e tempi di adeguamento dei contratti in corso. La richiamata pronuncia di incostituzionalità, osserva la Cassazione, non ha interessato quella parte del comma 3 dell’art. 25 D.Lgs. n. 342/1999 in cui è stato regolamentato l’adeguamento dei vecchi contratti alle prescrizione della delibera CICR. In detta prospettiva, è corretto ritenere che la delibera del CICR abbia mantenuto intatto il proprio vigore anche dopo la richiamata pronuncia di incostituzionalità e sia quindi pienamente idonea a regolamentare, sul piano attuativo, la prescrizione concernente l’adeguamento dei contratti in precedenza conclusi al nuovo regime.

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